All’Hard2Buff a Napoli, nel cuore del quartiere industriale della città, ha aperto Sabato 12 Ottobre una meravigliosa personale dell’artista-comunicatore che ha deciso di condividere il suoi pensieri e le sue idee col prossimo. Writing, comunicazione visiva e arte contemporanea, sono i tre elementi chiave che raccontano l’opera creativa di Enzo Cref.
Non è un caso che Tipografia Metropolitana, questo il nome della mostra, sia approdata in Via Nuova delle Brecce: L’Hard2Buff, infatti, è un creative graffiti shop, unico rivenditore in Italia di Montana Cans, azienda leader nel settore dei colori spray per la cultura urbana. E proprio su questo soppalco all’interno di questa bellissima realtà industriale, è andata in scena quella che può essere definita una delle più belle e sensate mostre dell’ultimo periodo.
Troppo spesso si tende a dare per scontato l’aspetto curatoriale di personali e collettive, che, quando non si consumano all’interno di gallerie d’arte, sono spesso pacchetti preconfezionati che si adattano come liquidi ai contenitori in cui vengono inserite. Come suggerisce la sinossi del libro “Contro le Mostre”, di Tomaso Montanari: “Un sistema di società commerciali, curatori seriali, assessori senza bussola e direttori di musei asserviti alla politica sforna a getto continuo mostre di cassetta, culturalmente irrilevanti e pericolose per le opere. È ora di sviluppare anticorpi intellettuali, ricominciare a fare mostre serie, riscoprire il territorio italiano”.
E anche se in misura più contenuta, Tipografia Metropolitana è una mostra che non ci sta a dire sì all’omologazione, perché Annalisa Ferraro – la curatrice – ha creato un allestimento che è efficace e coerente, con implacabili focal points inseriti all’interno di questo piccolo labirinto visivo che è quasi un’antologia dell’artista, in una location sensata e consequenziale, tanto che non la immagineremmo altrove.
E proprio “Il labirinto di Partenope” è uno dei lavori più simbolici di Cref: declinato oggi come un’originale su tela, è la versione giustamente collezionabile del meraviglioso progetto di street painting del 2021, sul lungomare Caracciolo. Un insieme di linee geometriche tracciavano un percorso realmente percorribile, come l’intersecarsi di decumani e cardini della Neapolis greca. Queste univano metaforicamente tutti i quartieri della città, in un’ideale di coesione, continuità e senso di appartenenza ad un territorio – per l’appunto Partenope, terra e madre dei Partenopei – il cui nome è dato proprio da quel labirinto che non forma più le maglie ortogonali della città così come oggi le conosciamo, ma “ne espande il concetto trasformandolo in un segno grafico e colorato vero e proprio, composto da un lettering geometrico”.
Labirinto che, tuttavia, non è inteso unicamente come percorso – spiega l’artista – ma anche come processo mentale, ragionamento, cervello. Basta guardare la copertina dell’album “Caparbi”, disegnata per il gruppo “Capeccapa”, di cui fa parte. Un intrigante ed intricato ginepraio in cui, a guardar bene, si scorgono le parole necessarie alla comprensione del progetto. Un qr code/massa encefalica che ci ricorda di dare importanza alle parole.
Questa infinita storia d’amore tra le lettere, le parole, ed Enzo Cref, inizia quando da bambino rientrava a casa con la madre, e le luminose, colorate, ipnotiche insegne pubblicitarie lungo la strada conquistavano il suo sguardo, le stesse strade che, prima del diploma, lo hanno visto diventare writer. Sanciscono l’importanza di questo legame gli studi all’Accademia delle Belle Arti di Napoli, con la laurea dapprima in “Pittura” e poi in “Arti visive e discipline dello spettacolo”, con una tesi sul design.
Ecco quindi, che nella sua Tipografia Metropolitana ritroviamo queste tre anime. Un writing che nasce intimo, fanciullesco, arriverà ad indagare nuove forme e possibilità – ne è un esempio l’opera “E luce fu”, in cui è presente un font appositamente disegnato. E poi si rinnova, come una naturale opportunità di ricerca per una personale comunicazione visiva o come lettere che si mescolano in un anagramma, punto di partenza per un nuovo percorso di arte contemporanea.
Mentre le prime opere mostrano un approccio più figurativo, come nel trittico “All around you”, l’opera più recente di questa personale, “Hard Life” (2024), apre un nuovo scenario, già rintracciabile nella “Tavola Ottometrica”, che recita: “Gli uomini vogliono cose sempre più grandi per essere felici e dimenticano le piccole gioie”. Sembrano concetti non estremamente lontani da quelli presenti in un’opera concettuale quale può essere “One and three chairs” di Joseph Kosuth, dove un concetto assume diversi significati a seconda del contesto e, citando i testi curatoriali, “la percezione e la comprensione concettuale dell’opera sono direttamente proporzionali alla capacità visiva e all’apertura mentale del fruitore.”
E se questa personale antologica, come ci spiega la curatrice, è una sorta di riepilogo del lavoro svolto finora, sappiamo che Enzo Cref è pronto per un nuovo percorso verso l’arte contemporanea perché, se è vero che le lettere e le parole sono i nostri più prezioni strumenti, indispensabili per esprimersi e comunicare, risulta conseguentemente vero che resta essenziale manifestarsi agli altri, evitando quel processo per il quale un creativo finisce per chiacchierare unicamente con se stesso.
Sappiamo che le nuove produzioni seguiranno la scia di “Hard Life”: non vediamo l’ora di sapere cos’hanno da dirci.