Una incessante tramatura visiva: l’arte di Lino Budano a Piacenza

L’artista forlivese di nascita (e piacentino di adozione) Lino Budano appartiene alla schiera di creativi che non hanno mai volutamente seguito le tendenze di mercato, preferendo invece un’arte fortemente personale e lontana dalle tendenze a lui contemporanee. Nato nel 1952 e morto durante la pandemia di Covid a 69 anni, il medico (questa la professione di Budano) ha attraversato 5 decenni di storia dell’arte contemporanea, raggiungendo una discreta fama nazionale ed estera. Si è dedicato inizialmente alla pittura e alla scultura, per poi abbracciare la fotografia e contaminare la propria ricerca visiva tra mezzi espressivi differenti.

Si afferma così un percorso artistico profondamente contemporaneo, in cui la sfera artistica tradizionale diventa creatività “di irreale tramatura visiva”, come ha affermato con efficace sintesi lo storico dell’arte e accademico Marco Horak. “Ho sempre filtrato la mia interiorità attraverso la lente della decadenza, un po’ barocca un po’ alla Cronenberg, un po’ alla Greenaway, infine un po’ alla Lino Budano chirurgo quale sono e quindi capace di vedere dentro un corpo”.

Altorilievo polimaterico anni 90 foto di Tommaso Tirelli

“L’arte del futuro. Percezioni dal passato. Le opere di Lino Budano” è il titolo di questa retrospettiva voluta e curata dai familiari dell’artista, in collaborazione con Marco Horak, Stefano Pronti e Fabio Obertelli, e ospitata sentimentalmente nella galleria piacentina Spazio Rosso Tiziano di Maurizio Sesenna. I cui spazi espositivi coincidono con le architetture, le sculture e gli affreschi artistici della Chiesa medievale e barocca dei Santi Nazzaro e Celso. “Ci tengo particolarmente a questa Mostra anche per il grande legame personale e affettivo che ho avuto con Lino Budano, e da tempo sentivo la necessità di esporre un’antologica del suo multiforme percorso artistico” (Maurizio Sesenna).

Il percorso espositivo è linearmente cronologico ma non linearmente artistico, talmente ricche e magmatiche sono le pulsioni che hanno animato l’artista. Gli inizi (anni ’70) sono dedicati alla pittura (prevalentemente oli su formica). I soggetti raffigurati sono la sintesi dell’arte di cui l’artista si imbeve nei meandri della propria professione di chirurgo: elementi surrealisti, qualche segno cubista, sfondi metafisici, scene tridimensionali e cinetiche che ricordano il futurismo. Sono i primi elementi visivi di una creatività artistica che brilla di freschezza e originalità.

Come sono piccoli gli uomini 2017 foto di Tommaso Tirell

Negli anni ’80 la direttrice artistica di Budano continua ad essere la pittura, ma declinata su supporti differenti (anche cartoncino e faesite), oltre che con una figurazione nuova. Gli elementi surrealisti si radicalizzano in forme più oniriche, le linee curve iniziano a ricordare la materia biologica reale di cui si impregna la giornata professionale del chirurgo, le nature morte sono declinate con figure sbilenche, precarie, quasi affastellate. I soggetti raffigurati sono disomogenei, ma la spiegazione potrebbe risiedere nello stato d’animo dell’artista, perennemente in cerca di un linguaggio proprio.

Una delle opere principali degli anni ’90 si intitola “Perplesso”. E forse era questo lo stato d’animo dell’artista, alla ricerca di nuove strade artistiche sempre meno tradizionali. È un periodo di grandi e nebulose figure umane, dal colore chiaro ma dall’animo oscuro e quasi inespressivo. Gli uomini che occupano lo spazio della tela sono incolori, in posizione quasi sempre carpiata, precaria, nudi senza visivamente esserlo, alla mercè degli sguardi dell’appassionato d’arte. Sono sicuramente stilemi pittorici di rottura rispetto ai due decenni precedenti, decisamente più introspettivi.

La platea del cielo 2018 foto di Tommaso Tirelli

La novità assoluta del decennio è l’ingresso sulla scena della scultura e dell’installazione. L’artista afferma che, come un bambino, sente un fuoco da accendere e lo fa sotto forma di gusci d’uovo, alto e bassorilievi polimaterici, mostrando visi strazianti e interiora umane che diventano i rilievi di pareti da sarcofago classico.

Negli anni 2000 avviene quella conversione alla “tramatura visiva” già citata, che ha al suo centro la fotografia e la rielaborazione dell’immagine. C’è l’amato barocco siciliano che si staglia iridescente su cieli luminosissimi, ci sono capricci architettonici dalle sembianze gotiche e nebbiose, c’è la tecnica dello ‘strappo’ e della ‘scorticatura’ fotografica che graffia la superficie di alcune immagini, e con essa la profonda essenza.

“Come sono piccoli gli uomini” e “La platea del cielo” rappresentano probabilmente l’apice qualitativo della ricerca visiva di Budano. Siamo di fronte a creazioni fotografiche che esaltano magnificamente l’aspetto umano fortemente cercato dall’artista. Le immagini esposte sono il punto di approdo di una progettualità e di una ricerca tecnica e artistica supreme, di una padronanza certosina della tecnologia, di un percorso che, forse, sembra aver trovato il punto culminante del sentiero artistico di Lino Budano, che di lì a poco dovrà interrompere per sempre.

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