In tanti lo amano, in molti lo detestano. Quel che è certo è che nessuno lo ignora.
Dagli anni ’90 sotto i riflettori, è il vero bad boy dell’arte contemporanea. Le sue opere e iniziative, sempre più contraddittorie e provocatorie da quasi trent’anni suscitano clamore. In tanti lo amano, molti lo disprezzano. Ecco Damien Hirst (Bristol, 1965) in 5 punti.
1 – La riflessione sulla morte come tema centrale della produzione.
Questo interesse è probabilmente dovuto al fatto che, per mantenersi durante gli studi, Hirst lavorò diverso tempo presso un obitorio. Con le sue opere Hirst esamina il senso dell’esistenza e le modalità attraverso cui gli uomini cercano di esorcizzare la paura della morte attraverso la medicina, la religione e la procreazione. Obiettivo dell’artista è, dunque, lanciare una sfida all’osservatore, costringendolo a riflettere sul tempo che scorre, sui suoi limiti e la sua interiorità.
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2 – La spettacolarizzazione e gli animali morti sotto formaldeide.
Queste opere, da una parte, si legano al tema della morte sopracitato; dall’altra all’esigenza di Hirst di essere sempre al centro di scandali mediatici. Prendiamo “The physical impossibility of death in the mind of someone living“(1991) un enorme squalo tigre di oltre 4 metri posto sotto formaldeide . L’opera fece naturalmente scalpore, facendo imbestialire animalisti di mezzo mondo. Artista, show man, mago della comunicazione: Damien Hirst è questo e altro. L’importante è avere i riflettori puntati addosso e far parlare di se. Un altro esempio? “Treasures from the wreck of the unbelievable”, mostra realizzata da Hirst a Venezia in occasione della Biennale del 2017, nonostante la pioggia di critiche negative è stata la seconda mostra per incassi in Italia in quell’anno. Seconda solo alla Biennale stessa.
3 – L’artista mediocre copia, il genio ruba.
E Hirst non si fa alcun problema a confessare i suoi “furti”. Appropriazioni indebite di idee di artisti quali Koons, Richter, Nauman, Serra, Kounellis, Judd… Per Damien l’atto stesso del rubare per superare quello che altri prima di lui hanno compiuto, fa parte della sua poetica artistica.
4 – Shock e reazione fisica difronte alle sue opere.
Con molte delle sue opere, primi tra tutti gli animali sotto formaldeide ma anche le gigantesche sculture di “Treasures from the wreck of the unbelievable”, Damien riporta l’arte alla dimensione del coinvolgimento fisico, almeno come prima reazione spontanea difronte all’opera, e non più esclusivamente emotivo. L’impatto alla vista delle sue opere è talmente forte e violento che lo spettatore è portato ad avere dapprima una vera e propria reazione fisica, un sussulto, un brivido o un senso di vuoto, come fosse stato colpito dal famoso pugno allo stomaco, e solo successivamente un coinvolgimento mentale atto a indagare il senso dell’opera.
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5 – Il background musicale.
Tra il 1998 e il 2000, Hirst fece parte di una band, i Fat Les, assieme al bassista dei Blur Alex James e l’attore Keith Allen. Il loro singolo “Vindaloo”, raggiunse la seconda posizione nelle classifiche UK del 1998. Inoltre, durante la sua carriera Hirst ha collaborato spesso con celebri icone della musica, dirigendo nel 1997 il video del singolo “Country House“e dei Blur e realizzando la copertina di “I’m With You“ dei Red Hot Chili Peppers. Insomma, se si vuole conoscere Hirst fino in fondo bisogna tener conto che l’artista britannico non si è limitato alle grandi performance nel mondo dell’arte contemporanea visuale.