La mostra curata da Lóránd Hegyi dialoga con le opere di Kounellis, Mattia Bosco e Maria Elisabetta Novello.
Concretezza dell’essenzialità è il quarto appuntamento del ciclo “MY30YEARS – Coherency in Diversity”, per celebrare i trent’anni di attività di Annamaria Maggi e della Galleria Fumagalli.
Il progetto curato da Lóránd Hegyi mette in dialogo artisti storici della galleria e nuove leve. Per l’occasione Mattia Bosco (Milano, 1976) e Maria Elisabetta Novello (Vicenza 1974) hanno realizzato nuovi lavori, che pur nella loro autonomia creativa, riescono a attivare un dialogo concettuale e materiale con l’installazione Senza titolo, 2005 (Bilancine di ferro, vetri di Murano) di Jannis Kounellis (Il Pireo, Grecia, 1936 – Roma, 2017).
Quella dell’artista è un’opera monumentale di ferro e vetro pieno, che pur nel loro peso specifico, rinviano a una sensazione di straordinaria leggerezza. Sessantatré bilancine (di ferro) sostengono grossi blocchi di vetro di Murano tagliati a mano (di tre colori diversi), mostrando tutte le imperfezioni del processo artigianale, che rende unico ogni singolo blocco. L’installazione è sospesa in un apparente equilibrio precario. Un inganno visivo tradito dall’uso di tiranti, che lo tengono ben saldo alla parete contribuendo alla sua stabilità.
Le opere di Mattia Bosco e Maria Elisabetta Novello sono anch’esse collocate lungo le pareti della galleria, svuotata al suo centro. Una scelta estetica che alleggerisce la presenza dei lavori di Kounellis e di Bosco, cui contribuisce il lavoro di Novello.
Se Bosco realizza un’opera potente come residuo di archeologica e primitiva memoria; quella di Novello attinge alla dimensione sensoriale e antropologica. L’esperienza si fa tattile – se la si potesse toccare – nella levità della materia utilizzata in Angolo di Riposo (2022).
Le quattro opere in mostra evidenziano l’instabilità di un materiale come la cenere. Un elemento transitorio e residuale di energie restituite a un’altra vita che ritrovano una nuova forma provvisoria, destinata alla dissoluzione. L’artista fa colare il composto polveroso lasciando che ecceda dai limiti imposti dal suo contenitore di vetro, offrendolo alla casualità delle vibrazioni temporali che ne modificano l’aspetto, fino al suo disfacimento.
Il materiale si fa concreto nella sua struttura in Pittura rupestre de futuro (2022) di Bosco terminata poco prima della mostra. Una raccolta di frammenti e blocchi di marmo palissandro indipendenti gli uni dagli altri, che trovano continuità espressiva attraverso l’intervento pittorico dell’artista.
Strisce colorate configurano un’illusoria struttura unica di parti disgiunte, in cui minuscoli pezzi o di più grandi dimensioni, fluttuano lungo la parete. Sostenuti da grossi chiodi restano anch’essi sospesi e distanti dal muro, generando l’impressione che sia la risultanza di un processo esplosivo di origine naturale, oppure di un’implosione.
Nella concretezza dei materiali e nella loro instabilità reale o solo apparente, lo spettatore ritrova elementi di una narrazione in cui dinamiche e dialettiche tra uomo e storia (geologica, umana, artistica), restituiscono l’occasione di ricuperare una forza immaginativa che amplifica la consapevolezza della propria esistenza.
Cover Photo Credits: Courtesy Galleria Fumagalli