La Performance Art è una delle più antiche forme di espressione creativa della storia dell’umanità e nella sua forma moderna ha trovato la sua raison d’être
La Performance Art può considerarsi una delle più antiche forme di espressione creativa della storia dell’umanità.
La sua forma moderna si sviluppa negli anni Cinquanta del Novecento e ha abbracciato nel corso del tempo diverse sperimentazioni, tra cui la Body Art, Action Painting e gli Happening.
Con la Performance Art il pubblico non è più spettatore passivo ma attore dell’evento, coinvolto in toto nell’atto creativo sia emotivamente che fisicamente.
Questa pratica artistica si basa su aspetti della recitazione, poesia, musica, danza e delle arti visive, come la pittura, per creare un’arte basata sul tempo, culminando in una presentazione dal vivo per gli spettatori.
Le performance sono una forma d’arte di natura effimera, creata per essere vissuta come evento dal vivo e quindi accettano anche la casualità e l’improvvisazione.
Adrian Piper
Tra le/i performer artist troviamo le innovazioni di Adrian Piper che, attraverso la sperimentazione del rapporto tra identità individuale e percezione sociale, hanno aperto la strada all’uso di sé e dell’identità da parte degli artisti performativi fino ad oggi.
All’inizio della sua carriera Piper descrive l’incontro con le gallerie, le quali si aspettavano un maschio bianco a causa del suo nome, e la conseguente delusione e confusione nel trovarsi di fronte a una donna nera.
L’artista ha affrontato la cosa attraverso le opere performative, assumendo il ruolo di un maschio nero in The Mythic Being o rifiutando di essere esposta in mostre di soli artisti neri, definendo il tutto come una ghettizzazione.
Guerilla Girls
Il tratto distintivo delle operazioni delle Guerilla Girls è l’anonimato ottenuto grazie all’utilizzo di buffe maschere da gorilla.
Originariamente orientato al femminismo fin dai suoi esordi negli anni Ottanta, le Guerilla Girls hanno sempre sostenuto la parità di genere nel mondo dell’arte.
Grazie all’uso ingegnoso di linguaggio e statistiche, il gruppo si è imposto per la prima volta all’attenzione del mondo dell’arte con una campagna che ha tappezzato Manhattan di manifesti contro l’esposizione incredibilmente maschile dell’International Survey of Recent Painting and Sculpture del MoMA del 1984, dove tra i 165 artisti presenti solo 13 erano donne.
Le loro performance, create attraverso le dichiarazioni attiviste, fanno sì che si crei l’interrogativo sul confine che c’è tra i collettivi d’arte contemporanea e i gruppi di attivisti sociali.
Marina Abramović
Quando si parla di Performace Art non può che non essere citata l’artista Marina Abramović, la quale si autodefinisce Grandmother of Performance Art per sottolineare la portata rivoluzionaria del suo modo di intendere la performance artistica.
É attiva nel campo artistico dagli anni Settanta e ha attirato l’attenzione del pubblico per il suo livello di intrigo, shock e fanfara presenti nelle sue performance.
Il suo lavoro ha messo il pubblico, in gran parte non avvezzo all’arte performativa, di fronte alla necessità di rivalutare la propria concezione dell’arte contemporanea.
Numerose sono le opere sovversive dell’artista, ma in particolare ci si ricorda di Rhythm 0 del 1974 e The Artist is Present del 2010 avvenuta al MoMa, considerata una vera e propria svolta nella carriera artistica dell’Abramović.
La performance durò 3 mesi durante i quali l’artista stava seduta ad un tavolo di fronte al quale era stata posta una sedia vuota, sulla quale poteva sedersi chiunque per fissarla negli occhi.
Circa 750 sono state le persone che hanno preso posto di fronte all’artista, lasciandola completamente inespressiva, a significare che il silenzio può essere lo spazio di mediazione tra l’artista e il suo pubblico.
Tutti ad eccezione dell’artista Ulay, suo ex compagno e collaboratore di diverse performance, è riuscito a smuovere la sua immobilità facendola commuovere.
Joseph Beuys
L’artista Joseph Beuys è stato un performer che ha sfruttate tecniche sciamanitiche e psicoanalitiche per educare e guarire il pubblico.
Un esempio è I like America and America likes me, performance dell’artista del 1974 tenutasi nella stanza della René Block Gallery.
Beuys si fa portare nella galleria avvolto in un sacco di feltro e inizia a condividere la stanza con un coyote per otto ore, nell’arco di tre giorni.
Durante lo svolgimento della performance l’artista compie diverse azioni e lo scopo fu di isolarsi, non vedendo altro dell’America oltre che il coyote, simbolo della vera America e animale legato al folklore dei nativi americani.
Alla fine del terzo giorno Beuys abbraccia il coyore, ormai abituato alla sua presenza, e si fa condurre su di un’ambulanza lasciando l’America senza aver appoggiato piede a terra.
Vito Acconci
L’artista italo-americano Vito Acconci intraprese il percorso nella Performance Art usando il suo stesso corpo come soggetto di fotografie, film, video e performance.
L’opera più significativa è Seedbed del 1971, realizzata alla Sonnabend Gallery, in cui il pubblico si trova in una stanza vuota con un pavimento di legno.
Nascosto sotto le assi Acconci ha incominciato a masturbarsi e a esprimere ad alta voce le sue fantasie erotiche che risuonano in tutta la galleria.
Il senso della performance aveva la prerogativa di liberazione e depurazione: il performer seminatore che vive circondato di rifiuti e che, versando il suo seme sulla terra contaminata, la libera dal male e la feconda apportando bene.