La cosa più terribile dell’idea della morte per un artista è sapere che non potrà più dipingere”, aveva detto una volta in un’intervista. Aggiungendo poi: “Voglio morire come Picasso, che all’età di 93 anni, dopo aver dipinto un quadro – brutto come quelli che fece alla fine – andò a lavarsi i denti alle due del mattino e cadde morto. Noi pittori non andiamo mai in pensione”.
Fernando Botero, “l’artista colombiano più grande di tutti i tempi”, come lo ha definito “El Tiempo”, il quotidiano più popolare della Colombia, è però morto con due anni di anticipo sulla propria previsione. Aveva infatti 91 anni, e da qualche giorno soffriva per una polmonite. Ma su una cosa ci aveva preso: avrebbe dipinto fino alla fine. Le ultime ore di Fernando Botero sono infatti state tutte all’insegna della pittura, come piaceva a lui. Si trovava nel suo studio a Montecarlo (donatogli dal Principe Ranieri per dipingere “per tutta la vita”), dove aveva voluto tornare dopo una breve degenza in ospedale per curarsi una polmonite che purtroppo gli è stata fatale. Secondo chi è stato vicino fino alla fine – la figlia Lina innanzitutto –, negli ultimi giorni l’artista si era dedicato soprattutto all’acquerello.
Grande e unanime è stato il cordoglio per un artista che per tutta la vita è stato malsopportato dal sistema dell’arte “ufficiale”, quello che non ha mai visto in lui i canoni di un artista “contemporaneo”, ma che ha dovuto accettare – a denti stretti – l’immensa popolarità dei suoi quadri in tutto il mondo. “La mia popolarità ha a che fare con il divorzio tra l’arte moderna, dove tutto è oscuro, e lo spettatore, che spesso sente di aver bisogno di un professore che gli dica se una cosa è buona o no”, ha dichiarato una volta l’artista al “Los Angeles Times”. “Credo che un dipinto debba parlare direttamente allo spettatore, con composizione, colore e disegno, senza che un professore glielo spieghi”.
Fedele al suo credo, lui rimase tutta la vita, anche umanamente – come ha sottolineato la figlia Lina – “la persona più semplice del mondo”. Così, mentre il mondo intero lo piange, mentre nella sua Medellin si è decretato il lutto cittadino per una settimana, come per i capi di Stato o per i Re, e mentre il Presidente colombiano, Gustavo Petro, lo ricordava pubblicamente come “il pittore delle nostre tradizioni e dei nostri difetti, il pittore delle nostre virtù, il pittore della nostra violenza e della pace”, la sua famiglia e gli amici si sono stretti intorno alla salma e hanno annunciato che sarà sepolto in Italia, nella “sua” Pietrasanta: “mio papà vuole che la sua salma rimanga a Pietrasanta”, ha dichiarato la figlia. “Lì la sua salma resterà accanto a quella di Sofia (Sofia Vari, l’amatissima moglie morta soltanto 4 mesi fa, ndr), in un piccolo, bellissimo cimitero, alla periferia della cittadina”.
E altri amici ricordano aneddoti della sua vita per sottolinearne la generosità e semplicità. Come Ana Piedad Jaramillo, sua carissima amica, ex direttrice del Museo di Antioquia e attuale direttrice del Festival del Libro di Medellín, che ricorda al quotidiano spagnolo “El País”: “Un giorno passeggiavamo per un piccolo paese della Toscana e passammo davanti a un negozio di souvenir dove c’erano molti oggetti con riproduzioni ‘pirata’ di Botero: sciarpe, quadri, riproduzioni, vestiti… Botero ha combattuto duramente contro il contrabbando e la pirateria, ma quando è entrato nel locale e stava per dire qualcosa, la signora lo ha riconosciuto ed è corsa a ringraziarlo”. Jaramillo, testimone della scena, ricorda che la donna “disse a Botero che grazie a lui i suoi figli avevano potuto studiare. Commosso, il maestro ha sorriso, l’ha abbracciata e non le ha fatto alcun rimprovero”.
Ecco, qui di seguito, alcune delle reazioni e dei commenti pubblicati sui giornali internazionali su uno dei pittori viventi più famosi al mondo.
“El Tiempo”: il denaro metro di misura della qualità, Botero un campione
“Anche se c’è chi ha cercato di minimizzare le innumerevoli conquiste di Fernando Botero, la verità è che è stato l’artista che più spesso è riuscito a rappresentare il talento colombiano nelle sfere più alte della creatività visiva internazionale. Botero è stata una figura dall’immensa influenza nella storia dell’arte colombiana e latinoamericana e continua ad esserlo in quest’epoca in cui la voce del critico e dello specialista non contano più di fronte a quelle del collezionista e del mercante. Il denaro è diventato il nuovo metro di misura della qualità artistica, e anche in questo campo il suo lavoro raggiunge quotidianamente nuovi record. Il suo lavoro è riconosciuto in tutti gli angoli del pianeta, soprattutto perché la sua abilità, conoscenza e capacità di concepire idee e progetti, così come la sua ironia, il suo umorismo e la sua capacità critica, cioè il contenuto dei suoi quadri, sono compresi in tutte le culture senza bisogno delle lunghe spiegazioni che generalmente accompagnano l’arte contemporanea”.
“The Times”: Come García Márquez ha dovuto allontanarsi dal suo paese per poterlo raccontare
“Ha realizzato più di 3.000 dipinti, 200 sculture e innumerevoli disegni. Fu associato per un po’ al boom del “realismo magico” latinoamericano degli anni Settanta, come il suo connazionale letterato Gabriel García Márquez – ma, ancora una volta come il romanziere, sopravvisse a lungo e trascese quella moda passeggera. Anche lui però, come García Márquez, ha dovuto lasciare la sua terra natale per vederla in una certa prospettiva e sviluppare la sua visione originale”.
“The Guardian”: divi di Hollywood tra i suoi collezionisti, per lui fu coniato il termine “boterismo”
“Per anni, i critici d’arte hanno disprezzato quelli che lo stesso colombiano chiamava i suoi “personaggi grassi”, liquidandoli come un marchio di fabbrica. Ma musei e collezionisti (comprese celebrità di Hollywood come Jack Nicholson e Sylvester Stallone) se li sono aggiudicati. I suoi dipinti e le sue sculture erano così immediatamente identificabili per le loro proporzioni voluminose che il suo lavoro diede origine addirittura al termine “Boterismo” per descrivere la sua estetica”.
“Le Monde”: dipinse bordelli e soldati per un riavvicinamento rivoluzionario dell’arte al pubblico.
“I miei colori sono quelli della natura morta latinoamericana. I miei personaggi sono quelli della borghesia latinoamericana, puttane e soldati”, confidava Fernando Botero a ‘Le Monde’ nel 1985. L’artista, che ha detto di non sapere mai cosa avrebbe dipinto il giorno dopo, si è ispirato alla bellezza, ma anche ai tormenti del suo paese… Il suo lavoro raffigura guerriglie, terremoti, bordelli. Dipinse anche una serie sui prigionieri del penitenziario americano di Abu Ghraib, in Iraq. Le sue opere sono visibili anche all’aperto in molte città del mondo, poiché l’artista ritiene che le mostre negli spazi pubblici siano un “riavvicinamento rivoluzionario” dell’arte al pubblico”.
“New York Times”: i critici lo detestano perché è ricco e popolare
“Una recensione della mostra di all’ Hirshhorn Museum & Sculpture Garden era intitolata “Botero, centomila dollari per un suo dipinto a Washington”. Ciò rifletteva l’opinione di alcuni critici secondo cui il lavoro di Botero era banale e autoreferenziale e fuori dal contatto con le vivaci correnti dell’arte contemporanea. “I critici hanno sempre scritto con rabbia e furore su di me, per tutta la mia vita”, ha brontolato Botero.Scrivendo sul “London Evening Standard” nel 2009, lo scrittore d’arte Godfrey Barker si meravigliò: “Wow, lo detestano”.”I sommi sacerdoti dell’arte contemporanea a Londra e New York non lo sopportano perché sfida tutto ciò in cui credono”, ha scritto Barker. “Lo odiano di più perché è ricco, ha un immenso successo commerciale, è gradevole alla vista e molto popolare tra la gente comune.”
“El País”: Non ebbe discepoli ma solo imitatori
“Anche i bambini riconoscono un barcaiolo”, ha detto il più universale degli artisti visivi colombiani del XX secolo, nella sua ultima intervista a questo giornale. Aveva ragione. Le figure rotonde e voluminose di Fernando Botero, i suoi uomini grassi, le sue donne grasse, consolidarono uno stile inconfondibile in tutto il mondo e per gli spettatori di tutte le età. L’agitazione in Colombia è stata straordinaria in seguito alla morte del prolifico pittore, scultore e disegnatore, che raggiunse con il suo lavoro livelli di popolarità paragonabili a quelli che Gabriel García Márquez, con tutte le differenze del caso, raggiunse con la letteratura. Sono due stili così personali da non generare discepoli, ma solo imitatori”.
“Libération”: successo mondiale e disprezzo da parte dei critici
“Fernando Botero aveva caricaturato la Gioconda, ma aveva anche dipinto e scolpito grosse colombe della pace per il suo paese violento. Era particolarmente apprezzato per la sua galleria di personaggi obesi, il suo carnevale di figure pachidermiche che collocava su grandi tele o creava in volume in monumentali sculture in bronzo.Botero aveva fatto dei chili di troppo la sua firma, il suo marchio di fabbrica e il suo sistema. Uno stile immediatamente riconoscibile, che ne ha decretato un successo mondiale. E che gli valse il disprezzo dei critici d’arte. Plagio ripetitivo e senza fantasia per alcuni… E poi perché in sovrappeso? Un modo per l’artista di rendere omaggio agli artisti precolombiani e al gigantismo dei muralisti messicani, ha spiegato. Tuttavia non gli piacevano le donne prosperose, ha ammesso. Le sue creature erano immaginarie”.
“The Washington Post”: amava i contrasti visivi, ma la critica lo sbeffeggiò
“Con impassibile irriverenza, ha perlustrato le scene urbane borghesi della Colombia alla ricerca di immagini di stravaganza, pomposità e avidità. All’inizio della sua carriera Botero colse i forti contrasti visivi: minuscoli serpenti, pappagalli, mosche e banane adornavano i suoi ritratti di toreri, vescovi, prostitute, acrobati, ballerini di sala da ballo e politici. Gli uomini dai volti rotondi sfoggiano piccoli baffi; le signore robuste fumano sigarette in miniatura. Il lavoro di Botero era molto popolare e poteva fruttare milioni di dollari. La critica però, soprattutto negli anni Sessanta, non sempre approvò il suo lavoro. Alcuni lo liquidarono come un espediente o una caricatura. Un recensore di ARTnews una volta sminuì le sue figure voluminose definendole simili a “feti generati da Mussolini e da una contadina idiota”.
Frankfurter Allgemeine: sarà vera gloria?
“L’unica domanda che rimane in sospeso è in quale stile Botero dipinse e scolpì effettivamente, e se la sua firma entrerà nel canone della storia dell’arte o se le sue figure sproporzionate prima o poi cadranno nell’oblio a causa della mancanza di profondità filosofica. In ogni caso, Botero mescola abilmente l’arte indigena colorata e stilizzata di Medellín e del Nuovo Mondo con gli antichi maestri europei. Resta da vedere se la gioventù austera e povera abbia contribuito alla compensazione metabolica degli organismi, proprio come la fame sofferta da giovane da Chaïm Soutine lo portò a cercare uno sfogo allucinatorio nei fianchi lucidi dei maiali che dipingeva nelle macellerie di Parigi negli anni Venti. Per Botero la rotondità accresceva la presenza sensuale, il che è certamente vero. Che invece i corpi rotondi delle sue opere debbano essere letti politicamente come “simboli di una borghesia coloniale degenerata”, come vorrebbe un’altra interpretazione, sembra un’esagerazione”.
“O Globo”: Quel giorno in cui i terroristi fecero saltare in aria una sua scultura
“La notte del 10 giugno 1995, durante l’evento sociale “Cartagena Contigo” in Colombia, furono fatti esplodere 10 chili di dinamite, provocando almeno 23 morti e 200 feriti. Quel giorno la bomba è esplosa sopra “L’Uccello”, una scultura di Botero. La magia della notte, scandita dai suoni della cultura popolare locale, fu bruscamente interrotta dall’esplosione. A quel tempo, il paese stava attraversando un’ondata di attentati: la morte di Pablo Escobar era avvenuta due anni prima, e i cartelli della droga e i gruppi armati cercavano di prendere Medellín come trofeo di guerra. Nel tentativo di cambiare l’immagine della regione, Sergio Naranjo, all’epoca sindaco della città, organizzò una fiera degli artigiani nel Parco di San Antonio, uno degli edifici più importanti della zona all’epoca, proprio perché presentava una scultura in bronzo del celebre artista. Per ironia della sorte, “The Bird”, un monumento dedicato alla pace, divenne l’epicentro della guerra. Intorno alle 19.30 un pacco contenente 10 chili di dinamite esplose sotto il collo della scultura. L’impatto fu così forte che le quasi quattro tonnellate di bronzo presenti nel pezzo si attorcigliarono. L’esplosione causò un blackout nella zona, rendendo difficile la ricerca dei sopravvissuti. Gli ospedali e le banche del sangue furono presi di mira. La paura tornò in città e le autorità furono accusate di negligenza. L’attacco fu attribuito a diversi gruppi armati presenti nel Paese. Alcuni dissero che era opera del cartello di Cali, perché il giorno prima avevano catturato Gilberto Rodríguez Orejuela, leader di questo gruppo di trafficanti di droga. Successivamente, una dichiarazione della Coordinadora Guerrillera Simón Bolívar rivendicò l’attacco. Il gruppo affermò che l’obiettivo era la scultura, che secondo loro era costata 850 mila dollari ed era stata finanziata dallo sfruttamento dei lavoratori. L’attentato contro la scultura era simbolico anche perché all’epoca il ministro della Difesa era Fernando Botero Zea, figlio dell’artista. In seguito all’incidente, furono arrestati trenta ex membri della Guerriglia Popolare di Medellín. Il ministro della Difesa offrì una ricompensa di 500 milioni di pesos per informazioni che portassero alla cattura dei responsabili dell’attacco, ma non si seppe mai chi abbia dato l’ordine di perpetrare l’atto terroristico. Finora solo lo Stato è stato condannato per gli eventi e ha dovuto risarcire le famiglie delle vittime per negligenza nei sistemi di sicurezza”.