Questa volta il bastone appoggiato al muro non lโabbiamo trovato. Abbiamo trovato, รจ vero, una lavatrice sotto ai portici, cosรฌ ben messa, ma cosรฌ ben messa (anzi installata, pardรฒn), che pareva proprio un object trouvรฉ di marca post-duchampiana. E invece no, il cartello โRitiro Heraโ appoggiato sopra ne denunciava fatalmente la sua natura vulgaris e accidentale.

Pazienza, ce ne siamo fatti una ragione (a proposito, il riferimento al โbastone appoggiato al muroโ รจ, per chi non lo sapesse, un furto intellettuale bellโe buono al mio amico Giuseppe Veneziano, grande pittore neopop che piรน neopop non si puรฒ, che ad ogni manifestazione fieristica mondiale riesce a fotografare unโimmancabile bastone appoggiato al muro, residuo oggettuale-concettuale di quella massa di paccottiglia per lโappunto post-duchampiana che da mezzo secolo affolla fiere, biennali, mostre chic e ogni genere di manifestazioni che contano nel mondo, Italia compresa).

Niente bastoni, dunque, nรฉ mucchi di calzini sporchi (questa, invece, lโho rubata a un altro caro amico, Angelo Crespi, oggi felicemente nominato neodirettore della Pinacoteca di Brera, che nel suo saggio del 2014 Ars attack. Il bluff del contemporaneo edito da Johan & Levi, teorizzava il dilagare, sulla scia dellโottimo Jean Clair col suo De Immundo, di unโestetica del calzino sporco nel contemporaneo avanzato, a partire proprio da unโinstallazione vista negli anni precedenti ad Artissima: installazione che, per inciso, ricordo ahimรจ anchโio, ma chi ne fosse lโautore, oggi probabilmente non lo ricordano neppure i suoi parenti piรน stretti, giacchรฉ il destino delle brutte opere โ se mai quella poteva definirsi opera โ, รจ di rimanere infisse nella memoria come metafore di periodi infelici, consegnando invece allโeterno oblio i nomi dei loro autori).

Niente paccottiglia, dunque, e niente sciocchezzai del contemporaneo avanzato, questa volta. Stiamo parlando, se non lโavete capito, della recentissima Arte Fiera di Bologna, che nella sua in fondo linearitร e semplicitร di base (padiglioni ben separati tra moderno e contemporaneo, stand spaziosi e con belle opere degnamente esposte ed ordinate, gran massa di bei quadri e di ottime sculture), seppure senza rivelare, รจ vero, come hanno giร sottolineato dal nostro magazine sia Ivan Quaroni che Emanuele Beluffi, grandi novitร (nessuna opera davvero eclatante, nessuna scoperta sensazionale, nessuna grande installazione mozzafiato, come se ne vedono ogni anno ad Art Basel nella sezione Unlimited), รจ perรฒ indubbio che riempisse gli occhi, e dunque anche il cuore, del visitatore.
Una bella fiera, dunque, nellโinsieme โ di quelle che piacciono a noi, oseremmo dire โ, perchรฉ tornava alla prevalenza della visione anzichรฉ a quella della complicitร intellettualistica, alla cultura del guardare anzichรฉ a quella della strizzata dโocchio al fruitore avvertito, alla felicitร del mestiere anzichรฉ a quella della trovata โinteressanteโ, che perรฒ nulla dice e nulla lascia nel cuore dei visitatori, al di lร di quellโinteressante di cui si riempiono solitamente la bocca i fruitori che, sapendo poco, vedendo ancora meno e non capendo praticamente nulla, ma volendo comunque (o forse proprio per questo) essere accettati nei salotti buoni del sistema, si fingono interessati a cose che nella loro vita “normale” non degnerebbero neppure di uno sguardo.

Per intenderci: la lavatrice di cui sopra, che a noi, domeniddio, ha strappato una divertita esclamazione di sorpresa nel trovarla cosรฌ, di notte, abbandonata in mezzo ai portici come una povera vecchia installazione dโaltri tempi (quando ancora queste cose andavano di moda, poveri noi!), e che loro, invece, i fautori dellโarte โinteressanteโ, scavalcherebbero un poโ inorriditi (e che dire poi di quellโaltra, ehm, installazione spontanea โ un sifone di un wc! โ, che abbiamo trovato invece qualche mese fa a Milano, ai margini di un parco pubblico, che qualche burlone, o forse un fottutissimo genio, aveva impreziosito con un bel โR. Muttโ vergato con forte e vigorosa scritta nera su di un lato, a ricordo dei fasti duchampiani oggi fatalmente in decadenza?); la lavatrice di cui sopra, dicevamo, ha oggi il sapore di unโepifania involontaria, รจ il piccolo, malinconico simbolo di unโepoca forse definitivamente, e finalmente, tramontata.

Ebbene, ad Arte Fiera no: niente lavatrici, niente mucchi di calzini, niente sifoni di water. Molti quadri, invece, molte sculture, insomma molte opere da vedere e giudicare non con un sussiegoso โinteressanteโ, ma con gli occhi, coi sensi, con lo sguardo. Nomi? Elenchi? A pacchi, volendo, anzi a palanche. Come non citare la commovente installazione delle sculture di Girolamo Ciulla, nello stand della Galleria Forni, intenso e delicatissimo scultore mancato da pochissimo nella sua Pietrasanta? E il grande quadro Mattanza di Fulvio Di Piazza, nello stand di Bonelli, dove la facevano da padrone anche i quadri della giovane e bravissima Chiara Calore? E quelli, intensi e drammatici come sempre, di Romina Bassu da Studio Sales?

Di pittori bravi, se ne trovavano, va detto, ad ogni angolo (o ad ogni stand), a dispetto del mantra autoflagellante che vorrebbe la pittura italiana ininfluente nel mondo perchรฉ non allโaltezza di quella internazionale. Se รจ ininfluente (e ahinoi lo รจ), รจ per tanti fattori, la cui colpa, perรฒ, non รจ certo imputabile agli artisti, ma semmai ai cosiddetti โoperatori del sistemaโ, da sempre esterofili per conformismo e piaggeria. Ma la ricerca in Italia รจ viva, e vanta ottimi nomi e altrettanti ottimi percorsi.

Molte erano le “vecchie glorie”, se cosรฌ si puรฒ dire: Daniele Galliano, con un bellissimo stand personale da Federico Rui; Agostino Arrivabene, con unโampia selezione di lavori da Primo Marella; Marco Cingolani, con vecchi quadri della serie delle interviste degli anni Novanta, alla Galleria Gaburro; Francesco De Grandi coi suoi grandi quadri di natura, drammatici e barocchi; Ozmo, da Studio Raffaelli, e poi Cristiano Pintaldi (Muciaccia), solo per citarne alcuni. Tra le opere tecnologiche, imperdibili quelle di Davide Coltro, che da anni persegue una sua coerente ricerca che attraversa il figurativo e lโastrazione; tra i nuovi talenti, molti gli artisti a cui prestare attenzione: senzโaltro Iva Lulashi, alla Prometeo Gallery; Thomas Braida, da Monitor; Pietro Moretti, da Doris Ghetta; Diego Gualandris, da ADA; Alice Faloretti, da Francesca Antonini.

Un unico appunto, per quel che mi riguarda: di tutto questo, nei premi assegnati nel corso di questa edizione di Arte Fiera, ho trovato in fondo ben poco. Forse, benchรฉ il mondo dellโarte stia cambiando rapidamente volto, รจ il sistema che, sotto sotto, continua a far quadrato. Ma, piano piano, si adeguerร anche lui. Il tempo delle ideuzze, dei bastoni appoggiati ai muri e dei calzini sporchi รจ definitivamente tramontato. Largo alle opere, ai quadri, alle sculture, finalmente.