Tema complesso e percorribile quello della veggenza nel’opera d’arte. Al netto del materialismo più razionale, esistono quadri che preannunciano eventi con raggelante precisione, così come altri rappresentano pattern di metafore rivelatorie: in entrambi i casi la natura del quadro – quasi sempre in ambito pittorico, con l’eccezione di fotografia digitale e creazioni AI – sposta il baricentro da un costrutto grammaticale ad un teorema dell’invisibile, ampliando la coscienza dell’immagine, la sua incidenza oltre la superficie del vero.
Il visibile che intuisce l’ulteriore, la misura nascosta, il cielo oltre l’orizzonte degli eventi. Il quadro che capta segnali da un passato futuribile o da un futuro riabitabile. Opera come sismografo di un tempo quantistico, scevro dal nostro ragionare per schemi di causa ed effetto. L’arte, quella che interpreta il mondo senza copiarlo, ha il potere misterioso di captare segnali in forma simbolica, posizionando l’artista in un ciclo sciamanico che non risolve nulla (per fortuna la scienza si affida agli scienziati) ma che definisce un perimetro dentro l’invisibile.
Dentro il perimetro dell’invisibile agisce la veggenza visionaria.
Cristiano Pintaldi (Roma, 1970) è un artista che conosco e stimo da oltre trent’anni. Il mio primo libro per Castelvecchi, quel Nuovo Quadro Contemporaneo (1998) che indagava le molteplici relazioni tra il quadro e le nuove tecnologie, aveva una sua opera in copertina. Mi interessava quel modo originale di concepire la pittura, il gioco analitico tra scienza e invenzione, quel processo archetipico che formulava immagini con la tricromia del modello RGB, mescolando precisione e magia del risultato, nel più virtuoso dei dialoghi tra techne e storia della pittura.
La mano ad aerografo di Pintaldi mi fa pensare ad una punta laser che incide in micron, una minuziosità che vive il pixel come fosse cellula di proteine cromatiche, lungo dosaggi variabili del nero che determinano l’esito videografico del quadro. Arte di ricomposizione dell’originale secondo processi ottici che ci lasciano camminare tra percezione e definizione, in un gioco di finzioni plausibili che coinvolge frame filmici, immagini satellitari, schegge televisive, tutto ciò che raccolga un impatto compresso tra registrazione e manipolazione, vero e plausibile, noto e rivelatorio (fotografateli col vostro smartphone e vedrete come lavora la vostra retina davanti alla tramatura su tela).
L’acquisizione del dato tecnico fonde il processo figurativo al cuore profondo dei temi narrati. Osserviamo cieli da cinema 55mm in cui spuntano luci e forme anomale, paesaggi che hanno accolto lo straordinario (Stonhenge, Washington DC, Piazza San Pietro…), pezzi di film in cui si celavano messaggi esoterici, momenti e oggetti che hanno cambiato la Storia (l’assassinio di JFK, le Torri Gemelle a New York, i simboli sul dollaro, gli scenari in Medio Oriente…) ma anche culti mediatici che nascondono complessità (quello con Barbie/Margot Robbie è uno dei quadri più dirompenti della mostra).
Nei due piani della Galleria Mucciaccia si cammina tra finzione filmica e realtà anabolizzata, come se le immagini viaggiassero su uno stesso rigonfiamento degli eventi, un parossismo figurativo che ci fa riconoscere il dato (ogni opera appartiene al circuito degli immaginari diffusi) mentre ci nasconde la sua irradiazione sciamanica, le sue chiavi decriptabili, il suo muoversi oltre la superficie degli eventi. Che crediate o meno ai poteri veggenti poco cambia: vi basti controllare le date lungo la carriera di Cristiano Pintaldi, verificando quante predizioni nel suo sguardo astroflesso (non è un refuso) che sembra scorrere in un circuito protonico alla Christopher Nolan, tra porzioni temporali che si spostano senza ordine progressivo. Passato e futuro dentro un acceleratore pittorico che metabolizza il reale dentro la geometria del pixel, un modus virtuoso di rendere l’occhio imparziale davanti agli eventi, come se uno schema ottico assicurasse maggior penetrazione ai suoi messaggi in codice.
“Cristiano Pintaldi. We are here. Do you stay in the Barbie world?“
Largo della Fontanella Borghese 89, Roma
fino al 20 aprile 2024