Miltos Manetas (Atene 1964) è un artista multimediale di fama mondiale. Nel suo curricolum troviamo da Gagosian al Centre Pompidou, al Maxxi e un lungo eccetera. È inoltre inventore e titolare della Neen Art. Ed è anche un po’ nomade, tra la Grecia, l’Italia, gli Stati Uniti e la Colombia principalmente. E, se la cosa può interessare, è un mio amico.
Un punto più o meno fermo per lui è la galleria di Matteo Boetti a Todi. E da lì, da un luogo completamente decentralizzato, sta svolgendo una delle più grandi e audaci performance che io abbia mai visto: ha preso molto a cuore la causa di Julien Assange e dipinge un suo ritratto per ogni giorno che questi trascorre in carcere. E poi li regala, così, a chi li vuole. Naturalmente, si va da semplici schizzi a ritratti più convincenti, ma gli importa poco della somiglianza, vuole il ricordo e la solidarietà a un uomo che, a suo parere, è condannato ingiustamente.
Partiamo da questo, Miltos. Perché Assange è così importante per te?
Ora sì, ma prima di dipingerlo non lo sapevo. Ho cominciato a coinvolgermi, a guardarlo e a pensare ad Assange seriamente, piuttosto per invidia ma anche per un imprevisto senso di responsabilità: mentre io mi stavo vivendo felice in Bogotà – un po’ prima del Covid – ho visto che i miei compagni – Yanis Varoufakis, Vivian Westwood e altri – erano sulla strada a Londra a lottare perché Assange venisse liberato. Ho pensato che anche io dovevo fare qualcosa ma non sono un attivista, l’unica cosa che so fare è dipingere. Così ho dipinto un ritratto di Assange e da quel momento ho cominciato a “conoscerlo” e “ascoltarlo”…
Indubbiamente questo è un chiaro esempio d’impegno civile. Noi abbiamo parlato dell’impegno dell’artista, della sua responsabilità di contribuire alla costruzione di una cultura che prospetti un futuro migliore. Che tipo d’impegno chiederesti tu all’artista, ad ogni artista?
Non deve essere un impegno fisso, e neanche di una certa tipologia. L’artista deve essere “militante a vanvera” e forse, perché oggi ci sono i social media, siamo tutti “artisti”, magari militanti a vanvera lo dobbiamo essere tutti. Io credo nella descrizione dell’Impero che dà Antonio Negri (Empire, 2000, scritto insieme con Michael Hardt). Il postcapitalismo ha fatto che non funzioni più la lotta contro questo o l’altro centro di potere, non esiste più una singola classe sociale come nemico da attaccare. La proposta di Varoufakis è che dobbiamo cercare di minimizzare il danno a quelli che sono molto vulnerabili (The Left Should be about Minimizing Harm to the Very Vulnerable People) e semplicemente i vulnerabili oggi esistono dappertutto, anche tra i ricchi e i privilegiati. A volte i vulnerabili siamo noi stessi e dobbiamo cercare di minimizzare il danno che facciamo a noi stessi. Per l’artista poi nello specifico, io credo che sia a priori un conformista, perché produce – o cerca comunque di produrre – capitale di altissimo valore e questo richiede i più grandi privilegi. Essere occasionalmente contro il proprio conformismo, guardarlo nei occhi e sabotarlo, sarebbe quel che io esigo da me stesso e dei miei associati, null’altro.
La carcerazione di Assange potrebbe andare avanti ancora a lungo. Smetterai qualche volta?
Dall’11 aprile 2019 fino ad oggi (22 aprile 2024), sono già passati 1839 giorni. Ho solo dipinto 400 ritratti suoi, se viene liberato domani, me ne mancano 1440. Credo che mai smetterò, ma non è sempre facile convincere me stesso a continuare anche perché per me questo non è un progetto ideologico ma un lavoro che offro come cittadino, quasi un lavoro forzato per non dimenticare lo Stato delle Cose. Non credo che smetterò.
Puoi spiegare in poche parole il concetto di Neen? So che è difficile o forse alla fine troppo facile. Ha a che fare con l’impegno civile dell’artista?
Una sola parola dovrebbe bastare: NEEN! Nel Greco antico vuol dire l’istante presente, l’adesso. L’arte Neen sarebbe un’arte del adesso assoluto. Non ha che fare con l’impegno dell’artista, non ha che fare con niente veramente. È un’espressione artistica che dovrebbe in qualche modo piacere ai nostri computer network, all’intelligenza artificiale.
Sei anche impegnato a fare arte con l’intelligenza artificiale. Che futuro vedi a questo mezzo nel nostro ambiente?
Mettiamola così: se si potesse immaginare il futuro dell’AI nell’arte, allora non si tratta di AI. Per dirlo in terminologia NEEN, il futuro dell’arte fatta con AI, è… NEEN.