Speciale Artisti Biennale 2024 (pt. 9)

Continua la nostra indagine sugli artisti invitati alla Biennale Arte di Venezia. Un totale di 332 artisti, provenienti da tutti i paesi del mondo e di tutte le generazioni. Le prime otto puntate sono state pubblicate qua (Speciale Artisti Biennale 2024 pt. 1), qua (Speciale Artisti Biennale 2024 pt. 2), qua (Speciale Artisti Biennale 2024 pt. 3) qua (Speciale Artisti Biennale 2024 pt. 4) e qua (Speciale Artisti Biennale 2024 pt. 5) e qua (Speciale Artisti Biennale 2024 pt. 6) e qua (Speciale Artisti Biennale 2024 pt. 7) e qua (Speciale Artisti Biennale 2024 pt. 8). Di seguito, ecco la nona puntata. Per raccontarvi ogni artista in poche righe, con un’opera rappresentativa della sua ricerca.

Victor Fotso Nyie (Doula, Camerun, 1990)

È uno scultore camerunense che vive a Faenza ed è arrivato in Italia nel 2012 per studiare mosaico all’Accademia di Belle Arti di Ravenna. Si è formato poi all’Accademia di Belle Arti di Bologna, seguendo il percorso di scultura e diplomandosi nel 2018. La sua ricerca artistica tende a guardare la varietà e la bellezza umana e a dare loro un nome attraverso le sue opere, senza tralasciare una forte componente spirituale.

I rimandi alla sua terra d’origine sono forti e chiari, ma ben amalgamati con le caratteristiche del mondo globalizzato. L’oggetto principale della sua ricerca artistica è la condizione dell’uomo africano contemporaneo, alienato e sofferente a causa di un passato non concluso di asservimento e sfruttamento. I suoi lavori si caricano di energia attraverso l’utilizzo di forme primarie e vibrazioni di colori brillanti.

Louis Fratino (Annapolis, USA, 1993).

Artista americano, vive a Brooklyn. I suoi dipinti e disegni profondamente intimi partono dalla sua memoria personale e da ciò che osserva nella vita quotidiana. I suoi soggetti figurativi includono amanti, amici, famigliari oltre a lui stesso, facendo del corpo umano un luogo di vasta espressione emotiva.

La sessualità, l’intimità e il desiderio queer sono intesi come naturali e costanti, diffondendo l’atmosfera delle sue scene in una familiarità vibrante e confortante. Evocando un linguaggio storico-artistico di pittori modernisti – tra cui Henri Matisse, Pablo Picasso, Marsden Hartley e Georgia O’Keeffe – il lavoro di Fratino estrae le possibilità di comunione e connessione, amplificate attraverso il potere seduttivo della superficie dipinta.

Paolo Gasparini (Gorizia, Italia, 1934)

Fotografo, vive tra Caracas, Città del Messico e Trieste. Le sue fotografie hanno rappresentato la realtà sociale del dopoguerra e sono legate all’estetica cinematografica del neorealismo italiano. Nel 1954 emigra a Caracas in Venezuela dove vive il fratello Graziano Gasparini (architetto-fotografo) e si unisce al ‘movimiento de la modernidad’. Gasparini attraversa costantemente il vecchio continente e il nuovo mondo che chiama ‘El otro, Otro mundo’.

In sessant’anni di attività fotografica ha rappresentato le contraddizioni sociali, le tensioni politiche degli abitanti che transitano, vivono o lavorano non solo in America Latina, ma nelle grandi metropoli come Città del Messico, San Paolo o Caracas, New York, Berlino, Los Angeles, Parigi o Londra. Per le sue opere, utilizza fotomurali, gigantografie audiovideo e fotolibri.

Umberto Giangrandi (Pontedera, Italia, 1943)

Vive a Bogotà, Colombia. Ha conseguito il Master of Arts presso l’Istituto D’Augusto Passaglia di Lucca e si è laureato all’Accademia di Belle Arti di San Marco a Firenze. Dal 1966 vive in Colombia dove ha insegnato alla Facoltà di Lettere dell’Università Nazionale della Colombia e inaugurato il Laboratorio Giangrandi, dedicato all’insegnamento delle tecniche di incisione e grafica sperimentale, di grande importanza nello sviluppo dell’opera grafica in Colombia.

Nel suo percorso artistico ha dedicato un’ampia ricerca al manifesto murale e al manifesto politico. È stato co-fondatore di Taller 4 Rojo, in compagnia di Nirma Zárate, Diego Arango, Carlos Granada e Jorge Mora. Tra il 2001 e il 2004 è stato direttore dell’Academia Superior de Artes de Bogotá attualmente lavora come insegnante di arti grafiche presso diverse università di Bogotá.

Madge Gill (Walthamstow, UK, 1882–1961, London, UK)

Scopre il suo talento artistico quasi per caso, a seguito di una lunga malattia. Inizia a manifestare un improvviso e appassionato interesse per il disegno. Le prime opere sono ad inchiostro, in bianco e nero. Sosteneva di essere guidata da uno spirito che chiamava “Myrninerest” (il mio riposo interiore) e spesso firmava le sue opere con questo nome. Come ha osservato lo studioso americano Daniel Wojcik, “come altri spiritisti, Gill non attribuiva la sua arte alle proprie capacità, ma si considerava un veicolo fisico attraverso il quale il mondo degli spiriti poteva essere espresso”.

Ha sempre avuto un’ampia varietà di media, tra cui il lavoro a maglia, la scrittura, la tessitura e il lavoro all’uncinetto. Estremamente prolifica, era capace di completare dozzine di disegni in una sola notte. I soggetti femminili dominano il suo lavoro: la figura di una giovane donna in abiti intricati è apparsa migliaia di volte neklle sue opere e spesso si è ipotizzato che fosse una rappresentazione di sé stessa o della figlia prematuramente scomparsa. I suoi disegni sono caratterizzati da motivi geometrici a scacchi, volti femminili dagli occhi fissi e vuoti e i loro abiti fluenti che si intrecciano con i complessi motivi circostanti.

Marlene Gilson (Wadawurrung, Warrnambool, Australia, 1944)

Vive a Gordon, Australia. I suoi dipinti a più figure hanno spesso come soggetto la colonizzazione del suo paese e altri fatti storici. Imparando la storia di Wadawurrung da sua nonna, Gilson iniziò a dipingere mentre si stava riprendendo da una malattia. Le sue opere, dotate di enorme meticolosità, mostrano una ricchezza narrativa e una qualità teatrale simile al genere tradizionale della pittura storica.

Gilson, tuttavia, privilegia quelle storie relative alla sua terra ancestrale, che copre Ballarat, Werribee, Geelong, Skipton e gli Otway Ranges nel Victoria. Spesso include i suoi due totem, Bunjil l’Aquila e Waa il Corvo; i dipinti di Gilson non solo riconfigurano le narrazioni storiche, ma mostrano la sua connessione spirituale con il paese.

Luigi Domenico Gismondi (Sanremo, Italia, 1872–1946, Mollendo, Perù)

Gismondi è stato un pioniere della fotografia in Bolivia, documentando vari aspetti culturali e numerose personalità e il primo a creare una mostra completa di architettura e geografia regionale. L’archivio Gismondi è noto per essere uno dei primi a includere un’ampia gamma di fotografie di popolazioni indigene provenienti da diverse regioni. Oggetto delle sue fotografie sono stati infatti il Perù centrale e meridionale, il Cile settentrionale, Argentina, Paraguay e Bolivia.

La Bolivia merita un’attenzione particolare: è stato infatti il primo a creare una documentazione dell’architettura coloniale e repubblicana del paese, che è stata paragonata a opere simili del fotografo messicano Guillermo Kahlo. È stato uno dei primi fotografi industriali della Bolivia, documentando diversi siti minerari e ferroviari, principalmente nel dipartimento di Potosí.

Domenico Gnoli (Roma, 1933–1970, New York City, USA)

Considerato uno dei più grandi pittori italiani del secondo dopoguerra, è nato a Roma, figlio della ceramista Annie de Garrou e dello storico dell’arte e sovrintendente alle Belle Arti dell’Umbria Umberto Gnoli: la sua formazione deve molto alla sua famiglia e all’ambiente culturale in cui ha vissuto. Fin da piccolo dimostra infatti passione per il disegno e la pittura. Avvicinatosi al mondo del teatro grazie alla madre, per anni svolge lavori come scenografo, illustratore, costumista, ottenendo grande successo e viaggiando molto tra Parigi, New York, Londra e Roma. Negli anni Sessanta esegue molte illustrazioni per i grandi giornali dell’epoca.

Successivamente senza mai abbandonare del tutto l’ambiente del teatro e del cinema, si sposta tra Parigi, Londra e gli Stati Uniti e dagli anni Sessanta i suoi quadri, realizzati con una sua personale tecnica composta da acrilico e sabbia e incentrati su dettagli in formato macro della contemporaneità, cominciano a destare l’interesse della critica. Il suo è un modo di dipingere nuovo, che non trova corrispondenza nelle esperienze contemporanee: la materia ottenuta è spessa, densa e non lascia vedere il segno delle pennellate; gli oggetti quotidiani, banali e insignificanti, estrapolati dal loro contesto e riprodotti fedelmente su scala macro, acquistano una grande intensità espressiva, ricca di mistero e vitalità. Dopo la sua morte prematura, diventa presto oggetto di culto e i quadri realizzati sono ricercati da collezionisti in tutto il mondo.

Ṣàngódáre Gbádégẹsin Àjàlá (Osogbo, Nigeria, 1948–2021)

Artista, erborista, Sommo Sacerdote, è figlio adottivo di Susanne Wenger, artista austriaca trasferitasi in Nigeria e creatrice del movimento New Sacred Art, ispirato alla mitologia Yoruba. La sua pratica artistica non solo celebra la ricca eredità e spiritualità del popolo Yoruba, ma funge anche da ponte tra le tradizioni ancestrali e il mondo contemporaneo. Le sue opere spaziano dalla mitologia ai rituali quotidiani: la pratica di Àjàlá trasmetteva, nelle sue parole, “la ricca complessità della sua eredità e spiritualità”. La densa narrazione dei suoi batik spesso raffigurava iniziazioni di olórìṣà, individui consacrati alle divinità yoruba, o feste per divinità. Altri, invece, celebravano la vita quotidiana, come gli uomini che spillavano vino di palma o le donne che trasportavano merci di mercato.

Attraverso i suoi batik, Sàngódáre trasmette non solo la bellezza e lo splendore della cultura visiva del suo popolo, ma anche la profondità dei significati culturali e spirituali che ne derivano. Con una vasta conoscenza erboristica, crea coloranti vegetali per le sue opere, che sono esposte in tutto il mondo. Ha vinto anche il prestigioso Golden Jubilee Award in Nigeria e la sua arte è esposta in collezioni private e spazi pubblici.

Gabrielle Goliath (Kimberley, Sud Africa, 1983)

Artista multimediale che vive a Johannesburg, Sud Africa, la cui indagine verte prevalentemente sulle questioni di razza, genere e violenza sessuale. Le installazioni e le performance immersive di Gabrielle Goliath esplorano contesti di diseguaglianza e oppressione e cercano di arrivare a capire come trasformare queste condizioni. A Venezia porta Personal Accounts, un progetto transnazionale attualmente in corso, inaugurato nel 2014 e realizzato in città come Johannesburg, Como ed Edimburgo.

Le installazioni, fatte di video e suoni, affrontano il problema del patriarcato. Il progetto registra le testimonianze di persone nere, indigeni, queer, persone non-binarie e trans. Tratto distintivo del lavoro di Goliath è quello di sostituire la violenza e il dolore con immagini delicate, pacifiche, quasi a dare un senso di speranza a tutti coloro che soffrono e sono oggetto di discriminazioni.

Brett Graham (Auckland, Aotearoa, Nuova Zelanda, 1967)

È uno scultore che crea opere d’arte e installazioni su larga scala che esplorano storie, politiche e filosofie indigene. Graham vive e lavora a Waiuku, sulla sponda meridionale del porto di Manukau (Auckland, Nuova Zelanda), sebbene sia stato un viaggiatore costante, intraprendendo residenze attraverso Te Moana-nui-a-Kiwa (il Pacifico), Nord America ed Europa.

Concepisce i suoi Maori whakapapa (ascendenza) come un’identità Pasifika/Moana ed è affiliato a una rete globale di popolazioni indigene e non occidentali. È partendo da questa base che il lavoro di Graham si confronta con le storie dell’imperialismo e con le questioni indigene globali.

Fred Graham (Arapuni, Aotearoa, Nuova Zelanda, 1928)

Scultore che vive a Waiuku, Aotearoa, Nuova Zelanda, è affiliato ai Māori iwi Ngāti Korokī Kahukura e Tainui. Ha frequentato il Taita College di Lower Hutt e lì ha iniziato ad amare l’arte e la fotografia. Si è formato come insegnante presso l’Ardmore Teachers’ Training College e si è specializzato in arte. Ha insegnato arte nelle scuole e negli anni Cinquanta ha lavorato come consulente artistico nelle scuole primarie Maori di Rotorua e Te Tai Tokerau. Uno dei suoi studenti era Nigel Brown, noto artista neozelandese.

Graham ha insegnato  arte al Palmerston North Teachers’ Training College. Graham è noto per le sue sculture d’arte Maori contemporanee che riflettono temi attuali e attingono alle tradizioni Maori. Ha lavorato insieme ad altri artisti Māori come Ralph Hotere, Cliff Whiting e Paratene Matchitt dalla fine degli anni Cinquanta per fondare un movimento artistico Māori contemporaneo.

Enrique Grau Araújo (Panama City, Panama, 1920–2004, Bogotá, Colombia)

Era un artista colombiano noto soprattutto per le sue raffigurazioni di figure amerindie e afro-colombiane. Era un membro del “triumvirato” dei principali artisti colombiani del XX secolo che includeva Fernando Botero e Alejandro Obregón. Autodidatta, è stato influenzato dai maestri colombiani Ignacio Gomez Jaramillo, Santiago Martinez Delgado e Pedro Nel Gómez. Grau studiò alla Art Students League di New York City, negli Stati Uniti, e successivamente visitò l’Italia, dove imparò le tecniche dell’acquaforte e dell’affresco prima di trasferirsi nella città di Cartagena. Vinse il Salón de Artistas Colombianos nel 1957 avviando una nota carriera artistica.

Le sue associazioni con figure bianche, nere e indigene e oggetti come maschere, uova, frutta o gabbie gli hanno portato fama internazionale, con mostre al Museo Guggenheim di New York e al Museo d’Arte Moderna di Parigi.

Oswaldo Guayasamín (Quito, Ecuador, 1919–1999, Baltimore, USA)

Oswaldo Guayasamín Calero fu ed è ancora oggi uno dei pittori e autori di murales ecuadoriani più importanti, influenti e rappresentativi di sempre. Attraverso le sue opere, l’artista ha illustrato soprattutto la sofferenza del popolo indigeno, l’ingiustizia sociale e le violazioni dei diritti umani, tanto in Ecuador quanto altrove, provocando diverse discussioni. Fin dalla giovane età, Guayasamín cominciò ad esprimere la sua passione per l’arte disegnando caricature e vendendole per pochi soldi in città. Più tardi inizia gli studi presso la Scuola di Belle Arti di Quito, laureandosi nel 1941 in pittura e scultura, dopo anche aver fatto degli studi di architettura. Nel 1942 fa la sua prima personale che non ebbe però il successo sperato. Nelson Rockefeller, all’epoca incaricato degli affari interamericani dall’amministrazione del presidente statunitense Franklin Roosevelt, vedendo le sue opere ne rimase colpito e acquistò sei dipinti. Grazie a queste vendite, Guayasamin fu in grado di viaggiare.

Rimase sei mesi negli Stati Uniti e poi in Messico, dove conobbe José Clemente Orozco, uno dei più celebri muralisti messicani, e imparò l’arte degli affreschi. I viaggi sono stati per lui fondamentali per sviluppare un proprio stile artistico. I temi maggiormente toccati sono stati le ingiustizie sociali e la forte miseria che ha sempre connaturato le popolazioni indigene dell’America latina.

Nedda Guidi (Gubbio 1923–2015, Roma)

Inizialmente si dedica alla pittura, poi facendo esperienza diretta sul campo a Gubbio, inizia a lavorare la ceramica. Sarà la terracotta quindi a divenire il suo principale mezzo di espressione. Negli anni Cinquanta le sue opere sono Fogli, lamine sottili di terracotta dotate di rivestimenti polimaterici. La sua prima personale si è svolta a Roma presso la Galleria Numero nel 1964. Successivamente l’aspetto volumetrico torna a fare parte delle sue opere e inizia un lungo studio sulla ceramica. Nella serie Moduli sperimenta smalti dai colori artificiali.

Negli anni Settanta continua la sua sperimentazione e dà vita ad opere di terracotta e ossidi metallici, chiamate Tavole di campionatura. Partecipa da quel momento ad una lunga serie di manifestazioni, come le Biennali di Ceramica di Gubbio e il Concorso di Ceramica Artistica di Gualdo Tadino. Prende parte, inoltre, con le sue creazioni, alla Prima Mostra del Multiplo d’artista tenutasi a Deruta e, nel 1976, a Gubbio all’antologica Quindici anni di ricerca in ceramica a cura di Crispolti. La sua ultima personale risale al 2013, al Museo della Ceramica di Montelupo Fiorentino.

(Schede a cura di Sofia Marzorati)

la prossima puntata la trovate qua: Speciale Artisti Biennale 2024 pt. 10

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