Il MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna ospita il progetto espositivo “FRONTIERA 40 Italian Style Writing 1984-2024”, a cura di Fabiola Naldi, un omaggio alla ricerca critica e al percorso di Francesca Alinovi (Parma, 1948 – Bologna, 1983), critica d’arte e ricercatrice militante che per prima ha introdotto il graffitismo in Italia.
Il contributo di Alinovi, personalità travolgente e attenta studiosa dei fenomeni creativi più innovativi emersi tra gli anni Settanta e Ottanta, è stato a lungo oscurato dal terribile omicidio che, il 12 giugno 1983, privò il mondo della cultura di colei che fu un enfant prodige della critica e della curatela in grado di stravolgere la concezione di opera d’arte. Disarmante unicità, militanza artistica e un’incredibile e prolifica attività intellettuale sono le caratteristiche che hanno reso Francesca Alinovi la “protettrice dell’underground”, facendo di lei la miglior talent scout degli anni ‘80 e un’indimenticabile animatrice culturale, capace di intuire la portata rivoluzionaria del neo-nascente graffitismo e della street art americana. Diventata assistente di Renato Barilli, occupandosi di Spazialismo e dell’opera di Piero Manzoni e Lucio Fontana, ebbe fin da subito la possibilità di entrare a contatto con le avanguardie più dirompenti ampliando i suoi orizzonti accademici aldilà dei confini nazionali. Apprezzatissima dal maestro che dichiara “c’era tra noi una complementarità perfetta”, esordisce nell’ambito della performance art di cui diventa una delle massime esperte in Italia scrivendo per le riviste più rinomate, per poi assumere il ruolo di insegnante presso il neonato “DAMS” di Bologna.
Questa donna incarnava lo spirito di un’epoca, con la sua pettinatura cotonata e il make up eccentrico, viveva la vita con l’enfasi che contraddistingue le correnti in cui si rispecchiava e di cui era portavoce. Con le sue scelte audaci e spregiudicate riuscì a portare una boccata d’aria fresca nel panorama artistico nazionale, promuovendo una visione mai banale o univoca, basata sull’ibridazione dei vari linguaggi: pittura, teatro, musica e arti performative. Sembra che le sue stesse lezioni fossero una fusione di arte e performance, riusciva a trasportare l’arte della strada nelle gallerie prestigiose e nei luoghi più illustri della cultura. Fu lei a invitare i fumettisti alla mostra “Registrazione di frequenze” a Bologna, a scoprire la Galleria Fashion Moda nel Bronx e a scrivere il manifesto dell’Enfatismo. Eccentrico movimento artistico, o meglio gruppo di artisti, dall’aspetto sfuggente ed irrazionale tipico della avanguardie, che prende forma nello spazio espositivo Neon, nato come si evince dal manifesto “per simpatia”: grazie ad un’amicizia, un’affinità radicata nel qui e ora prima che una vera e propria collaborazione artistica.
Francesca viaggiava frequentemente da Bologna a New York, dove ha incontrato le correnti artistiche oltreoceano e i loro protagonisti, utilizzando le sue competenze critico-artistiche e la sua esperienza come insegnante per teorizzare e contestualizzare un’era nascente ed entrare in contatto con artisti come Jean-Michel Basquiat e Keith Haring. Quest’ultimo affermò, prima di morire, che quella con Alinovi fu in assoluto la miglior intervista della sua carriera. Seguito da Kenny Scharf, il quale sostenne che quella trentenne affamata di cultura fu “la prima critica d’arte a prenderlo seriamente”.
Da questo vento riformista e dalla cura e l’attenzione fornita agli street artist italiani ed emiliani scaturisce l’iniziativa del MAMbo, realizzata in occasione del quarantesimo anniversario dell’inaugurazione dell’ultimo progetto espositivo firmato dalla studiosa, “Arte di Frontiera. New York Graffiti”, che intende interrogare l’eredità storico-artistica di quella mostra e la contaminazione del sistema dell’arte ufficiale di cui fu artefice, ossia l’unione della realtà urbana del Writing con l’ambiente museale all’interno della Galleria comunale d’Arte Moderna di Bologna.
Oggi la street art è ampiamente sdoganata dagli storici dell’arte e appare comune poterla ammirare all’interno dei contesti ufficiali, sono innumerevoli le mostre di Banksy ospitate da istituzioni come il Moco Museum ad Amsterdam, ma al tempo rappresentava un’operazione inedita, una protesta contro la banalizzazione delle correnti culturali urbane e un’azione di sostegno alle lotte che rappresenta.
Fino al 13 luglio 2024, saranno esposti i bozzetti di 181 autori, posti a testimoniare il processo creativo di diverse generazioni di writers italiani, opere uniche, custodi dello stile di ciascun autore visibili in dispositivi mobili, per l’esattezza 11 teche allestite in differenti ambienti del museo. Opere arricchite da mappe, flyer e materiali web liberamente consultabili per approfondire il progetto come anche per narrare le trasformazioni del fenomeno e le sue evoluzioni, sempre a partire dal 1984 dall’esposizione Arte di Frontiera. Questi inserti espositivi si inseriscono nelle iniziative sorte allo scopo di celebrare e ricordare Francesca Alinovi, costretta al silenzio e alla poca notorietà da un terribile crimine che non può e non deve essere l’unico ricordo di questa figura straordinaria. A lei sono stati dedicati il documentario “I am not alone anyway”, docu-film di Veronica Santi, incentrato sulla persona ribelle e coltissima e non solo sulla critica d’arte, e il Premio Alinovi istituito nel 2013 grazie agli sforzi di alcune tra le menti più brillanti del contemporaneo tra cui: Renato Barilli, Roberto Daolio, Alessandro Mendini, Loredana Parmesani e Franco Quadri.
Alla luce di tutto questo, risulta evidente come il MAMbo sia il luogo più adatto per abbracciarne la memoria e le volontà; la vicenda del museo stesso si intreccia con la storia dell’arte bolognese e dei personaggi che, negli anni ‘70 e ‘80, hanno fatto della città un punto d’incontro, dove le più avanguardistiche forme di espressione vedevano la luce e dove la ricerca artistica giungeva a livelli altissimi. “FRONTIERA 40 Italian Style Writing 1984-2024” ambisce a fornire uno spunto, un motivo d’ispirazione per artisti e storici dell’arte, bolognesi e non, che possa ricordare loro quanto sia possibile realizzare superando i limiti ideologici e accademici che ci separano dalla frenesia della vita, dal presente nel suo continuo divenire.