S’intitola The Inner Child, l’ultima mostra di Giovanni Motta prodotta dalla cinese Gallery Func, in corso fino al 21 luglio 2024 al Chi K11 Art Museum, situato nel grande centro commerciale a tema artistico fondato dal tycoon di Hong Kong Adrian Cheng nel distretto di Huangpu a Shanghai, dove sono esposti ben 80 lavori tra dipinti, sculture, disegni e video dell’artista.
Il tema iconografico della ricerca di Motta è, già da qualche anno, il “bambino interiore”, personificazione di una forza psichica, un serbatoio di pulsioni, emozioni ed energie che, secondo lui, ogni individuo dovrebbe riscoprire nella vita adulta per ritrovare l’entusiasmo perduto dell’infanzia. Questo suo bambino interiore si chiama JonnyBoy e ha le fattezze di un ragazzino col corpo minuto e la testa grande, una specie di personaggio in stile manga, attraverso cui esplora memorie della propria fanciullezza.
Ricordi che tornano alla luce anche grazie alla meditazione regressiva, impiegata dall’artista per recuperare sentimenti, sensazioni e soprattutto immagini sepolte nell’inconscio, che poi diventano protagoniste delle sue opere, dove JonnyBoy gioca il ruolo di guida, una sorta di novello Virgilio che accompagna lo spettatore nel viaggio di ricoperta del proprio bambino interiore.
Nei lavori di Giovanni Motta JonnyBoy, il bambino interiore, è sempre un’entità sospesa, fluttuante e instabile, che trascina nel suo vortice oggetti che sono complementi e appendici della sua personalità e che rivelano, inevitabilmente, i gusti e le passioni dell’artista, appartenente alla Generazione X, quella di ragazze e ragazzi cresciuti con i cartoni animati giapponesi.
La forza dell’immaginario di Motta, che in parte ricorda quello di un Takashi Murakami e altri artisti della corrente Superflat e in parte se ne distingue per la sua originalissima rielaborazione degli stilemi visivi giapponesi, consiste nella capacità di combinare tecniche tradizionali, come la pittura e la scultura, con tecniche all’avanguardia di modellazione ed elaborazione 3D e di animazione digitale. Tutti i suoi lavori sono progettati digitalmente con software come Photoshop o Cinema 4D e spesso vengono tradotti nella dimensione analogica della pittura tradizionale. Tuttavia, mentre la sua produzione digitale può assumere la forma di un file Jpeg, di una Gif o di un video in formato MP4, i suoi disegni e bozzetti restano su carta e i suoi quadri su tela rigorosamente dipinti a mano.
Questa combinazione di procedure o, meglio, questa multimedialità non solo definisce l’estensione del campo d’azione di Giovanni Motta, ma è anche il segno di un’attitudine fondamentalmente pop, cioè di una volontà programmatica di rivolgersi a un pubblico nuovo e più ampio di quello tradizionalmente interessato all’arte. Ecco perché Motta preferisce adottare l’estetica universalmente comprensibile di videogame e cartoon, associandola a uno stile che indugia su ogni dettaglio dell’immagine, quasi trasferendo l’altissima definizione tipica di uno schermo Oled (acronimo inglese che indica il Diodo organico a emissione di luce) in una tecnica pittorica iperrealistica e ultra-retinica che cattura lo sguardo dell’osservatore, precipitandolo in un vortice d’immagini cinematiche.
Nelle sue nuove tele, da Under The Moon, One Hour Before Midnight a The Plan for the Theft Falls Apart At Dawn, fino a I Beckoned Hulk to Shield My Night, il ritratto di JonnyBoy è avvolto da un turbine di feticci che rimandano agli anni Ottanta, oggetti, utensili e giocattoli che hanno segnato l’immaginario più generazioni e che catapultano l’osservatore in uno stato di nostalgica retrospezione.
La stessa che si prova anche davanti a sculture in vetroresina come For Gods oppure Where Is Jonny?, che sono solo un preludio a Jonny in the Sky, monumento in acciaio alto quasi dieci metri installato nella prospiciente piazza Reeb di Shanghai, insieme un tributo all’infanzia e un monito a riscoprire il Puer Aeternus, il dio-fanciullo che secondo Gustav Jung rappresenta uno degli elementi primordiali della psiche umana.