Dare, grazie alla pittura, una casa a chi fisicamente non la possiede. È questa la sfida che si propone la mostra La dolce vita, la personale di Michele Bellini a Casa Vuota a Roma curata da Francesco Paolo Del Re e Sabino de Nichilo, che verrà inaugurata giovedì 4 luglio alle ore 18.30 e sarà visitabile fino al 22 settembre. L’esposizione presenta un ciclo di lavori realizzati dall’artista nell’ultimo anno che bene si intona allo spirito di Casa Vuota. Al centro troneggiano sei ritratti a grandezza naturale, olio su tela, che sono accompagnati da altri dipinti, ma anche da bozzetti e disegni a carboncino.
«I protagonisti dei ritratti – spiegano i curatori Francesco Paolo Del Re e Sabino de Nichilo – si chiamano Massimo, Vittoria, Angelina, Staneva, Leonardo e Paolo e sono sei tra le tante persone che vivono sotto il cielo di Roma e che le circostanze della vita hanno portato a non avere un domicilio stabile. Essi trovano a Casa Vuota, con la pittura di Michele Bellini, la casa che non hanno. Bellini li chiama pittoricamente per nome, si immerge nella loro vita – una dolce vita nonostante tutto – e li porta ad abitare con sé in quella grande casa che è la pittura stessa, usando le stanze di Casa Vuota come pretesto per scrivere un nuovo capitolo del suo progetto artistico dedicato alla vita, raccontata attraverso la materia e i volti della vita stessa. Il titolo felliniano rende palese l’omaggio a Roma, ai suoi abitanti, alle sue strade e alle sue storie. Di questa Roma sospesa tra magnificenza e decadenza Michele Bellini è perdutamente innamorato, così come è innamorato della pittura e dei pittori, con una particolare predilezione per il realismo e la ritrattistica sviluppata a cavallo tra XVII e XIX secolo, di cui è raffinato conoscitore e consapevole cultore».
Dichiara Michele Bellini: «È stato un lavoro davvero intenso, sotto ogni punto di vista, e mi ha segnato e formato come nessuna esperienza simile in passato. La serie di lavori che ho realizzato per Casa Vuota mi ha permesso di comprendere quanto necessari (nonché contradditori) siano l’identificazione nei temi che un artista vuole narrare e il distacco da essi. Mi sto ancora chiedendo cosa ho fatto, come è andata e che cosa avessi da dire su uno dei soggetti più trattati nella storia dell’arte. Le domande sono maggiori delle risposte, ma per me questo progetto è importante perché ho sempre sentito un’affezione verso chi ha meno da offrire e ho scelto di ritrarre queste persone nel modo in cui di solito la pittura che ho amato ritraeva la nobiltà».