Forgery of Reality (Falsificazione della Realtà), la prima mostra italiana di Deng Shiqing alla C+N Gallery CANEPANERI
La falsificazione della realtà è una pratica comune. Lo è stato prima della tecnica e dopo, con la fotografia, e con il primo falso della storia, l’autoritratto come annegato di Hyppolite Bayard. Un’immagine artefatta, costruita appositamente. Oggi la falsificazione è ancora più spinta, per questioni tecnologiche e antropologiche. Per via dei nuovi strumenti tra l’uso dei social con le infinite possibilità di artificio che ci consentono, la realtà aumentata, l’intelligenza artificiale. Senza sottovalutare il ruolo che hanno sempre avuto sulle società, le tecniche di manipolazione delle masse più facilmente suggestionabili e influenzabili.
Intorno ad alcune riflessioni sul concetto di falso, del valore delle opere e dell’autorialità, si sviluppa Forgery of Reality (Falsificazione della Realtà), di Deng Shiqing, alla galleria C+N Gallery CANEPANERI, curata da Charles Moore di base a New York. Una mostra ben fatta, che presenta un’artista giovanissima ma ben consapevole delle sue capacità tecniche, senza però prendersi troppo sul serio. Un atteggiamento evidente in cui l’ironia, le distorsioni pittoriche quasi caricaturali, il richiamo esplicito ai simboli della storia dell’arte e ai suoi maestri, sono il segno intelleggibile di una formazione accademica estremamente rigorosa.
Sono una quindicina le opere della nuova serie prodotta, che l’artista cinese, ma americana d’adozione, mettono a nudo una questione squisitamente tecnica e una più commerciale, che ruota intorno al sistema dell’arte. Partendo dal documentario relativo al caso del “Salvador Mundi”, visto su HBO, l’emittente televisiva privata della Warnes Bros. Era il 2017 quando un’asta da record da Christie’s batteva l’opera più costosa al mondo, attribuita a Leonardo da Vinci. Venduta da un oligarca russo e acquistata, si scoprirà in seguito, dal principe ereditario dell’Arabia Saudita da destinare al Louvre di Abu Dhabi. Un’opera mai esposta e a oggi non è nota la sua collocazione, per via di dubbi e misteri intorno alla sua autenticità.
L’esito di Forgery of Reality (Falsificazione della Realtà) è una narrazione surreale, giocosa e divertente. Perché è questo l’intento del suo lavoro, far sorridere lo spettatore. Le tele, soprattutto di grandi dimensioni, si presentano impeccabili nelle loro rappresentazioni. È manifesto un certo classicismo del gesto e della forma, che rimanda alla storia dell’arte. Così è facile vedere apparire sulla tela di lino un libro con il “Salvador Mundi”, che dà il titolo alla sua prima mostra italiana, sorretto da una giovane ragazza, piuttosto che l’orinatoio di Marcel Duchamp, la Monnalisa e Salvador Dalì, tutti insieme in “Lisa Family”.
La simulazione di una temporalità della pittura è presente nel dipinto “Fake Ass”, in cui la tela presenta le ragnatele del colore spaccato, e un bastoncino per il restauro che agisce sui volumi torniti del nudo raffigurato. La pittura è sicura, il tratto delinea le curve precise dei corpi, con ombreggiatura, punti scuri e illuminazioni. Si legge la perfetta conoscenza e la pratica degli studi accademici compiuti in Cina, dell’anatomia frutto di tante ore di copia dal vero, e della riproduzione dei maestri. Un approccio meticoloso, impostato, che rimane come fondamento nel suo lavoro, anche laddove il guizzo creativo agisce con storpiature, alterazioni e camuffamenti. Altresì, in quel caso si rileva una precisa volontà creativa che Deng Shiqing mette in campo, a partire soprattutto dalla sua stagione americana, in cui è sottoposta alla ricerca di una libertà nella espressiva, sperimentando tecniche diverse, non solo la tradizionale pittura a olio ma gli acrilici, e contenuti visti da nuove prospettive.
Ancor più brillante la scelta di operare una critica nei confronti dell’identità, probabilmente sulla scorta del suo essere migrata da un luogo a un altro. Identità sancita attraverso i documenti, come testimonianza di una categorizzazione culturale e geografica. Ipotetici passaporti, carte identificative degli artisti, con le firme opportunamente falsificate come in “Fake it but you will never make it”, piuttosto che il pass per l’ingresso alla fiera Art Basel Miami di Rembrandt. Ma anche gli involucri dell’IPhone che giocano attraverso i titoli con le case d’asta in cui “Fakeby’s, raffigura un paesaggio di Van Gogh, mentre “Fakstie’s” il ritratto di una delle bellissime dame del Pollaiolo.
Deng Shiqing ci porta all’interno di un territorio spinoso dell’arte, criticandone i suoi costrutti stessi. Mette in luce gli aspetti controversi della copia e quindi dell’autore, e allo stesso tempo interpreta tematiche della contemporaneità, come la questione identitaria e culturale. Ma non lesina nel rilevare le criticità nell’attribuzione di un valore delle opere, in quanto “merci particolari”, che devono sottostare anch’essa a pratiche commerciali. Ma lo fa con la leggerezza di un’artista della sua età, e con l’intelligenza emotiva e creativa, che sono il segno distintivo della sua ricerca.