Anche i giochi olimpionici di Parigi, inaugurati il 26 agosto, sono stati scossi da una serie di polemiche, che hanno riguardato temi come l’identità culturale occidentale e cristiana, i diritti civili, l’inclusività: a suscitare scandalo è infatti stato l’accostamento, poi smentito dal direttore artistico Thomas Jolly, tra la performance artistica di apertura dei giochi, da lui diretta e voluta, dal sapore fortemente kitsch e surreale, che ha inaugurato i Giochi, nel quale si vedeva un baccanale con protagonisti drag queer, e L’ultima cena di Leonardo (il riferimento, spiegherà in seguito Thomas Jolly, era in realtà ai baccanali degli dèi greci, in tema con i giochi olimpici, descritti nelle grandi epopee mitologiche). Attaccato dall’estrema destra, oltre che dalla Conferenza episcopale francese e dell’arcivescovo di San Francisco, il direttore artistico Thomas Jolly si è difeso così: “Non volevo essere sovversivo, né scioccare nessuno. Semplicemente, in Francia abbiamo il diritto di amarci, come vogliamo e con chi vogliamo”, ha detto, “abbiamo il diritto di credere o di non credere. Ieri sera, abbiamo messo in scena semplicemente le idee repubblicane, di benevolenza e di inclusione”.
Ma chi è Thomas Jolly e qual è stato il suo percorso artistico? Dichiaratamente queer, Thomas ha esplorato spesso le tematiche LGBTQIA+ nel suo lavoro teatrale. Vediamo allora quali sono state le tappe principali della sua formazione e della sua carriera di regista e di attore.
Prime esperienze e bullismo omofobico
Figlio di un tipografo e di un’infermiera, Thomas nasce nel febbraio del 1982 a La Rue-Saint-Pierre, un piccolo villaggio della Senna Marittima senza teatro né opera. La sua passione per il teatro inizia però fin da giovanissimo: i suoi anni alle scuole medie vengono segnati da molestie ed episodi di bullismo omofobo: spinto nei corridoi, chiuso nei bagni, spogliato e insultato da persone che volevano sapere se era un maschio o una femmina. Questo, però, ha in qualche modo forgiato la sua ostinazione nel non piegare la testa e anche la sua identità artistica: “Le molestie a scuola”, ha confidato a un giornale francese, “non hanno fatto altro che rafforzare quello che volevo essere. È ovviamente un’esperienza molto dura essere vittima di molestie. Ma la cosa sorprendente è che mi sono subito detto: ‘Non sono adatto al tuo modello, ma questo non significa che cambierò. In realtà, devi fare tu il modo di includermi nel tuo mondo. Se il tuo mondo non è abbastanza grande per includermi, sei tu ad avere il problema, non sono io”. Il teatro, a quel punto, diventa per lui uno spazio di libertà ed espressione, ma anche uno sfogo.
All’età di 11 anni entra a far parte di una compagnia teatrale per bambini a Rouen, capitale della Normandia: questa esperienza, seppure precocissima, lo segnò profondamente e confermò le sue ambizioni artistiche. Dopo una laurea in arti dello spettacolo presso l’Università di Caen, entra a far parte della scuola del Théâtre national de Bretagne di Rennes, perché amava gli spettacoli di Stanislas Nordey, direttore didattico dell’istituzione.
Sarà solo nel 2006, all’età di 24 anni, che Jolly inizia a sentirsi veramente sicuro di sé: assieme a un gruppo di amici, giovani attori come lui, fonda una propria compagnia, La Piccola Familia, con la quale dirige la sua prima produzione: Arlequin poli par l’amour di Marivaux, che gli vale molte ottime critiche.
Due anni dopo, ottiene il suo primo riconoscimento, vincendo il premio del pubblico al festival Impatience (un festival di teatro emergente molto conosciuto in Francia), con la produzione di Toâ del commediografo e attore francese Sacha Guitry, un’esilarante commedia degli equivoci in cui vita privata e scena teatrale si mescolano.
Il Successo con Enrico VI di Shakespeare
Ma sarò solo nel 2014 che Jolly svolterà veramente dal punto di vista artistico. È infatti in quell’anno che deciderà di mettere in scena un progetto titanico: una maratona teatrale di diciotto ore, al Festival di Avignone, per una interpretazione contemporanea dell’Enrico VI di Shakespeare. Sarà grazie a questo spettacolo assolutamente originale e dalla portata eccezionale, che Jolly si guadagnerà un Molière per la miglior regia, il premio più ambito per il teatro francese. Con questo spettacolo fuori dagli schemi e fuori dalle righe, Jolly rompe le convenzioni teatrali mettendo in scena un’epopea che pare infinita sulla vita di Re Enrico VI, offrendo a una “comunità effimera” di attori e pubblico un’esperienza unica: tre opere teatrali, centocinquanta personaggi per raccontare guerre e conflitti familiari in un’epoca di sconvolgimenti, mescolando tutti i generi, dal burlesque alla tragedia. Un’anticipazione, forse, del coraggio e dell’anticonvenzionalità con cui affronterà la performance di apertura dei Giochi Olimpici, che tanto scandalo ha provocato negli ambienti più conservatori e oscurantisti della destra cattolica francese.
Ancora testi classici rivisitati
Evidentemente, il fascino del teatro classico, rivisitato in chiave molto contemporanea, è una delle costanti di Thomas Jolly. Eccolo ad esempio di nuovo al Festival di Avignone, nel 2018, con una interpretazione, come regista e attore, della tragedia di Seneca Tieste, dalla trama spaventosa e dalle tinte horror: infatti, la storia ruota attorno alla vendetta di Atreo contro il fratello Tieste, che gli aveva sottratto il trono di Micene, al quale Atreo uccide i figli, cucinandone le carni. Jolly, in abito giallo e con una corona verde in testa, interpreta il “mostro” Atreo, in un’atmosfera folle e allucinata: “invece di concentrarsi sull’orrore di un padre ingannato a ingoiare i suoi figli in una zuppa, Jolly sposta l’attenzione sugli innocenti coinvolti in questi drammi tra fratelli. Quando un coro di bambini riempie l’enorme palco del cortile d’onore del Palazzo”, scriverà un giornale, “alcuni incappucciati come supereroi, altri in tutù e abiti floreali, essi diventano un simbolo di tutto ciò che è stato perduto. L’inganno spietato di Atreo nei confronti di Tieste sembra più un crimine contro l’umanità che la trama di un dramma teatrale”.
Dal classico al cyberpunk
Ma non sono solo i testi classici a sedurre Thomas Jolly. Eccolo ad esempio, nel 2022, a replicare un classico del teatro-musical francese cyberpunk degli anni Settanta: Starmania. Creata nel 1976 con le musiche del francese Michel Berger e i testi dell’autore franco-canadese Luc Plamondon, Starmania è stato un fenomeno cult in Francia. La trama mescola amore, morte, politica, potere e rivoluzione, sullo sfondo di una città immaginaria, Monopolis, capitale dell’Occidente, vittima degli attacchi terroristici delle Stelle Nere, tra studentesse rivoluzionarie, un miliardario candidato alla presidenza con un programma di ritorno all’ordine (vi ricorda qualcosa?), giornalisti e appassionati di musica punk. “Starmania”, ha raccontato Jolly, “è un lavoro ibrido, che articola più discipline tra cui musica, testo, scena, danza; diversi formati, alcuni ancorati alla cultura francese ed europea, all’opera, alla tragedia… diversi registri, che vanno dalla fantascienza, molto presente nel progetto originale, al realismo, con i locali, le periferie… La mia sfida principale è tenere conto di tutte queste ibridazioni, che rendono la profondità dell’opera e riequilibrarne i valori”.
Dopo Starmania, ecco alle prese con una rivisitazione di Romeo e Giulietta nel 2023, all’Opéra Bastille, a Parigi. Ma le ambizioni eclettiche di Thomas Jolly sembrano non fermarsi mai: “Adoro raccontare storie e ci sono mille modi per metterle in scena”, ha detto in un’intervista. “Mi piacerebbe un giorno cimentarmi nel cinema, come attore o regista. Mi piacerebbe anche fare il direttore artistico di un videogioco, ambito ormai assurto a livello artistico. La serie affascina anche me. Ma resterò fedele al teatro che non lascerò mai”.
La cerimonia dei giochi: Gli dei dell’Olimpo, non l’Ultima Cena
Dopo forti critiche riguardanti alcuni passaggi della cerimonia di apertura dei Giochi, Thomas Jolly ha difeso a spada tratta la sua creazione. Il direttore artistico ha infatti negato, domenica 28 luglio, di essersi “ispirato” all’Ultima Cena nella sua performance principale e più contestata, intitolata Festivité, che ha tanto scioccato l’estrema destra e l’episcopato cattolico. La Conferenza episcopale di Francia (Cef), ad esempio, ha deplorato sabato “scene di derisione e di scherno del cristianesimo”. Ma Jolly ha decisamente negato l’accostamento con L’Ultima cena: “Non è stata una mia ispirazione”, ha risposto Jolly. “Penso che fosse abbastanza chiaro, c’è Dioniso che arriva su questo tavolo. Perché è lì? Perché è il dio della festa, del vino, e padre di Sequana, dea legata al fiume”. Molti, nel frattempo, hanno ricordato che la fonte iconografica poteva rintracciarsi nel quadro di Jan Harmensz van Bijlert del 1635, che rappresenta appunto un Festino degli dèi con tanto di Dioniso in primo piano intento a mangiare dell’uva. Proprio come avvenuto nella performance di Jolly.
“L’idea”, ha continuato il regista, “era piuttosto quella di organizzare una grande celebrazione pagana legata agli dei dell’Olimpo… dell’Olimpo… dell’Olimpismo”, ha continuato, specificando: “Si è trattato di un matrimonio tra valori universali e identità francese”. Un matrimonio queer, forse, e non proprio tradizionalista: ma certamente, nulla di blasfemo né di tanto scandaloso. La Francia migliore, quella più libera, più inclusiva e più aperta, è andata in scena per aprire i Giochi olimpici. Ci auguriamo che sia questa la Francia di domani.