“Bene”, esordì Athena in mezzo al silenzio generale. “Facciamo un bel PEV“. Sullo schermo si materializzarono due volti identici, uno ripreso di fronte e l’altro di profilo. L’ATM, Assistente Tecnico Motori, diede un ultimo colpetto di frizione sulla tastiera che aveva davanti e disse: “Ecco. Questo dovrebbe essere il Profilo Elettronico Visuale che si avvicina di più alla realtà”. Tutti rimasero sbigottiti dalla precisione dei dettagli: il Sospetto era raffigurato in maniera assolutamente precisa. Era un droide di circa due mesi, di struttura complessa, dal portamento che ricordava una razza scomparsa ormai da centinaia d’anni denominata gli Antichi Centometristi.
Se ne stava chino sulle due zampe anteriori, pronto a scattare appena una qualche sorta di Arbitro avesse dato il “via”. Lo stato maggiore dell’Azienda la stava ascoltando in religioso silenzio. Poi il Presidente – un vetusto essere umano talmente pieno di pezzi di ricambio da sembrare un droide mal riuscito – disse: “Cosa può dirci della sua Psicologia Elettronica?”.
Athena assunse un’aria davvero professionale. Del resto, questo era il suo punto forte. Il guaio, semmai, sarebbe stato come diavolo riuscire a scovarlo, tra milioni di droidi immessi sul mercato negli ultimi cinque anni, da quando la Legge M.A.U., quella sulla regolamentazione dei Motori dall’Aspetto Umano, era entrata in vigore in tutto il mondo.
“Caratterialmente”, disse Athena schiarendosi la voce, “sembra un soggetto non privo di un suo Autocontrollo Interno piuttosto saldo, nonché dotato di una buona dose di Etica Programmata Cosciente. Direi che è proprio questa sua caratteristica a renderlo diverso, atipico rispetto ai cyber serial killer finora conosciuti. Fin adesso, infatti, la casistica si limitava a un paio di disfunzioni dei Ricettori Interni, che erano la causa principale della pulsione omicida in quasi tutti soggetti studiati, nonché di una tutt’altro che rara forma di Depressione da Carenza di Funzionalità, presente soprattutto nei motori in via di rottamazione e dovuta solitamente a una mancanza di Scopo Finale, che come sapete è la patologia più difficilmente curabile nei droidi di tipo A”.
Athena fece una pausa ad effetto, e studiò la reazione degli ascoltatori alle sue parole. Ma nessuno disse niente. Così continuò: “Il droide in questione non rientra sicuramente nel secondo gruppo, essendo di fattura piuttosto recente – si calcola che sia stato messo in circolazione non più di sei settimane fa – e perfettamente in grado di controllare le proprie disfunzioni interne con il Metodo Auto-Reverse, di cui è dotato al cento per cento della sua funzionalità. Riteniamo quindi che si debba trattare di una patologia, di tipo psicologico o meccanico, del tutto nuova, che richiede alla mia equipe almeno altre 24 ore di tempo per essere analizzata”.
Un brusìo corse per la sala. Athena sapeva che la richiesta era inconsueta, e rischiava di inimicarle l’intero staff presidenziale – dal momento che, in quell’ arco di tempo, il droide avrebbe potuto arrecare molti danni al Sistema dell’Azienda. Ma non aveva scelta. O le davano altre 24 ore, o non avrebbe potuto nemmeno sperare di cominciare a risolvere il caso.
Dopo un attimo di esitazione, il Presidente disse: “Va bene. Ha altre 24 ore. Ma stia attenta. Non le concederemo un minuto in più. Entro le undici di domani mattina, questo miserabile droide dev’essere stato messo in condizione di non nuocere. O ne risponderà lei personalmente”.
Athena sentì un brivido di tipo 612 B correrle lungo l’elettrocervicale. Era il segno che il suo celebre corpicino stava già preparandosi a quello che le sarebbe toccato se non fosse riuscita a portare a termine il suo compito. Avrebbe avuto anche lei un posto in prima fila al Supermercato dei Motori, reparto Rottamazioni & Affini.
(Illustrazioni di Alfonso Umali / AI)
2 – continua
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