Bruegel il Vecchio e quella gente che non voleva proprio uscire dalla chiesa

In questa rubrica vi raccontiamo storie, aneddoti, gossip e segreti, veri, verosimili o fittizi riguardanti l’arte e gli artisti d’ogni tempo. S’intende che ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti sia puramente casuale…

Jan Bruegel il Vecchio, figlio di Pieter Bruegel il Vecchio, fratello minore di Pieter Bruegel il Giovane e padre di Jan Bruegel il Giovane (talmente ramificato è l’albero genealogico dei Bruegel, che raccapezzarcisi è un rompicapo); il quale Bruegel, va detto, fu chiamato anche “Bruegel dei velluti” per la sua predilezione per gli abiti in velluto, che indossava spesso, se non sempre (ma, in altri momenti e da altre fonti, fu detto anche “Bruegel dei fiori” e “Bruegel del Paradiso”, in virtù del suo amore vuoi delle nature morte, vuoi dei suoi soggetti sacri); ebbene, questo Bruegel, che, a differenza di Bruegel padre, non amava dipingere le consuete scenette di vita quotidiana dei suoi paesani, con cui noi siam soliti riconoscere lo stile dei Bruegel in generale, capitò un giorno che dipingesse invece una bella chiesuola, tutta sola soletta in mezzo campagna, per un committente assai pio e devoto che ne aveva appunto fatta richiesta.

Anthony van Dyck Ritratto di Jan Brueghel il Vecchio

Quando il committente vide il quadro, però, benché stesse già per metter mano alla scarsella per tirar fuori il conquibus onde pagare l’opera, a un tratto storse il naso.

“Il quadro è bello”, ammise. “Mi giunge solo una piccola perplessità…”, cominciò, mellifluo.

“Dica, dica”, rispose Bruegel, carezzandosi il panciotto, anch’esso di velluto s’intende.

“Non si vede neppur una figura!”, proruppe infine quello, indispettito. “Ha forse dimenticato di dipingerle, signore, o ha forse voluto ritrarre una scena nella quale la gente s’è stancata dei suoi doveri verso nostro Signore?”.

Hendrik van Steenwijck il vecchio e Jan Brueghel il Vecchio Interno della Cattedrale di Anversa 1586 Pinacoteca Biblioteca Ambrosiana Milano

Bruegel, preso alla sprovvista, pensò bene di far dello spirito: “No, no”, rispose. “Non le ho dimenticate, tutt’altro. È che, capisce, son tutti a messa, dunque non li si può vedere…”.

“Bene”, chiosò il compratore, rimettendo a posto il borsellino. “In tal caso, ripasserò quando saranno esciti”. E detto questo, infilò la porta, e se ne andò.

Le puntate precedenti degli aneddoti sulle vite degli artisti le potete trovare qua:

Picasso e quella strana passione per il bagno

Manet, Monet e quel giudizio velenoso su Renoir

Annibale Carracci, i tre ladroni e l’invenzione dell’identikit

Quando Delacroix inventò l’arte concettuale

Il senso di Schifano per la logica e per gli affari

Gentile Bellini, lo schiavo sgozzato e il mestiere della critica

Bacon e il giovane cameriere bello come il Perseo del Cellini

Filippo Lippi, quando l’arte lo salvò dai turchi

Turner: il mio segreto è disegnare solo ciò che vedo

Renoir e il fuggitivo di Napoleone III travestito da pittore

Di quando Renoir fu scambiato per una spia

Renoir e la politica del turacciolo

Corot, il falso Corot e la crociata contro gli Albigesi

Tamara de Lempicka e D’Annunzio, di un ritratto mai fatto e di un amplesso mai consumato

Modigliani e quell’affresco sparito da Rosalie di Montparnasse

Prassitele e il trucco della cortigiana Frine

Il prossimo aneddoto sulla vita degli artisti lo trovate qua:

Di Vedova e Turcato, e di un wc intasato

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