Barcolana 2024, parla il designer Stefan Sagmeister: “La bellezza? Influisce sul nostro stato d’animo”

Quest’anno per il manifesto della 56ma edizione della Barcolana – in programma il 13 ottobre 2024 nel Golfo di Trieste, preceduta da eventi che avranno inizio il 4 ottobre –  è stato scelto uno dei più importanti designer dei nostri tempi, Stefan Sagmeister. Il concept del manifesto nasce dal progetto “Beautiful Numbers” che Sagmeister ha presentato per la prima volta nel 2021, in piena epoca Covid, presso la Thomas Erben Gallery di New York. Un’ispirazione che si è evoluta nel tempo e che ha accompagnato il designer negli ultimi anni fino a diventare la sua cifra artistica, la base concettuale del suo intenso lavoro.

Eccovi un’interessante conversazione con questo grandissimo, generoso (recensisce lavori di giovani designer sui suoi canali social) artista-designer, difficilmente etichettabile,  il  cui grande merito sta nel coraggio di mantenere un approccio positivo al progetto anche in tempi difficili come quelli attuali.

Nell’infografica che racconta la Barcolana 56 attraverso lo sviluppo del numero degli iscritti negli ultimi 54 anni i “beautiful numbers” si appoggiano sulla riproduzione di un antico ritratto femminile. Un modo interessante di collegare passato e presente, arte e design. Perché anche l’estetica ha un ruolo importante quando si vogliono comunicare dei dati?

Ho scoperto attraverso l’esperienza che se prendiamo seriamente aspetti come forma, colore e composizione e passiamo molto tempo a perfezionarli, il risultato funzionerà molto meglio. Inoltre, è semplicemente un piacere cercare di offrire qualcosa di bello al mondo invece di aggiungere alla sua bruttezza.

Cosa significa per te la collaborazione con illycaffè per il Manifesto Barcolana 56?

Bevo tra le 10 e le 12 tazze di espresso al giorno. Direi che è la collaborazione migliore che potessi desiderare.

Beautiful Numbers nasce nel 2020 con l’obiettivo di evidenziare come i media a breve termine comunichino erroneamente un mondo in perenne crisi e come invece, con una prospettiva a lungo termine (di 200 anni circa) quasi ogni aspetto sembri migliorare. Questo approccio ottimista è senz’altro utile per sfatare gli inutili allarmismi quotidiani. Tuttavia negli ultimi anni sono accadute molte cose, nuovi conflitti hanno acuito lo scontro tra le democrazie e i regimi autoritari, i cambiamenti climatici sono aumentati…  Sei  ancora della stessa idea?

Sì, assolutamente. Ho tenuto una presentazione a Lviv, in Ucraina, due anni dopo l’inizio della guerra. Il riscontro è stato così forte e positivo che ho appena firmato un accordo con un editore di Kiev per pubblicare il libro in ucraino e contestualmente stiamo cercando di capire come portare lì la mostra “Beautiful Numbers”. In Israele e a Gaza, molti dei miei amici da entrambe le parti del conflitto pensano che la situazione sia assolutamente senza speranza e che dopo tanti anni non ci sarà mai una soluzione. Io credo che una riflessione a lungo termine possa portare un po’ di speranza anche in questa situazione: gli inglesi e i francesi si sono fatti una guerra sanguinosa per oltre 100 anni, ma se oggi andassi nelle zone pedonali di Londra e Parigi e chiedessi alle persone se pensano che sia una buona idea bruciare le scuole in Inghilterra o bombardare gli ospedali in Francia, non troverei nessuno favorevole.

Sei stato recentemente criticato per un post su Instagram in cui si utilizza l’IA – che consuma un’enorme quantità di energia – per visualizzare una preoccupante statistica del 2018 sui rifiuti dei viaggi aerei. Come rispondi a queste critiche?

Sul mio account instagram, critico i lavori che giovani designer mi inviano chiedendo una recensione. Ho recensito il lavoro di uno di questi artisti che aveva usato l’IA. Alcuni pensano che non dovrei nemmeno recensire un lavoro del genere. Non sono d’accordo. E per essere assolutamente chiaro: io non ho mai usato l’IA in nessuno dei miei lavori pubblicati.

Viviamo immersi in ambienti totalmente progettati, in questo senso, come affermi, è molto importante che il progetto sia di qualità e che tenga conto del fattore estetico, non solo di quello funzionale. In che modo la bellezza può influenzare il nostro umore e rendere le nostre vite più felici?

La bellezza può certamente influenzare il nostro stato d’animo e avere un impatto sul nostro comportamento. Lo posso sperimentare ogni giorno nel mio quartiere qui a New York: quando guardo la Highline, mi accorgo che nessuno butta mai via neanche un bicchiere di carta, semplicemente perché l’ambiente è bellissimo. A 10 metri di distanza invece, nel Meat Packing District, c’è un sacco di spazzatura nei canali di scolo.

La  Highline è davvero un progetto perfettamente integrato e riuscito sia dal punto di vista architettonico che urbanistico. Hai detto che “Il design funziona attraverso i clienti”, l’arte invece “funziona attraverso le gallerie”, tuttavia il tuo “lavoro a bassissima funzionalità” sembra esplorare costantemente il confine tra questi due mondi. Quanto ha influito in questo approccio il tuo rapporto con Louise Bourgeois?

Purtroppo non sono mai stato un apprendista della signora Bourgeois, sono solo stato a casa sua una sera per far esaminare il mio lavoro. In realtà, è stata lei a influenzare il fatto che io recensisca i lavori di giovani designer su canali social come Instagram. Per quanto riguarda l’esplorazione dei confini tra il mondo dell’arte e quello del design, credo che la mia formazione in design a Vienna abbia giocato il ruolo più importante, poiché era ancora fortemente improntata sulla Wiener Werkstätte, dove tutti gli artisti erano anche designer: Klimt, Schiele e Kokoschka disegnavano con orgoglio manifesti.

Nel 1996 il manifesto pubblicitario che annunciava l’uscita dell’album “Set the Twilight Reeling” riportava sul viso di Lou Reed i titoli e i testi delle sue canzoni. Questo interessante lavoro mi ricorda la serie Women of Allah di Shirin Neshat, che usciva proprio in quegli anni, per caso ti sei ispirato a quella?

All’epoca ero appena andato a una mostra a Soho dell’artista mediorientale Shirin Neshat. Usava caratteri arabi scritti su mani e piedi: era molto personale. Quando sono tornato e ho letto il testo di Lou per Trade In, una canzone molto intima e personale sul suo bisogno di cambiare, ho pensato di utilizzare le sue stesse parole scritte sul suo viso.

Perché credi che viviamo nel periodo più interessante della storia?

Se guardiamo agli sviluppi del mondo da una prospettiva a lungo termine, quasi tutti gli aspetti dell’umanità sembrano migliorare. Meno persone soffrono la fame, meno persone muoiono in guerre e disastri naturali, più persone vivono in democrazie – e vivono molto più a lungo rispetto al passato.

Se potessi tornare in un’epoca passata, quale sceglieresti?

Nessuna. Preferirei piuttosto viaggiare nel futuro.

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