“Time exists in the minds” è l’opera di Gregory Mahoney che apre il percorso espositivo della mostra “Nel Tempo”, in corso fino al 6 gennaio 2025 negli spazi della Villa e Collezione Panza.
Sin da subito viene messo in evidenza il concetto di tempo, la sua esistenza in relazione alla sua relatività e alla percezione che ne abbiamo all’interno delle nostre menti. Si aprono così una serie di domande e di riflessioni grazie alle opere presenti, sostenute anche da una serie di citazioni di autori, filosofi, letterati, diffuse lungo il percorso.
“Non so cosa sia successo al tempo. Se sia esploso tutto d’un colpo, se si sia lentamente riempito di fessure sempre più sottili fino a sbriciolarsi, se si sia deformato, contorcendosi, accartocciandosi, aggrovigliandosi su se stesso” (Il Crollo del Tempo, Italo Calvino). Calvino esplora l’idea del tempo non come una realtà lineare e uniforme ma come qualcosa di fragile, soggetto a trasformazioni, deformazioni e rotture. L’immagine del tempo, solitamente continua, stabile, è messa in discussione. Che questo sia dovuto ad una rottura improvvisa o a causa di un dissolversi lento e graduale ha poca importanza, quell’immagine perde comunque la sua forma originale, accartocciandosi come un foglio di carta usato e stropicciato, creando un senso di disordine, confusione e tanti dubbi.
Siamo noi a dare e forma e sostanza al tempo? È il nostro pensiero che cerca di razionalizzare il tutto, dare un senso, scandire, trovare la necessità di incassellare lo scorrere degli attimi? È il visitatore a porsi molte domande, a volte grazie a ciò che si trova davanti, installazioni, fotografie, immagini, altre volte forse a causa di esse.
Cinque sezioni conducono il pubblico tra le opere di ventitre artisti provenienti dalla collezione di Giuseppe Panza di Biumo guidandolo attraverso il senso (del tempo), la durata (del tempo), i luoghi (del tempo), il rumore (del tempo) e l’esperienza (del tempo). Tutti gli artisti hanno affrontato in maniera peculiare e tra loro differente la questione del tempo e della sua percezione. I risvolti che ne emergono sono interessanti e diventano il cuore della mostra.
Un concetto difficile e complesso quello di tempo, la cui misura è in realtà ricca di sfumature e di possibilità. Lo spazio del tempo è rappresentato come vuoto o riempimento, ben visibile ad esempio nel lavoro di William Metcalf, Cube Suspended from a Point, “quasi un cubo magico se non fosse per quelle aperture che segano perpendicolarmente le superfici aprendo un vuoto, una distanza”.
Emerge la frantumazione del tempo in singoli attimi, come quelli catturati da Jan Dibbets nelle sue sequenze fotografiche o in lavori dove l’ossessione della misurazione del tempo viene portata alle estreme conseguenze e la sequenza progressiva del tempo lineare incalza. C’è poi la poesia del tempo, perché come scriveva Giuseppe Panza “i numeri hanno una poesia”. Basti osservare le sequenze matematiche progressive di Hanne Darboven dove la traduzione del sistema in un’immagine diventa pura armonia, quasi come leggere uno spartito musicale.
Il tempo diventa anche esperienza uditiva ad esempio nella sala dedicata alle opere di Piero Fogliati, con “macchinari” che generano effetti e suoni impensabili, coinvolgendo lo spettatore a livello multisensoriale.
Il tempo è fenomeno universale ma anche soggettivo: è quando il visitatore osserva l’opera che il tempo rallenta, perde la forma conosciuta e conduce chi osserva in un luogo senza tempo. A chiudere il percorso è la proiezione del film di Buster Keaton “Seven Chances”, un film muto del 1925. Scelta data dalla “straordinaria interpretazione dell’attore americano che, in sequenze comiche e surreali, trasferisce nel mezzo cinematografico il senso del tempo che la mostra ha raccontato al suo pubblico”.
L’arte contemporanea attraverso le opere degli artisti Vincenzo Agnetti, Michael Brewster, Pier Paolo Calzolari, Cioni (Eugenio) Carpi, Lawrence Carroll, Hanne Darboven, Grenville Davey, Walter De Maria, Stephen Dean, Jan Dibbets, Piero Fogliati, Allan Graham, Ron Griffin, Susan Kaiser Vogel, On Kawara, Joseph Kosuth, Gregory Mahoney, William Metcalf, Maurizio Mochetti, Franco Monti, Robert E. Tiemann, Franco Vimercati, Ian Wilson, si fa promotrice di un pensiero affrontato da molteplici autori ed artisti nel corso della storia e che continua ad essere vivo.
La mostra è un progetto di Gabriella Belli, curatrice delle attività espositive e culturali del FAI – Fondo Ambientale Italiano ETS, in collaborazione con Marta Spanevello. Le opere sono riallestite grazie alla ricchissima collezione di Giuseppe Panza di Biumo, che con le sue parole ha ispirato la mostra: “…era la scoperta del tempo, la vita non è eterna, tutto passa, finisce, corre necessariamente verso una conclusione, di cui vedevo solo il nulla, il nulla, parola terribile, non trovo una soluzione a questo problema angoscioso. Era definitivo, inevitabile… il tempo passa e tutto cambia, ma tutto può cambiare soltanto perchè prima esisteva una possibilità che ha fatto esistere il presente. Questo rapporto tra i fatti che succedono nel tempo, che i filosofi chiamano principio di causa, mi sembrava una certezza, una verità indiscutibile, dalla quale derivare altre certezze”.