Spunta (ancora) un altro Rembrandt. Venduto per 1,4 milioni di dollari

Si sa, la storia si ripete. Le attribuzioni idealizzate, illusorie, forse frettolose, sicuramente  “superficiali” giocano la loro parte e smuovono montagne di denaro.  

Dicembre 2023, Londra. Un’Adorazione dei Magi (ca. 1628), da poco attribuita a Rembrandt va in asta da Christie’s. Realizza quasi 14 milioni di dollari ($ 13.7 milioni).  

Maggio 2021, Amsterdam. Stessa Adorazione, ma non ancora attribuita al pittore di Leida, per il  momento risulta essere opera della sua “cerchia”. Realizza quasi un milione, un successo a confronto con i 10/15 mila dollari della stima. Qualcosa si stava muovendo. La paternità del dipinto di Rembrandt fu contestata per la prima volta dallo storico tedesco Kurt Bauch nel 1960, che mise un asterisco nella sua pubblicazione sottolineando che lo conosceva  solamente da una fotografia in bianco e nero. Tuttavia, questa fu probabilmente la base per cui nel 1979 lo studioso Werner Sumowski iniziò a considerare erroneamente l’opera come uno “studio work”. Da quel momento in poi non fu più un Rembrandt, finché non riemerse durante l’asta olandese di Christie’s. 

15 Novembre 2017. New York City, 20 Rockefeller Plaza. Non una data qualsiasi, né un luogo come tanti. Ci troviamo nella sede newyorkese della più importante casa d’aste al mondo durante la vendita all’incanto regina della stagione, Post-War & Contemporary Art Evening Sale. L’opera più famosa, discussa e discutibile mai passata in asta, il Salvator Mundi, è la protagonista della serata. In questo caso le attribuzioni hanno fatto la storia, oltre che la differenza. Nel giro di quarant’anni l’opera è passata di mano tre volte e ha cambiato autore due volte e mezzo. La stima? Quella è aumentata di quasi mezzo miliardo in poco più di tre decenni. 

Ma veniamo ai fatti recenti

24 Agosto 2024. Thomaston, Maine. Una discreta e anonima costruzione in legno bianco e tetto spiovente è la sede di una casa d’aste di terz’ordine, la Thomaston Place Auction Galleries. Tra cianfrusaglie in legno e ottone, “porcellane” cinesi e addirittura motori fuoribordo consumati per girovagare tra la miriade di isolette che costellano la costa della regione, spunta fuori un misterioso ritratto di ragazza nello stile di Rembrandt van Rijn.  

Ritratto di ragazza, questo sarebbe il titolo dell’opera, è stato scoperto da Kaja Veilleux, fondatrice e banditrice di Thomaston Place, nella soffitta di una tenuta privata a Camden. L’opera raffigura un’adolescente vestita con un austero abito nero. Secondo Artnet News il dipinto è stato catalogato come realizzato “dopo” Rembrandt. Datato all’inizio degli anni Trenta del Seicento, periodo in cui l’artista supervisionava le commissioni di ritratti presso lo studio di Hendrick Uylenburgh ad Amsterdam. 

Tuttavia, sul retro del ritratto è apposta un’etichetta che lascia intendere che l’immagine potesse provenire dalla mano dello stesso Grande Maestro. La storia vuole che il dipinto, non ci è dato sapere quando, fu prestato al Philadelphia Museum of Art nel 1970. A quel tempo, secondo l’etichetta, il dipinto era attribuito allo stesso Rembrandt, anche se il Philadelphia Museum of Art ha affermato che tale etichetta non equivale ad una autentica (forse parte del milione e mezzo di dollari svolgono anche questa funzione). Il museo non è stato in grado di stabilire in quale mostra fosse stato incluso il dipinto. 

Alla fine, l’opera protagonista del nostro articolo è andata a un collezionista anonimo del Regno Unito per 1,4 milioni di dollari, nonostante persistano seri dubbi sulla sua autenticità. Questo non importa! In ogni caso non molti possono dire di essersi aggiudicati un “forse Rembrandt”, sicuramente nessun altro lo ha fatto durante un’asta a Thomaston, nel Maine.

Christie’s detiene attualmente il record per il Rembrandt più costoso (anche per il secondo) mai  venduto all’asta. Ritratto di un uomo con le braccia sui fianchi (1658) è stato venduto per 20,2 milioni di sterline (33,3 milioni di dollari) a Londra nel dicembre 2009. 

1 commento

  1. I grandi successi sono generalmente per i più audaci, ma anche le sconfitte e i fallimenti lo sono. Certo è che il denaro spesso agevola e supporta l’audacia stessa e ne favorisce il successo. Quale sia l’esito quando si mettono in moto certi meccanismi specie nel mondo dell’arte che conta veramente, il movimento di importanti capitali è alla base di ogni evento, piccolo o grande che sia. La domanda allora è: possibile che il vero business sia nella attribuzione di una più probabile paternità di un’opera e non nella definitiva e inoppugnabile autenticazione della stessa? Anche perché nel primo caso l’evento è reiterabile nel tempo e nei luoghi. Dal mio canto, nonostante i voli nello spazio, gli studi delle profondità oceaniche, l’intelligenza artificiale eccetera, analisi e tecniche di laboratorio, oltremodo avanzate, spesso non si applicano o non si da loro il giusto peso per porre fine ad annose ricerche per una inequivocabile collocazione di una qualsiasi opera d’arte. Eppure posso affermare che qua fuori ci potrebbero essere delle situazioni che rimangono al palo perché aldilà dell’audacia, a volte suffragata da prove concrete, e la forza nel perseverare collezionando fallimenti, è molto difficile o quasi impossibile bucare quel tetto di cristallo che sormonta il mondo della Grande Arte.

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