Il passaggio da “cult” a mito, e da qui a divinità, è complesso ma, quando avviene, è definitivo. Ma non tutti gli artisti, ovviamente, se lo possono concedere. Pensavo a questo guardando le immagini della recente sfilata di Dolce&Gabbana a Milano in cui, per la prima volta, scendendo dal suo impenetrabile regno, si è concessa Madonna, un nome quantomeno profetico. Contrariamente a ciò che accade oggi – quando chi fa moda cerca testimonial che possano “creare hype” – fu Madonna in persona, tanti e tanti anni fa, a scegliere, quali sarti della regina che già era, i due stilisti siciliani con una decisione che, a distanza di anni, possiamo facilmente intuire.
Se la storia artistica della Ciccone ha della favola, Dolce&Gabbana hanno sicuramente l’appeal dei sarti di corte che possono vestire con il giusto taglio la protagonista della Fairy Tale anche se, in questo caso, la regina non è nuda per nulla. A corredo di un nome e di un look mediterraneo – ma fertilizzato da una storia puramente americana – Madonna decise che il barocco siciliano – che il duo D&G ravviva da decenni sotto forma di vestiti – sarebbe stato parte integrante del suo stile che, sin dall’inizio, ha avuto un piede nel passato e uno nel futuro. Colei che ha inventato il pop che andava bene a tutti doveva essere, allo stesso tempo, icona per famiglie e trasgressione soft, cantante ma anche e soprattutto attrice, ed è così che ha costruito la sua mitologia, mattone su mattone, sino a trasmigrare, ancora in vita, nel pantheon delle divinità intoccabili.
Seguaci ne ha avute ma, a parte Lady Gaga, che ha dato un ulteriore contributo all’icona immarcescibile della “diva” poggiando anch’essa sulla leva del mare “nostrum”, nessun’altra artista ha mai osato calpestare il perenne red carpet che si srotola sotto i piedi di Madonna dalla mattina alla sera. Potremmo aprire qui un capitolo sul divismo, che sorge con Alessandro Magno il quale, già 300 anni prima di Cristo, si faceva accompagnare, nelle sue campagne militari, da biografi e scribani – più o meno gli inviati di guerra di oggi – e questo per far sapere al mondo come andava conquistando con destrezza le terre altrui edificando il suo mito, ma oggi, piuttosto, intuiamo facilmente che il divismo, nel tempo, è tracimato; ormai l’impalcatura pubblica di un personaggio dello spettacolo – al quale è impedito di andare in giro come un comune mortale stante la sua ingombrante notorietà e la famelica voglia dei “comuni” di superare la linea di guardia – è sostenuta dal durevole cemento armato dell’ignoranza, quella forma speciale di pensiero che porta a nutrirsi virtualmente della vita altrui anziché concentrarsi sulla propria.
Madonna è alle origini di tutto questo anche se, avendo oggi 66 anni, si avvale del tempo trascorso ad accumulare notorietà per poter oggi trascorrere una vita da diva senza più la necessità di fermarsi e fare il pieno al distributore di fans. Madonna non fa notizia, lei è la notizia. E arrivare un attimo prima che partisse la sfilata, quasi incutendo negli spettatori il timore di un Belfagor fuggito dal Louvre, e sedersi in prima fila, vestita e velata in volto, come una vera Madonna pagana, come un’icona maggiore della Santeria cubana, scortata da pochissimi fedeli eletti a interloquire con lei, ma non a toccarla, ha sicuramente offerto, agli occhi dei presenti e delle mille telecamere spianate su di lei, materia per una tesi di laurea sul divismo, il mistero che lo sorregge e le impalpabili dinamiche che ne regolano la sua indistruttibile inutilità.