Fuori misura, nella misura. A Capri la missione spaziotemporale dello Spaceman Shiny di Tincolini volge al termine

Dopo due mesi in piazzetta, azzurro e scintillante come i getti di acqua marina che si infrangono contro le rocce di Capri, il monumentale Spaceman Shiny di Filippo Tincolini sta per essere disinstallato definitivamente da quel luogo iconico, ma per chi ne avesse l’opportunità, sarà ancora fruibile fino alla fine di ottobre. Un‘installazione di circa 4,5 metri che dal 1° di agosto ha modificato la percezione tradizionale della piazzetta, integrandosi in totale armonia con le cromie azzurre del caldo paesaggio marino, generando curiosità e interesse da parte dei visitatori.

Il progetto Fuori misura, nella misura dell’artista toscano è un gioco di parole che mette a fuoco l’aspetto dimensionale di questo soggetto fantascientifico, che può cambiare le proprie misure a seconda degli spazi che occupa durante il suo viaggio di perlustrazione spaziotemporale.

Fuori misura è il colosso shiny, collocato all’esterno, in resina rifinita con un lavoro meticoloso di specchiatura tramite nitrato d’argento precipitato. Nella misura sono statue di 2 metri dello stesso soggetto e con la stessa tecnica, destinate agli spazi interni della galleria Liquid  Art System,  promotrice dell’evento.

Ancor più nella misura, da diventare fuori misura all’inverso, per riduzione, la serie Spaceman Shiny con una riproduzione seriale dello Spaceman in dimensione ridotta in scala, di 50 cm di altezza. La sfida di quest’ultima produzione è la diffusione negli spazi quotidiani, come oggetto di design esclusivo da avere in casa, curando nel dettaglio ogni aspetto del prodotto, dal packaging in legno, alla manipolazione dell’oggetto d’arte con guanti di cotone e il libretto con certificazione di autenticità (COA) inclusi nella confezione.

ph Laura Veschi

Assolutamente un pezzo d’arte contemporanea da collezione.

Oltre al brillante soggetto fantascientifico, che dà il titolo all’evento, in galleria sono esposti i lavori in marmo della più recente produzione di Tincolini, Flowered Soul ed Ancient Gods, in cui il mondo immaginario dei fumetti si fonde con la mitologia classica, pezzi come Flowered Slave, Bust of Hero, o Camazotz di una bellezza nuova.

Sulla poetica degli Spaceman:

Quello che cattura di Tincolini, è la sua capacità di tradurre il linguaggio classico in un idioma ultra-contemporaneo, sia dal punto di vista tematico, che dal punto di vista tecnico, unendo tecnica tradizionale e tecnologia di ultima generazione, specialmente nella fase progettuale e di elaborazione dei modelli. Le sue scelte sembrano essere condizionate da questo complesso confronto con la letteratura e la scultura classica, ma senza però tralasciare la propria appartenenza al mondo attuale, nutrendo la conoscenza storica con il paradigma del contemporaneo, corrotto dalla cultura pop, dalle tecnologie e dalle iper-cromie.

ph Laura Veschi

Questo è un modo di procedere senza dubbio corretto, in cui la sperimentazione non va a vuoto, indagando l’inesistente, ma procede su basi solide, che permettono una molteplicità di tentativi nella ricerca dell’innovazione del linguaggio, tramite l’utilizzo del digitale, della tecnologia 3D, sempre lasciando, da un punto di vista percettivo, la possibilità al fruitore di leggere un messaggio, tramite un codice figurativo decifrabile. Quella reintroduzione della figura che racconta l‘esistenza, tramite il filtro dell’immaginazione, come in un nuovo Ritorno all’ordine, a distanza di un secolo.

L’uomo dello spazio, sembra venire fuori da un film di Christopher Nolan, congelato in posizione eretta per via di qualche evento o visione indecifrabile, che genera una reazione di grande stupore. Vive una condizione sospesa tra il prima e l’ora, tra il ciò che è stato e quello che è adesso, dove adesso è già un futuro immaginato, distopico, perché no, possibile.

Nel momento in cui si osserva la verniciatura brillante e cromatica della statua di quattro metri, lo Spaceman sembra sorpreso, guardingo e alieno. Osserva lui stesso, non senza difficoltà, l’ambiente d’avanti a sé, alla ricerca di qualcosa di umano. Forse non c’è nulla più di umano intorno a lui, ci suggerisce la tuta, ma la flora ambientale è in piena iperattività, e le spore e i pollini che riempiono l’atmosfera, non più favorevole all’ossigenazione umana, favoriscono un’incontrollabile fioritura sulla visiera dello scafandro, manifestazione che richiama le origini naturali dell’esistenza e dell’esistere.

Una sensazione in parte vissuta dall’ultra-contemporaneo, quando la società umana si è ritrovata in uno stato di sospensione temporale, bloccata nelle proprie quattro mura domestiche a causa di un virus mortale, solo per l’uomo, che riempiva l’aria. In quei momenti la natura mostrava tutta la sua forza, riprendendosi centimetro per centimetro gli spazi a sua disposizione e di sua appartenenza, potente e rigogliosa, placabile temporaneamente solo tramite l’artificio umano dell’avvelenamento ambientale. 

In quegli istanti e solo nei momenti in cui questa forza si è manifestata, si è potuto realizzare quanto imponente potente fossa la natura, capace in qualsiasi istante di annientare la specie umana, che intanto continua a vivere come in Don’t look up. Mentre lo Spaceman cerca di osservare il circondario, impossibilitato da quel rigoglioso bouquet, noi osserviamo la sua tuta, riflettendoci inevitabilmente in essa. Il gioco contemporaneo dell’opera di spostare l’attenzione dal sé del soggetto ad un altrove.

ph Laura Veschi

Gli specchi, o più in generale il riflesso, hanno definitivamente modificato il rapporto tra fruitore ed opera, perché nel momento in cui lo sguardo individua lo specchio incluso nell’opera, non sta osservando più il soggetto in primo piano, ma sofferma l’attenzione su  ciò che è riflesso e sull’infinita serie di particolari e dettagli che si vengono ad evidenziare. Come Dioniso che tramite i frammenti di uno specchio scorge i Titani arrivare e di conseguenza la sua fine.

La divisa specchiante ribalta il nostro sguardo, rendendoci partecipi del nulla, o del tutto, che lo Spaceman sta cercando di osservare. Esattamente come l’opera siamo inermi, ma privi di tuta da astronauta che forse potrebbe difenderci dall’ossidazione del tempo, mentre si osserva e si subisce questo ambiente che sta inevitabilmente modificando i tessuti cellulari.

Bust of Dedalo Filippo TIncolini

Osservando la tensione psicologica che trasmettono i meravigliosi busti della serie Ancient Gods, viene da pensare che la superficie specchiante in Tincolini, che continuamente cerca di fissare la sensazione umana difronte all’inesorabile, il confronto con il sé (Bust of Dedalo, 2023), non sia una scelta estetica casuale, ma basata sulla conoscenza del tema classico del riflesso.

Ogni altro elemento che appare nello specchio mette in evidenza la propria centralità, ogni dettaglio, ogni oggetto, agisce, interferisce e modifica il tutto. Immobile, l’astronauta nella sua tuta riflettente, diventa lo specchio della condizione umana come parte di un insieme svelato, spesso sottovalutato a vantaggio di una tendenza all’ego ipertrofico.

Questo insieme offerto dal riflesso è composto da esseri viventi, animati o inanimati, materie inermi, oggetti e manufatti, in un gioco di scambio in cui soggetto ed oggetto, primo piano e sfondo  occupano lo stesso spazio e lo stesso tempo, manifestando entrambi qualcosa di centrale, che al suo interno contiene altri elementi che svelano ancora un’infinità di micro-cosmi, o monadi altrettanto centrali, importanti ed influenti. 

Flowered Slave

E tutto questo è sbalorditivo, perché oltre ad offrire la strada ad un umile esercizio continuo di confronto con il tutto, libera il pensiero aprendo delle porte per la riflessione sulla centralità dell’io, come succede con l’opera di Kapoor, Cloud Gate, in cui l’artista britannico va dritto al sodo aprendo questi varchi, senza utilizzare alcuna figura, ma delegando l’immagine rappresentata al solo riflesso, in una sorta di iperrealismo portato all’estremo e in cui nessuna rappresentazione artificiale viene delegata per la descrizione della realtà.

Nel progetto Spaceman Shiny di Tincolini, oltre alla bellezza della figura, al suo essere obiettivamente un modello esteticamente accattivante, c’è possibilmente tutto questo.  C’è una profonda riflessione sulla condizione umana, fattore che incrementa lo spessore poetico del prodotto artistico, aumentandone l’appeal.

Per questo motivo può valere la pena visitare una sua mostra: non sarà mai una cosa banale, così come può valere la pena avere una riproduzione dello Spaceman di 50 cm nella propria collezione di oggetti di arte. L’idea è ottima.

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