Per un’introduzione alla sticker art. Pt 2, Una storia dell’adesivo

Dopo aver definito il campo d’azione nel primo articolo di questa serie dedicata alla sticker art, possiamo iniziare ad approfondire l’argomento della sticker art, che sostanzialmente significa risvegliare la vista, attivare quell’automatismo psichico che secondo Guy Debord tende a nascondere dai nostri orizzonti quotidiani. Notare dunque l’onnipresenza degli adesivi è il primo passo di un percorso che intende far emergere generi, stili e pratiche che sovente si nascondono nel caos quotidiano ma che sono princìpi ispiratori per un cospicuo numero di artisti più o meno conosciuti.

Uno dei primi aspetti che mi hanno colpito è l’estetica con cui gli adesivi riescono a mostrare una certa forma di urbanità e con questo mi riferisco al fatto che non esiste locale il cui bagno non sia tappezzato di sticker di ogni forma e provenienza. Tuttavia il panorama si estende oramai dagli oggetti di uso quotidiano come etichette, francobolli, gadget, fino ai libri da collezione, agli innesti sui segnali stradali, sui pali dei semafori e pareti di ogni genere.

Tutti, dalle istituzioni pubbliche alle aziende, dai partiti politici agli artisti, utilizzano gli adesivi ed a ben vedere, ciò che queste pratiche hanno in comune, nonostante le differenze, è il desiderio di comunicare un messaggio, di qualsiasi natura esso sia. È proprio questa capacità di mediatizzare qualsiasi superficie, in quanto oggetto portatore di segni, che giunge a dare significato a ciò su cui è posto. Un rapporto, quello fra spazio e messaggio, che crea immediatamente una relazione tra superficie e adesivo.

No Hate Family, Amburgo

Prima però di addentrarci nelle varie forme e utilizzi di questo medium ante-litteram, è bene tracciarne un breve percorso storico. Vi siete mai chiesti dove e quando nascono gli adesivi? Secondo il prestigioso Oxford Dictionary, un adesivo è un’etichetta adesiva generalmente stampata o illustrata a mano. Tuttavia, negli anni sono sorte numerose controversie su cosa effettivamente sia da considerarsi un adesivo. Il dizionario di Cambridge è più specifico quando definisce gli adesivi come un piccolo pezzo di carta o plastica con un’immagine o una scritta su un lato e colla o altra sostanza simile sull’altro, in modo che si attacchi a una superficie.

Alcuni studiosi fanno risalire le prime forme di sticker addirittura all’Antico Egitto e ai popoli dell’Asia Orientale, in cui veniva usato il papiro con del materiale adesivo estratto dalle resine e dalle gomme ottenute da alberi e piante per incollarlo. Solitamente venivano utilizzati sigilli di argilla per contrassegnare i beni e indicarne l’origine o la proprietà, che poi furono sostituiti da adesivi per attaccare cartellini ed etichette a vari oggetti o per visualizzare i prezzi dei beni nei banchi dei mercati. Allo stesso modo, nell’antica Cina, la colla ricavata da sostanze naturali come gomma e albumi d’uovo veniva utilizzata per attaccare etichette su ceramiche e altri prodotti, ma definire questi oggetti come adesivi potrebbe essere fuorviante e non del tutto esatto.

L’invenzione della carta nel Medioevo apre poi nuove strade alla produzione di adesivi. Gli sticker del tempo, solitamente realizzati in carta di riso, venivano utilizzati come elementi decorativi per incartare i regali e sigillare la corrispondenza delle classi più abbienti. Durante questo periodo, gli adesivi iniziano ad assumere ruoli sempre più ornamentali, adornando oggetti come ceramiche, mobili e persino vestiti. Sticker dai disegni e simboli sofisticati che riflettevano la sensibilità artistica dell’epoca iniziano dunque a circolare.

Assai curioso è il caso, molto in voga nelle ristrette cerchie dell’aristocrazia francese del XVI secolo, in cui le nobil donne di corte erano solite indossare degli adesivi sul viso per nascondere le imperfezioni. Inizialmente utilizzavano i cosiddetti mouches o mosche, per la somiglianza di queste piccole macchie scure applicate per bellezza sulla pelle.

Durante il Rinascimento poi, la produzione di queste prime forme di adesivi subisce un cambiamento significativo dovuto all’avvento della nuova tecnologia di stampa inaugurata da Johannes Gutenberg nel 1455. La stampa tipografica meccanica apre infatti alla possibilità di produrre adesivi su una scala più larga, mutamento che favorisce una maggiore creatività e varietà nei design degli adesivi stessi. Una forma popolare circolante durante il Rinascimento è anche quella degli ex libris, adesivi usati per identificare i proprietari dei preziosi volumi che spesso presentano elaborati simboli araldici e stemmi familiari.

Nel 1700, oggetti e documenti vengono timbrati con marche da bollo utilizzando colla adesiva. Il cosiddetto décalquer – in italiano decalcomania – è un metodo sviluppato dall’incisore francese Simon Ravenet. che prevede la pressatura della carta velina tra piastre di rame colorate prima di trasferire i motivi dalla carta su superfici in porcellana o ceramica. Scorrendo la linea del tempo fino al 1839, ci imbattiamo nella figura di Sir Rowland Hill, insegnante e politico inglese, che crea nel 1840 il primo francobollo postale. Hill è noto per il suo appassionato sostegno a molte riforme radicali del sistema postale inglese e per aver inventato i francobolli come li conosciamo oggi – una marca con cui affrancare la posta come prova del pagamento.

Il francobollo postale, che inizialmente costa un centesimo nel Regno Unito, rivoluziona il concetto stesso di adesivo. Il suo sviluppo cambierà per sempre il sistema postale e renderà popolare quello che al tempo venne chiamato Penny Black, un francobollo che ha un supporto adesivo che diventa aderente se inumidito al momento di attaccarlo, più o meno allo stesso modo in cui vengono utilizzati i francobolli tradizionali ancora oggi. Queste marche da bollo potevano quindi essere inumidite e poi posizionate, il che faceva parte delle novità del tempo che rendeva l’invio di lettere più sicuro e più economico.

Stando a quanto riporta lo United States Postal Service, prima di questa creazione le lettere dovevano essere portate a un ufficio postale, dove un impiegato annotava il pacco con la sua tariffa, basata sulla mole della lettera e sulla distanza prevista. Il francobollo veniva invece attaccato nell’angolo in alto a destra e poteva essere pagato in anticipo, alla consegna o diviso tra mittente e destinatario. Dopo l’invenzione di Sir Rowland Hill, il Regno Unito inizia a implementare il francobollo, con i primi esemplari in vendita a partire, come detto, dal maggio 1840. Gli Stati Uniti seguono l’esempio il 1° febbraio 1842, inizialmente a partire dalla città di New York City.

Nonostante sia gli antichi Egizi che Sir Rowland Hill possano essere inseriti nella lunga storia degli sticker, molti sostengono che quelli non fossero esattamente adesivi ed infatti, per incontrare le forme contemporanee di questi oggetti, dobbiamo spostarci fino al XX secolo. Un francobollo non può essere del tutto assimilato all’adesivo perché, nonostante sticker e carta funzionino insieme, l’oggetto non è ugualmente autonomo mancando infatti della prerogativa principale dello sticker, quella cioè di essere autoadesivo.

Con la Rivoluzione industriale si giunge alla produzione di massa. Con l’avvento della carta adesiva e i progressi nella tecnologia di stampa, diventano infatti ben più accessibili e più facili da produrre in grandi quantità e, di conseguenza, gli sticker trovano nuove forme di utilizzo in vari settori, come l’etichettatura dei prodotti, l’imballaggio e le promozioni commerciali. Il dispositivo sensibile alla pressione che produce etichette autoadesive con supporto staccabile, che può essere fustellato in qualsiasi dimensione o forma, viene inventato nel 1935 dall’americano R. Stanton Avery, noto anche come the father of modern stickers. Questo nuovo processo produttivo segna il vero inizio degli sticker così come li conosciamo oggi, un processo oramai divenuto secolare. Avery inventa una macchina per realizzare etichette autoadesive utilizzando un motore di una lavatrice e pezzi di ricambio per macchine da cucire. Fonda poi la Avery Dennison Corporation – oggi Avery Labels – che è ancora una delle aziende leader nel settore delle etichette autoadesive.

Meno di un decennio dopo, nel 1942, l’Office of Price Administration degli Stati Uniti (OPA), comincia ad utilizzare adesivi per aiutare a monitorare la quantità di benzina. L’OPA emette una serie di adesivi da attaccare al parabrezza delle auto per indicare quanta benzina è possibile immettere nel serbatoio. Ciò fa parte della politica di razionamento messa in atto dal governo americano durante la Seconda Guerra Mondiale, e alla maggior parte delle persone viene rilasciato un adesivo di tipo A che consentiva quattro galloni a settimana per automobile.

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