Nella capitale francese si è appena conclusa Paris Photo. A livello internazionale la principale fiera consacrata alla celebrazione dell’immagine fotografica.
Dal 1997 la manifestazione riunisce gallerie, case editrici e professionisti del mondo della fotografia, offrendo, sia al grande pubblico che a chi lavora nel settore, una vasta selezione di immagini che nel suo insieme rappresenta un frammento della cultura visiva contemporanea e dei suoi mutamenti negli ultimi due secoli.
La sua 27ª edizione si è svolta all’interno del Grand Palais, un capolavoro architettonico simbolo dell’Art Nouveau, costruito per la prima Esposizione Universale del Novecento. Dopo anni di lavori di ristrutturazione, l’edificio è stato riaperto in occasione dei Giochi Olimpici del 2024 e più recentemente, per Art Basel, riaffermando il suo ruolo emblematico come sede di eventi dalla portata internazionale. Su questa scia, anche Paris Photo ha occupato i suoi spazi. La direttrice della fiera, Florence Bourgeois, insieme al suo team, ha suddiviso l’esposizione in cinque sezioni, distribuite su una superficie di 21.000 m², ampliata rispetto ai 12.000 m² del Grand Palais Éphémère delle edizioni precedenti.
Varcato l’imponente ingresso del palazzo, il percorso di Paris Photo si apriva con il Main Sector, dove 147 gallerie accoglievano il pubblico, rappresentando i grandi nomi della fotografia. Restando al piano terra, la novità di quest’anno era la sezione Voices, pensata da tre curatorə con l’intento di creare una mostra focalizzata su “tematiche contemporanee”. Proseguendo nel parterre, si arrivava a Digital, settore curato da Nina Roehr, dedicato al dialogo tra fotografia e mondo digitale. Salendo la scalinata verso il primo piano, si trovava Emergence, una sezione riservata a 23 progetti monografici su proposte fotografiche emergenti. Accanto a questa, Editions ospitava 45 case editrici, con oltre 400 firme d’artista. In aggiunta, per arricchire l’esperienza, ogni giorno il programma è stato animato da conferenze, talk e mostre collaterali. Tra gli eventi, ricordiamo la conversazione Cutting a Figure, che ha visto il dialogo tra Tyler Mitchell e Deborah Willis, moderato da Brendan Embser.
Con le sue volte in vetro, il grande scheletro architettonico e la cupola in acciaio, il palazzo ha ospitato un totale di 240 espositori, richiamando l’attenzione di collezionistə, istituzioni e appassionatə di fotografia, accorsə da tutto il mondo con il desiderio di acquistare, studiare e confrontarsi con un panorama fotografico di grande prestigio, accuratamente selezionato. La scelta delle opere esposte è stata infatti affidata a un comitato specialistico, composto da membri di gallerie e di case editrici di settore, che, sulla base della qualità, originalità e diversità espressiva dei progetti candidati, ha selezionato e ammesso le opere alla fiera.
Noi di Artuu, incuriositə dal processo di selezione dei pezzi esposti ci siamo chiestə: all’interno di grandi rassegne o fiere internazionali, concepite principalmente per un pubblico acquirente, è possibile individuare tendenze tematiche o soggetti iconografici ricorrenti in ogni singola edizione?
Come anticipato, quest’anno Paris Photo è stata articolata in cinque sezioni. Tuttavia, queste suddivisioni non si sono basate su tematiche specifiche, ma su criteri settoriali (editoria, primo mercato, secondo mercato, mercato digitale). Data la natura commerciale della manifestazione, è quindi chiaro che le scelte espositive delle gallerie siano state influenzate in primo luogo da considerazioni di mercato. Nonostante ciò, in questo contesto fortemente orientato al profitto, è possibile individuare anche criteri di selezione legati a un gusto contemporaneo? In altre parole, tra le opere presentate, è possibile scorgere una tendenza che rifletta una sensibilità di gusto attuale?
Il soggetto contemporaneo è stato al centro di Voices, sezione situata al piano terra del palazzo e curata da Elena Navarro, Azu Nwagbu con Sonia Voss, dove sono state esposte opere selezionate per la loro capacità di riflettere diversi aspetti del contemporaneo. Ma come rappresentare la contemporaneità attraverso una mostra di fotografie eterogenee – per provenienza, stile e contenuto – quando la fotografia è intrinsecamente legata alla capacità di fermare e immortalare un – proprio – momento presente?
Considerando che ciò che riconosciamo come testimone del “quotidiano” sia un elemento che, proprio nella sua diversità, riesce a interrompere, a stravolgere a fratturare una linearità consueta, allora, in questo senso la selezione dei 23 progetti sperimentali – esposti nella sezione Emergence – ha offerto un’indicazione su come lə artistə emergenti stiano cercando di relazionarsi con il mezzo fotografico al loro tempo.
Nel settore ognuna delle 23 gallerie ha avuto l’opportunità di presentare una singola proposta artistica. La galleria Hangar di Bruxelles ha esposto il lavoro di Alice Pallot, i cui scatti, intrisi di un immaginario fantascientifico, riflettono sull’impatto delle attività umane sull’ambiente. La galleria Longtermhandstand di Budapest, ha invece presentato Dorottya Vékony, che utilizza il mezzo fotografico combinando diversi formati e media per esplorare la tensione dell’essere umano nel relazionarsi comunitariamente, nonché per riflettere sull’agenzia del corpo femminile, giocando con le sue rappresentazioni sociali.
Con la galleria Madé Van Krimpen, l’artista Xiaoxiao Xu, racconta di come la comunità buddista tibetana del Ladakh e i vari gruppi etnici si stiano adattando alle sfide contemporanee, alla luce della globalizzazione e degli impatti climatici che minacciano le persone e i paesaggi in via di scomparsa. Parte di queste opere nascono da processi sperimentali, in cui materiali, tecniche e metodologie diverse si intrecciano, per dar vita a scatti che riflettono la complessità e la pluralità di un sentire contemporaneo.
Le tematiche esplorate spaziano dall’attenzione all’ambiente, alle sperimentazioni sulla percezione umana, dalle lotte identitarie alla denuncia sociale e politica, dalla normalizzazione del corpo alla ricerca di altre temporalità e scale percettive, non solo umane. Vi si trovano anche riflessioni sulla paura, la fragilità e il desiderio. Tali questioni affiorano grazie ad approcci interdisciplinari e transdisciplinari, in cui arte, scienza, ambientalismo, antropologia e sociologia si intrecciano per dare vita a un dialogo ricco e condiviso. Ed è proprio di questo dialogo – tra immaginari visivi diversi – che si fa portavoce Paris Photo. Una manifestazione in cui l’unico grande tema rimane la fotografia: l’immagine fotografica, lə suə portavoce e la loro capacità di raccontare il presente nelle sue molteplici sfumature, appartenenti ad un tempo tanto immediato quanto più lontano