È passato un mese esatto dalla morte violenta di Liam Payne, membro degli One Direction, uno dei gruppi di più influenti e più affermati della scena pop internazionale (c’è chi li ha paragonati addirittura ai Beatles), scomparso il 16 ottobre scorso a Buenos Aires per la caduta dal balcone dell’albergo nel quale alloggiava, in circostanze ancora in parte misteriose. La notizia della tragica ed improvvisa scomparsa di Liam Payne nel frattempo ha fatto il giro del mondo e tantissime persone, da celebrità dell’industria musicale fino a tutti i fans che hanno amato non solo lui ma tutti i membri del gruppo di cui faceva parte, hanno sentito la perdita del cantante come propria.
Mentre una cortina di silenzio e di riserbo sono calati sulle esequie, previste proprio per questi giorni, per rispetto verso il dolore della famiglia, continuano a emergere dettagli e speculazioni sulle ultime ore di vita del cantante, il cui corpo è nel frattempo stato riportato nel Regno Unito. L’ex membro dei One Direction, 31 anni, è infatti morto dopo una caduta dal balcone della sua stanza d’albergo, l’Hotel CasaSur di Buenos Aires, inizialmente attribuita a un delirio psicotico indotto da sostanze stupefacenti. Tuttavia, le indagini hanno escluso il suicidio, indicando una caduta accidentale come causa del decesso, e l’uso di droghe e di alcol come causa dello stato di alterazione del cantante.
Cosa è successo in quella stanza d’albergo
Molte le speculazioni, le voci e i pettegolezzi su quel che sia veramente accaduto il 16 ottobre scorso in quella “maledetta” stanza d’albergo a Buenos Aires. “C’è un ospite imbottito di droga che sta distruggendo la camera”, è il breve e concitato messaggio arrivato al al 911, il numero di emergenza, nella notte del 16 ottobre scorso. Secondo le prime testimonianze, infatti, l’ospite “imbottito di droga” era proprio lui, Payne, che poco prima aveva lanciato un computer portatile nella hall dell’albergo e preso a calci alcune sedie, per poi essere fermato e ricondotto nella sua stanza. Nella chiamata al 911, il direttore dell’hotel a quanto pare era perfettamente consapevole che la situazione poteva avere esiti drammatici: “Abbiamo bisogno che qualcuno venga mandato da noi urgentemente, perché non so se la vita dell’ospite è in pericolo”, dichiarerà al numero di emergenza. “La stanza ha un balcone e abbiamo paura che possano fare qualcosa”. Poco dopo, purtroppo, la conferma al tragico sospetto: “l’ospite” era infatti caduto dal balcone, ed era morto. Il drammatico incidente ha luogo nell’Hotel Casa Sur Palermo a Buenos Aires, Argentina, nella notte di mercoledì 16 ottobre (ore italiane), quando Liam Payne perde la vita cadendo dal terzo piano del balcone della sua stanza, dopo una caduta di 14 metri circa.
Secondo quanto certificato dall’équipe medica, viene trovato privo di sensi con “traumi multipli”, una “emorragia interna ed esterna” e in particolare “una frattura alla base del cranio, una lesione molto grave”. All’arrivo della polizia, non c’era più nulla da fare: in prima battuta gli inquirenti non specificano se la caduta dal balcone sia stata accidentale o se si sia trattato di un suicidio. Il giornale argentino Clarin, però, recupera le foto scattate della stanza del cantante, pubblicandole sul proprio sito: sul tavolo della stanza si sono trovate tracce di polvere bianca, diversi pezzi di carta stagnola, i resti di una candela, un accendino e una barretta di sapone. Anche bel bagno si sono trovate tracce di carta stagnola bruciate e la televisione con lo schermo sfasciato. Secondo le indagini della Procura, Payne avrebbe consumato cocaina, alcol e un antidepressivo durante il soggiorno nell’hotel. Le analisi tossicologiche hanno rivelato tracce di alcol, cocaina e farmaci nel suo organismo nelle 72 ore precedenti il decesso.
Le ultime 72 ore: chi gli ha fornito la droga?
L’artista sarebbe sbarcato assieme alla sua ragazza, Kate Cassidy, in Argentina il 30 settembre, assistendo anche al concerto dell’ex membro della band Niall Horan con cui, ha dichiarato, avrebbe voluto parlare. Nell’ultimo video di Liam, pubblicato nell’account Snapchat poche ore dalla sua scomparsa, il cantante, con Kate, aveva registrato il video in una stanza spiegando come ci fosse “una bellissima giornata in Argentina. Ci stiamo godendo il caffè e la colazione anche se sono già le 13”, aggiungendo, ironicamente: “Stiamo dormendo ogni giorno fino alle 12, siamo veramente dei fannulloni…”. Sembra che però Kate Cassidy fosse partita due giorni prima dall’Argentina e che quindi Liam Payne fosse stato da solo gli ultimi giorni, alloggiando nell’Hotel Casa Sur Palermo. In seguito, sul suo profilo Instagram, Kate avrebbe scritto, disperata: “Non so nemmeno da dove cominciare. Il mio cuore è a pezzi in modi che non riesco a esprimere a parole… Vorrei che tu potessi vedere l’enorme impatto che hai avuto sul mondo, anche se ora sembra così buio. Hai portato così tanta felicità e positività a tutti: milioni di fan, la tua famiglia, i tuoi amici e soprattutto a me… La tua energia era contagiosa, illuminava ogni stanza in cui entravi. Niente di tutto questo sembra reale e non riesco a capire questa nuova realtà di non averti qui. Sto lottando per capire come vivere in un mondo senza di te al mio fianco”. Aggiungendo infine: “Liam, so che saremo insieme per sempre, ma non nel modo in cui avevamo pianificato. Sarai sempre con me. Ho guadagnato un angelo custode. Ti amerò per il resto della mia vita e oltre, portando con me i nostri sogni e ricordi ovunque io vada”.
Negli ultimi giorni la procura argentina, con a capo il procuratore Andrés Madrea, ha interrogato testimoni e analizzato circa 800 ore di video delle telecamere di sorveglianza per ricostruire gli eventi, dopodiché ha accusato l’amico argentino di Liam, Rogelio “Roger” Nores, del reato di “abbandono di persona in stato di semi-incoscienza e successivamente deceduta”. Con lui sono state incriminate altre due persone: Ezequiel Pereyra, dipendente dell’hotel Casa Sur, e Braian Paiz, cameriere di 24 anni, accusato di spaccio di sostanze stupefacenti. Ezequiel Pereyra è accusato di aver somministrato cocaina al cantante in due occasioni, mentre Braian Paiz è sospettato di altre due cessioni di circa 5-7 grammi ciascuna. A tutti e tre gli accusati è stato vietato di lasciare il paese. In un’intervista esclusiva rilasciata al Daily Mail, Rogelio Nores ha condiviso non solo il suo dolore per la scomparsa dell’amico, dicendo di sentirsi “davvero addolorato per questa tragedia perché è mancato un mio caro amico”: “Mi manca il mio amico ogni giorno, questa tragedia mi ha spezzato il cuore”, ha detto. Ma ha anche e soprattutto dichiarato di non aver mai abbandonato Liam e di esser “andato al suo hotel tre volte quel giorno, e me ne sono andato 40 minuti prima che accadesse”. Ha sottolineato in sostanza di non aver mai abbandonato Payne e ha ricordato come, al momento della sua partenza, il cantante fosse in compagnia di “almeno 15 persone nella hall dell’hotel”: persone che, ha dichiarato, “chiacchieravano e scherzavano con lui quando me ne sono andato”.
Braian Nahuel Paiz, invece, intervistato da una rete televisiva argentina, ha dichiarato di non avere alcun legame con l’accaduto, raccontando di aver conosciuto il cantante e di aver trascorso del tempo con lui nei giorni precedenti al decesso, ma di non aver avuto contatti con lui il 16 ottobre. Secondo il suo resoconto, infatti, i due si sarebbero incontrati per la prima volta nel ristorante in cui Paiz lavora, situato nell’esclusivo quartiere di Puerto Madero. Payne avrebbe utilizzato un falso profilo Instagram per stabilire un contatto, scambiarsi numeri di telefono e organizzare un appuntamento la sera stessa. Paiz ha inoltre affermato che, già durante quel primo incontro, il cantante dava l’impressione di essere sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. Un secondo incontro sarebbe avvenuto il 13 ottobre, tre giorni prima della morte di Payne. Paiz ha ammesso di aver trascorso la notte con il cantante e di aver consumato cocaina e marijuana insieme a lui. Tuttavia, dopo quella serata, i due non si sarebbero più visti né sentiti. “Abbiamo fatto uso di droghe insieme, ma non gliele ho mai procurate né ho accettato denaro. Durante quella notte abbiamo bevuto qualche shottino di whisky. È stato un incontro intimo, e Liam è stato molto gentile e premuroso, chiedendomi più volte se stessi bene. Ho conservato tutti i messaggi in cui abbiamo organizzato quell’incontro e non ho eliminato nulla”. Paiz ha quindi ribadito la sua innocenza, sottolineando di non aver avuto alcun ruolo nella fornitura di droga a Liam Payne il giorno della sua morte: “Non gli ho dato nulla, non ho alcuna responsabilità in merito”. Appena venuti a conoscenza dell’incidente, tantissimi fans provenienti dall’Argentina si sono riuniti davanti all’albergo commemorando la sua morte con candele accese e cantando i brani delle sue canzoni.
Ma chi era Liam Payne, e perché così tante persone in tutto il mondo hanno pianto la sua morte? Proviamo a scoprilo, cominciando dall’inizio.
Gli esordi a Wolverhampton
Liam Payne è nato a Wolverhampton, una città nell’Inghilterra centrale e che conta poco più di 250mila abitanti, il 29 agosto 1993 dai genitori Geoff e Karen Payne, ed è il più piccolo di tre figli: Nicola e Ruth sono le due sorelle maggiori. Dato le complicazioni della propria salute, subite a causa della nascita prematura (era nato tre settimane prima) il piccolo Liam ha dovuto trascorrere parte dell’infanzia in ospedale. Si è scoperto solo successivamente che uno dei due reni non funzionava correttamente e che, per alleviare il dolore, gli venivano somministrate fino a 32 iniezioni al braccio al giorno. La musica ha sempre fatto parte della sua vita: già all’età di 6 anni, ancora bambino, cantava per la famiglia e più avanti cominciò a cantare anche nei pub. “Ho iniziato a cantare quando avevo circa sei anni. Andavamo da mio nonno in Cornovaglia o in campeggio e cantavamo sempre al karaoke. Il mio brano preferito era Angels di Robbie Williams”, ha dichiarato il cantante in un’intervista.
Ma quella della musica non era l’unica strada che voleva percorrere: la sua seconda passione era infatti quella di diventare un corridore olimpico, entrando così a far parte sia del Wolverhampton che del Bilston Athletics Club. Ancora giovanissimo, fu anche folgorato dal mondo dello spettacolo: all’età di 12 anni entrò a far parte della Pink Productions, una compagnia di teatro musicale e performativo con sede sempre a Wolverhampton, la sua città natale, mentre continuava ad allenarsi alle 5 del mattino ogni giorno, correndo per 8 chilometri prima di andare a scuola. Arrivato alle scuole secondarie, fu vittima di bullismo; da quel momento cominciò a prendere lezioni di pugilato, affermando di aver “bisogno di trovare un modo per difendermi, a 12 anni combattevo contro l’allenatore di 38 anni. Mi sono rotto il naso, ho avuto un timpano perforato e tornavo sempre a casa con il viso livido e gonfio. Ma mi ha dato fiducia. Nei due anni successivi sono diventato piuttosto bravo”. A proposito di quegli episodi di bullismo che hanno contrassegnato la sua infanzia, in seguito dichiarerà: “Sono andato a dirlo ai miei genitori e ai miei insegnanti, ma la cosa non si è fermata e ho dovuto risolverla da solo. Frequentavo l’ottavo anno e loro erano al sesto anno. Ho chiesto a un ragazzo che conoscevo, che aveva circa vent’anni, di fingere di essere il mio fratello maggiore e di venirmi a prendere a scuola”. Nel 2012, in un’intervista rilasciata al New Zealand Herald, Payne rincarò la dose, dicendo quale fosse, a suo avviso, la “formula” per battere il bullismo: “Devi dirlo a qualcuno, devi opporti”, disse: “altrimenti ti rendi un bersaglio, sei una preda facile da prendere di mira e lasci che le cose accadano, questo è quello che succede spesso, ma quando invece fai qualcosa, sei attivo, ti assicuri che venga fatto qualcosa, allora lentamente la cosa finirà”.
L’approdo a X Factor e l’esordio come gruppo
Il suo sogno di correre finisce a 14 anni, quando perde di poco un posto nella squadra scolastica. A quel punto comincia a studiare music technology al campus di Paget Road del Wolverhampton College. Sempre all’età 14 anni, il giovane Liam partecipa per la prima volta alla quinta stagione di X Factor UK in cui cantò durante il pre-casting, davanti ai giudici Dannii Minogue, Louis Walsh e Simon Cowell, Fly me to the moon di Frank Sinatra aggiudicandosi tre “sì” dai giudici. Tuttavia, successivamente, Simon Cowell decise che Liam fosse troppo giovane per andare avanti e lo spronò a ritornare quando avrebbe finito gli studi. “Avevo 14 anni quando feci il primo provino per X Factor nel 2008, ma Simon non mi ha preso perché non mi riteneva pronto”, dichiarerà in seguito il cantante. “È stata una delusione, ma avevo di fronte una concorrenza molto agguerrita. E ripensandoci, sono grato di non essere passato, altrimenti oggi non sarei negli One Direction”.
Così fece, infatti: due anni dopo, all’età di 16 anni, ritornò sul palco nella settima stagione di X Factor UK cantando la versione di Michael Bublè della canzone jazz-blues Cry me a river della cantante Ella Fitgerald davanti ai giudici Simon Cowell, Louis Walsh, Dannii Minogue e Cheryl Cole. E non era il solo: anche l’allora sedicenne Harry Styles si esibì sul palco di quell’edizione, cantando l’iconica canzone Isn’t she lovely di Stevie Wonder, mentre un altro promettente giovane cantante, proveniente dall’Irlanda, Niall Horan, cantò So sick di Ne-Yo. Infine, il diciasettenne Zayn Malik si presentò per cantare il brano del cantante statunitense Mario Let me love you e il poco più che maggiorenne Louis Tomlinson si esibì cantando Hey there, Delilah dei The Plain White T’s.
Nonostante avessero tutti mostrato del talento durante il Boot Camp, nessuno di loro riuscì a passare alla fase successiva come solista. Tuttavia, durante quell’edizione, ecco il colpo di scena: i cinque ragazzi e altre quattro ragazze (Esther Campbell, Sophia Wardman, Rebecca Creighton e Geneva Lane) vennero richiamati davanti alla giuria. Fu la giudice ospite, Nicole Scherzinger, ex membro delle Pussycat, a dire l’ultima parola, affermando che tutti loro avevano “troppo talento” perché potessero lasciarli andar via così. Ai nove concorrenti venne perciò data un’altra opportunità: avrebbero conteso tra di loro, rispettivamente in qualità di boyband e girlband. Fu lì che fecero gruppo per la prima volta: “Ci siamo incontrati nel backstage”, racconterà qualche tempo dopo Harry Styles in un’intervista. “Ci hanno richiamato e ci hanno detto ‘formerete una band e passerete alla prossima fase’. Eravamo così emozionati!”. “Del resto”, ha aggiunto, “quando vieni da un paesino piccolo e ti dicono ‘ecco ora farai parte di una band’, non puoi dire di no”. E fu sempre lì che nacque il nome di quella che sarebbe diventata una delle band più famose del mondo. Un nome che, dirà sempre Harry, “ho inventato io. Suonava bene. Abbiamo pensato a dei nomi per un po’ di tempo… a un certo punto a me è venuto in mente questo, l’ho suggerito ed è piaciuto a tutti”.
Dopo diverse performance, tra cui una a casa di Simon Cowell a Marabella, in Spagna, dove i ragazzi cantarono Torn di Natalie Imbruglia e la prima live performance come band con Viva la vida, ad arrivare finalisti furono la cantante Rebecca Ferguson, Matt Cardle, Cher Lloyd e gli One Direction. Sfortunatamente, questi ultimi arrivarono terzi in classifica: dunque non vinsero mai X Factor. Fu, però, il vero esordio della band angloirlandese più amata del 21esimo secolo perché, subito dopo, firmarono un contratto con l’etichetta Syco Music di Simon Cowell. Il gruppo realizzò anche alcuni Video Diary durante le riprese di X Factor in cui rispondeva alle domande dei fan, che tutt’ora si possono vedere sul canale di YouTube.
Primi passi con gli One Direction
Dopo il tour di X Factor nella primavera del 2011, i ragazzi dovettero volare a Los Angeles per registrare e completare il loro primo album d’esordio: ma fu il singolo What makes you beautiful che decretò la loro vera ascesa come boyband. Infatti la canzone, uscita nel settembre di quell’anno, ebbe un successo così tanto strabiliante che diventò il singolo venduto più velocemente del 2011 facendo fuori più di 150mila copie solo nella prima settimana e ad oggi le visualizzazioni solo su YouTube contano più di 1miliardo e mezzo. Il pezzo non solo ebbe successo in Inghilterra, ma arrivò in testa alla classifica in Irlanda e in Scozia e nella Top 10 in Belgio, Canada, Nuova Zelanda e Australia e vinse il BRIT Award nel 2012 come miglior singolo britannico.
L’album Up all night uscì due mesi dopo, nel novembre del 2011: divenne il terzo album di debutto più venduto con oltre 468mila copie e negli Stati l’album esordì sul podio della classifica Billboard 200 vendendo più di 175mila copie negli solo nella prima settimana portando gli One Direction a essere il primo gruppo inglese a debuttare al numero uno con il loro primo album. Le canzoni principali furono, oltre a What Makes You Beautiful, Gotta Be You con oltre 240milioni di visualizzazioni e One Thing con oltre 800milioni di ascolti. Nel febbraio del 1012, sempre con la canzone What Makes You Beautiful, la band si esibì non solo sul palco del teatro Ariston per la 62esima edizione del Festival di Sanremo condotta quell’anno da Gianni Morandi, ma anche interpretando se stessa nel secondo episodio, intitolato giustamente IGo One Direction, della quinta stagione della serie televisiva per ragazzini e trasmessa su Nickelodeon iCarly, eseguendo sempre il suo singolo di successo. Quell’anno gli 1D vinsero al BRIT Awards (la serata più importante nel calendario dei premi musicali inglesi) come miglior singolo inglese (contro il singolo Someone Like You di Adele e Glad You Came dei The Wanted), al Teen Choice Awards come Miglior canzone d’amore (What makes you beautiful), Miglior gruppo musicale emergente e Miglior gruppo musicale dell’estate e all’MTV Music awards come Best New Artist, Best Pop Video oltre che esibirsi alla cerimonia di chiusura delle olimpiadi del 2012 di Londra. Il delirio per gli 1D era enorme e l’improvvisa ed incredibile fama dei cinque ragazzi venne subito paragonata a quella dei Beatles. I giornali comparavano l’arrivo della band negli States alle scene folli che il leggendario quartetto provocò negli USA la prima volta nel 1964. In un’intervista, Harry Styles disse quanto tutto ciò fosse ridicolo e di come i “Beatles fossero delle icone. Ma abbiamo visto un filmato del loro primo viaggio in America e ci sono effettivamente delle somiglianze. Siamo uniti come loro, anche se non da tanto”.
(1 – continua)