Scuotere il pensiero degli spettatori: questo è sempre stato uno degli obiettivi dell’arte di Jenny Holzer, che dall’8 Novembre con “Denied” è presente negli spazi dello Studio Trisorio, a Napoli. La mostra, curata da Philip Larratt-Smith, ci offre la possibilità di ricostruire – letteralmente passo dopo passo – la narrazione dell’artista statunitense e il suo attivismo poeticamente politico.
La frammentazione delle opere tra le varie location dello Studio Trisorio, infatti, – seppur di apparente motivazione logistico-espositiva – risveglia un senso di spaesamento, nemmeno tanto assopito nelle nostre coscienze. Ne viene fuori un sentimento di frustrazione generale, colmato dall’incredibile e accecante presenza delle tele dorate dell’artista. Numerose infatti le opere dipinte della serie “Redaction Paintings”, in cui la Holzer “riproduce documenti provenienti da ambienti governativi e militari pubblicati grazie al Freedom of Information Act, il provvedimento legislativo che ha aperto a giornalisti e studiosi l’accesso agli archivi della National Archives and Records Administration (NARA).”
L’utilizzo della foglia oro e platino appare come uno strumento di dissuasione, cela il languido tentativo di distrazione dell’abbagliante apparenza a discapito del contenuto. Quello che la Holzer sa è che i documenti sono stati censurati dalle autorità prima di essere resi accessibili, e indagando sul rapporto tra linguaggio e potere, lascia visibili i numeri di riferimento dei documenti, le sigle FBI e i Top Secret che nella vita di tutti i giorni appaiono così lontani e invece circondano e modificano il flusso di informazioni che ci è concesso di ricevere. In particolare, l’opera Denied, che da il titolo alla mostra, contiene informazioni sull’inchiesta impeachment riguardante Donald Trump e il tentativo di indebolire la campagna elettorale di Joe Biden per le presidenziali statunitensi del 2020. E proprio a ridosso della ri-elezione di Trump, otteniamo ironicamente un’amuse-bouche dell’intero sistema alle spalle della campagna elettorale degli USA.
La bellezza dell’allestimento e la preziosità di queste tele, realizzate tutte negli ultimi sei anni di attività dell’artista, cullano e rassicurano il nostro sguardo. E tuttavia, il racconto della Holzer prosegue con lo stesso dualismo materiale/materia. “Fuzzy”, è un’installazione a parete di una scritta a led. Si susseguono più di cento frasi: “Bodies lie in the bright grass and some are murdered and some are picnicking”; “It is fun to walk carelessly in a death zone”; “Go where people sleep and see if they’re safe”; “The beginning of the war will be secret”; asserzioni complesse, dure da digerire, alcune accusatorie, altre ciniche, sarcasticamente spietate. La loro inevitabile cadenza senza ombra di interruzioni non concede tregua né riposo. Eppure ne appuriamo la funzione pubblicitaria, catartica e accentratrice, ci tiene incollati ai nostri dubbi, non più patinati e vendibilmente dorati, ma spogli, nudi, reali e paurosi. Jenny Holzer ci mostra le infinite possibilità di questa vita, camminando sul sottile filo che viaggia tra le fragilità dell’esistenza e i concreti deliri della presenza umana in terra, in un misto tra violenza, guerra e abbandono, dove i sogni sembrano appunto negati, denied.
L’artista statunitense che aveva già lavorato a Napoli al progetto Piazza d’Arte, nel 2006, aveva proiettato in quell’occasione sugli edifici di Piazza del Plebiscito brani estratti da un catalogo multiculturale estremamente ampio, spaziando dalla Bibbia a Wislawa Szymborska, premio nobel per la letteratura nel 1996: della poetessa polacca divenne estremamente memorabile la sequenza “Nulla è cambiato | Il corpo prova dolore | deve mangiare e respirare e dormire | ha la pelle sottile e subito sotto – sangue | ha una buona scorta di denti e di unghie | le ossa fragili, le giunture stirabili | Nelle torture di tutto ciò si tiene conto.”, poiché in quell’anno, di dominio pubblico divennero le notizie delle torture perpetrate dalle truppe americane in Iraq sui prigionieri del carcere di Abu Ghraib. Sin dall’attentato dell’11 Settembre del 2001, l’arte di Jenny Holzer si è nutrita sempre più dell’interesse per il contesto politico degli Stati Uniti d’America, tra terrorismo, indagini, e relazioni estere.
In un mondo controllato dall’inquietudine, ostile e infido, l’unica salvezza è rimanere coscienti. Non girarsi dall’altra parte, ma analizzare il contesto e trovare un compromesso, consapevoli delle proprie fragilità. “Gli uomini non ti proteggono più” e “trovare piacere estremo ti renderà una persona migliore se fai attenzione a cosa ti emoziona”. “Con perseveranza puoi scoprire ogni verità”, “Devi qualcosa al mondo, non il contrario”, cita ancora Fuzzy. Dinanzi vi è stata posta una panchina in marmo, si tratta dell’opera “Dormo”, e può essere utilizzata per vedere metaforicamente la fine di questa personale: “Mi scorge Amore. Mi scorge quando dormo. Per questo io dormo”, sono le parole scolpite sulla seduta, versi di Patrizia Cavalli, poetessa presente anche nei brani dell’opera del 2006. Una dimensione riflessiva, intima e delicata è lo scudo emotivo per la crudeltà che ci circonda, affinché possa occorrere come riparo e occasionale trincea, con il ricordo del monito che Jenny Holzer ha fatto proprio: non voltare mai le spalle alla storia contemporanea.