Va in scena a Milano l’universo “Wild Wild Pop” di Felipe Cardeña, tra stoffe, ricami e icone contemporanee

Era il 2016 e alla Biennale di Venezia fece la sua comparsa una strana “tenda hippy”. L’autore era Felipe Cardeña, artista “apolide” e “trotamundo” (giramondo in spagnolo, ndr), come lo definisce la sua biografia e come è possibile evincere dalle scene del bellissimo film, rintracciabile su youtube (I Like to Dream: The True Story of Felipe Cardena) che il regista Desiderio Sanzi ha imbastito una decina d’anni fa sulla sua vita misteriosa, tra avventure fantasmagoriche come mimo a L’Avana, interviste a chi l’ha conosciuto e live paintings per le strade de L’Avana (“Non è dato sapere chi è Felipe Cardeña”, scriveva all’epoca il critico Philippe Daverio: “rappresenta egli uno dei misteri della fenomenologia sociale contemporanea. Si dice che sia sospeso in un limbo senza definizione concreta, laddove solo una norma dalla difficile interpretazione lo tiene confinato”.

Felipe Cardeña The Temple of the Spirit 2016

La tenda in questione, intitolata The Temple of the Spirit, e realizzata con stoffe, ricami, perle gioielli, in un mix di riferimenti e di influenze tra le più svariate (arabe, indiane, africane, berbere, mongoliche), era una prima comparsa di quella che oggi viene comunemente definita Fiber Art (o Arte Tessile), che alle più recenti edizioni della stessa Biennale è stata finalmente sdoganata, in un tripudio di lavori provenienti da tutti i paesi del mondo ed eseguiti in stoffe e altri materiali un tempo considerati appannaggio dell’artigianato, e solo di recente entrati di diritto nell’alveo della “grande arte”.

Felipe Cardeña Anima Mundi 2020 2022 fabrics embroideries jewels beads and mixed media on canvas cm 150×120 particolare

Oggi, le stoffe mescolate e meticciate che Felipe Cardeña utilizzò per la prima volta quasi dieci anni fa per quella grande tenda alla Biennale (che successivamente fu portata in mostra anche a Napoli e a Palermo), tornano, sotto forma di una dozzina di quadri di medie e grandi dimensioni, all’interno della mostra personale Wild Wild Pop, curata da Chiara Canali all’hotel d’arte Galleria Vik Milano, nella splendida cornice di Galleria Vittorio Emanuele (la mostra è aperta fino al 12 gennaio 2025). Quadri che rappresentano una fase matura di una ricerca che ha iniziato con la carta e il collage su tela, in un incessante rimescolamento di tutte le immagini e delle forme che il mondo, reale e virtuale, ci getta costantemente addosso, in un trionfo di quel “kitsch elitario” con cui lo classificò il decano dei critici d’arte italiani, Gillo Dorlfes, invitando l’artista alla sua mostra alla Triennale di Milano, nel 2012 (“per Felipe Cardeña, artista immaginifico e fantasioso, andrebbe sottolineato che si tratta di arte volutamente kitsch, di un kitsch aulico, elitario, ricercato, certamente non “di massa”… un kitsch che ha, dietro di sé, delle premesse culturali molto forti”). Oggi, quell’utilizzo ante-litteram della stoffa come materiale “pregiato” e “alto” divengono proprio una delle caratteristiche principali degli ultimi lavori di Felipe, sospesi come sono tra l’iconicità delle immagini tipicamente pop (la Gioconda, Frida Khalo, le emoticon, la lingua dei Rolling Stones o i personaggi della Disney) e il “primitivismo” identitario del fondo, tra stoffe multietniche, collane, gioielli e perline, in un profluvio di riferimenti a tutte le iconografie e le tradizioni del mondo.

Felipe Cardeña Girls With a Glass Earring 2024 fabrics embroideries jewels beads and mixed media on canvas cm 100×100

A questo proposito, appaiono particolarmente calzanti le parole del critico cinese Ji Shaofeng, direttore del Museo di Wuhan, che, in occasione dell’installazione alla Biennale, scriveva che Felipe Cardeña “crea uno scenario all’interno del quale tempo e spazio sono interconnessi, mentre l’est e l’ovest si fondono tra loro. Nel profondo della sua anima sono presenti un immaginario e un’illusione sconfinata, intrisi di mistero e di nostalgia verso l’Estremo Oriente: potremmo anche definirlo come una sorta di ‘sonnambulismo’ o di visione onirica”.

Felipe Cardeña The Mistery of Monna Lisa 2023 fabrics embroideries jewels beads and mixed media on canvas cm 100×100

Ma è proprio Chiara Canali a fornire, oggi, il contesto storico in cui compaiono le più recenti opere di Felipe, ricordando come fin dagli anni Sessanta prenda avvio in Europa la cosiddetta Fiber Art, “una particolare forma artistica in cui le opere realizzate tramite le tecniche del ricamo e della tessitura raggiungono esiti di straordinaria innovazione”, e come, sempre negli anni Sessanta, vi sia “il momento della consacrazione internazionale della Pop Art, un’arte che parla il linguaggio dei nuovi mezzi di comunicazione di massa, della pubblicità, della televisione e del cinema, ovvero il linguaggio per immagini tipico della società dei consumi”.

Felipe Cardeña Daisy Pop 2023 fabrics embroideries jewels beads and mixed media on canvas cm 60×40

“A distanza di cinquant’anni”, scrive Chiara Canali, “l’arte di Felipe Cardeña raggiunge l’obiettivo di unire, in un unico lavoro, entrambe queste dimensioni: da un lato vengono utilizzate stoffe e tessuti disparati che accostano in maniera sfrontata, selvaggia e immediata (in una parola “wild”) texture e pattern provenienti da ambiti estetici e culturali differenti (batik, pizzi, floreali, paillettes). Dall’altra permane la volontà di giocare con immagini dal forte impatto narrativo ed enfatico, attraverso il ricorso a icone pop, legate alla sfera del femminile, come Frida Kahlo, la Mona Lisa, Daisy Duck oppure caricate di ulteriore valore simbolico e identitario come nel caso dell’emoji dello smile o della teste di tigre, nume tutelare in India e allegoria della regalità e del potere divino”.

Felipe Cardeña Double Dream 2023 fabrics embroideries jewels beads and mixed media on canvas cm 57×63

Un mix apparentemente ossimorico e contraddittorio (l’anima “selvaggia” costituita dal pattern di stoffe ricami e gioielli dello sfondo, e quella “pop” delle icone in primo piano) che pure nel lavoro attuale di Cardeña assumono un significato particolare, poiché, scrive ancora Canali, “la tecnica del ricamo e della tessitura, con le sue molteplici e multiformi colorazioni, non fa altro che accrescere, dal punto di vista percettivo, la mescolanza e l’omogeneità dei particolari che concorrono a formare l’opera e a dare ancor più risalto alle icone in primo piano”, creando così delle “icone estetiche e artistiche che si astraggono dal contesto storico del momento e si caricano di voci personali, rappresentazioni narrative e costruzioni identitarie, nelle quali ancora oggi noi tutti ci immedesimiamo”.

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