Stendhal sostiene che “la bellezza è una promessa di felicità”, perché la bellezza è presagio di qualcosa di meraviglioso che s’infutura in una storia. La promessa vale perché dura, è fatta per durare. C’è bellezza nelle storie quando continuano, infedeli al tempo che passa.
Nel ritratto – presunto – di Maffeo Barberini, salito al Soglio Pontificio come Urbano VIII, abbiamo il fascino di tante storie che si intrecciano allungandosi fino a noi: la composizione è ricca e senza nessuna confusione. C’è la bellezza di un’opera d’arte del 1600 svelata, c’è la mano di un grande nome come Caravaggio, poi c’è la storia dell’artista con le sue ombre, ma c’è anche la storia di una famiglia prestigiosa fiorentina, trasferitasi a Roma come i Barberini, che hanno arricchito il mondo di bellezze. Poi c’è tanta saggistica: con i grandi studiosi del passato come Roberto Longhi, Giuliano Briganti, che tanto hanno visto e molto scritto. Tutta questa eredità è stata accettata nella mostra “Caravaggio. Il ritratto svelato” fino al 23 febbraio 2025 alle Gallerie Nazionali di Arte Antica Palazzo Barberini a cura di Thomas Clement Salomon e Paola Nicita.
L’esperienza della visita trabocca la bellezza dell’opera per raggiungere un’epifania completa, data dall’estasi del giudizio di valore, intellettuale, su così tante storie: ci fa commuovere il cortocircuito che si è chiuso con l’apertura della mostra, con Urbano VIII nel suo Palazzo, e la possibilità per noi ammirare l’insieme di tutto.
Finalmente possiamo godere, anche se in un tempo limitato, di un’opera nascosta svelata, di tante storie antiche, ma mai dimenticate, di faticose ricerche e risultati appassionanti, che appartengono a tutti in quanto patrimonio universale dell’umanità.
Questa somma di cose rendono possibile ciò che spesso ci viene indicato come inconciliabile in un’unica mostra, ovvero tutelare e salvaguardare la cultura e allo stesso tempo promuovere e valorizzare il patrimonio artistico.