Zona Kolonaki nel cuore di Atene, palazzo Ateniese, puro stile anni ’50. Entro nell’ appartamento al piano terra dove si trova la Crux Gallery. Mi accolgono il proprietario Sakis Papakonstantinou e la curatrice Katerina Koskina della mostra personale Jan Fabre intitolata “I am Blood”. L’atmosfera è intima, ma anche misteriosa, pareti scure con un’unica illuminazione nelle sale, quella puntata sulle magnifiche opere d’oro di Jan Fabre. Ma sono altrettanto imponenti i disegni in dialogo con le opere in mosaico d’oro….
Vivo a Milano da 20 anni, frequento mostre e fiere in tutto il mondo, ma è stato proprio alla Crux Gallery – qua nella mia città natale – che ho incontrato il grande artista Jan Fabre e la sua meravigliosa moglie Joanna. Il tempo trascorso con loro è stata un’esperienza unica, profonda ma anche molto umana.
Fabre è uno degli artisti belgi più noti a livello mondiale. Crea opere che spaziano tra scultura, performance, installazione e pittura, con un’iconografia intrisa di riferimenti alla mitologia, alla natura e al rapporto tra corpo umano e animale.
In questa intervista, Fabre riflette su temi universali come la natura del sangue, simbolo di vita e sacrificio, e sulla sua visione di un futuro in cui il corpo umano potrebbe trasformarsi in una nuova forma di esistenza. Inoltre, racconta del suo rapporto artistico con Napoli, città che ospita due sue installazioni permanenti in corallo rosso, sintesi perfetta tra la tradizione barocca e la sua poetica contemporanea.
La mostra “I am blood” presso la galleria Crux di Atene è composta da due diverse serie di opere d’arte: disegni del 2005 in matita HB & your own blood e opere della nuova serie del 2023 in piastrelle d’oro a 24 carati dipinte con smalto. Di cosa parla questo “dialogo”?
Le due serie del 2005 e del 2023 sono state la base, la fonte di ispirazione per i mosaici. La mostra I am blood è curata da Katerina Koskina. Ha scelto queste due serie di opere e ha creato un dialogo emozionante con esse. È una splendida proposta espositiva. La combinazione di opere della nuova serie 2023 con piastrelle d’oro a 24 carati dipinte con smalto e i miei disegni con sangue e matita HB su carta è una rassegna visiva della paradossale coesistenza di barbarie e spiritualità nell’uomo. Le opere denunciano la violenza drammaticamente immutata e la vessazione dell’uomo da parte dell’uomo. Allo stesso tempo, dimostrano la nostra capacità di eludere le questioni e di giudicare le opere d’arte secondo criteri diversi.
Nella sua poesia originale del 2001 c’era un’anticipazione di un futuro in cui il corpo umano un giorno si sarebbe trasformato in una forma liquida e fluida, composta unicamente di sangue. E quando questa trasformazione avverrà, emergerà una nuova forma di esistenza. Lo spettro centrale delle emozioni umane sarà completamente alterato. L’era del Medioevo avrà finalmente fine. Oggi, siamo nel 2025, e data l’era di confusione globale, la sua immaginazione è più reale che mai. Può parlarcene, per favore?
La Vecchia Signora d’Europa è stata libera da guerre dalla Seconda Guerra Mondiale, con l’eccezione del conflitto balcanico degli anni Novanta. Abbiamo avuto la fortuna di essere liberi dalla guerra per circa 80 anni. Ora, nel 2024, il mondo intero sembra essere di nuovo in un periodo di transizione. Le persone fuggono dalla povertà, cercando di trovare una vita migliore. E finché ci sarà una così grande disuguaglianza tra ricchi e poveri, il mondo rimarrà squilibrato e il sangue verrà versato.
Al momento sto dirigendo il mio testo teatrale Sono di nuovo sangue in una versione ungherese per il Teatro Nazionale di Budapest. Lo spettacolo VÉR VAGYOK (EGY KÖZÉPKORI TÜNDÉRMESE) si svolge in una sorta di ambientazione medievale astratta. Per la scenografia e i costumi ho utilizzato principalmente acciaio e ferro: per i tavoli, le armature, le spade, i coltelli. Nella percezione odierna, il Medioevo è stato un’epoca crudele, ma in realtà non è cambiato molto da allora. Versiamo ancora sangue per il potere, per il denaro, per l’amore. Abbiamo ancora voglia di sangue, e il sangue vale più dell’oro.
L’opera descrive il peso del corpo, soggetto a ossessioni, fissazioni, sofferenze e malattie. Il corpo è la fonte di impulsi e tabù sociali specificamente legati al sangue: ferite, mestruazioni, stigmate e spargimento di sangue. Anche sotto questo aspetto, nulla è cambiato dal Medioevo. L’uomo è dipendente dal sangue in tutti i sensi. Ecco perché la metafora uomo-animale-vampiro (il succhiasangue) viene utilizzata anche nell’opera.
I due medici-chirurghi medievali esprimono il desiderio di diventare un futuro corpo liquido, costituito solo da sangue. Il sangue ha un proprio sistema con cui si purifica costantemente. E questa immagine del futuro va oltre: una gigantesca pozza di sangue che bagna la terra e colora di rosso il pianeta. Un mondo in cui Cristo non deve più sopportare i nostri peccati, ma in cui l’umanità stessa, in modo metaforico, diventa un unico corpo fluido amorevole, tollerante e invulnerabile.
Il brano esprime la speranza che emerga un’altra forma di esistenza. Il sottotitolo ironico (Una favola medievale) indica la sua natura di finzione. È un appello per un nuovo senso di comunità, una nuova moralità.
Lei si proclama “Cavaliere della disperazione e servitore della bellezza”. Me le spiegherebbe in sintesi per favore?
Sono un artista romantico, credo nell’avanguardia. Per questo motivo, sono un Cavaliere della disperazione.
Un cavaliere che crede nella difesa della vulnerabilità della bellezza e del genere umano. Mi inginocchio sempre per la bellezza e per questo sono un servitore della bellezza. Scelgo sempre il mezzo che le mie idee, le mie visioni richiedono da me.
Grazie per il suo tempo, Signor Fabre! E prima di chiudere questa breve intervista, ci parlerebbe delle due magnifiche installazioni di corallo a Napoli nella Real Cappella del tesoro di San Gennaro e nella chiesa di Santa Maria delle anime del Purgatorio ad Arco?
Amo la città di Napoli perché mi ha sempre invitato a presentare la mia arte visiva e teatrale fin dall’inizio degli anni Ottanta.
Da oltre 20 anni collaboro con la galleria Studio Laura Trisorio, la casa editrice Cronopio ha pubblicato i 5 volumi dei miei diari notturni. Inoltre, il Festival Internazionale del Teatro di Napoli presenta regolarmente il mio lavoro teatrale. Al Campania Dei Festival di quest’anno presento due spettacoli personali: Io sono un errore con Irene Urciuoli e Mi dispiace con Stella Höttler. Ho avuto la fortuna che famiglie nobili di Napoli mi abbiano invitato a realizzare opere permanenti in tre chiese. E ho potuto realizzare queste opere in corallo di sangue grazie ai generosi Mecenate Enzo Liverino e Gianfranco d’Amato, due collezionisti delle mie arti visive.
L’opera permanente che ho realizzato per la Real Cappella del Tesoro di San Gennaro, To Eusebia, è un grande lavoro interamente realizzato con un mosaico cesellato di corallo rosso mediterraneo, che viene collocato nell’Antisacrestia, dove sono custodite le chiavi della cassaforte contenente l’ampolla del sangue di San Gennaro, oggetto di culto e devozione popolare.
Ho deciso di evocare le origini di questo culto concentrandomi sulla pia donna, parente o nutrice del santo, che per prima raccolse il suo sangue dopo il martirio del 305 d.C.: un omaggio alle donne che hanno avuto un ruolo così importante nella storia. Ho smaterializzato l’immagine del santo e rappresentato sinteticamente e poeticamente vari oggetti legati al culto del suo sangue miracoloso.
L’altra opera permanente, Il numero 85 (con ali d’angelo), nella Chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco, è una scultura in corallo rosso mediterraneo che ho realizzato appositamente per la Chiesa, dove ho scelto di identificarmi artisticamente con le rappresentazioni della morte nella vita e della vita nella morte che sono il cuore e l’anima del barocco napoletano e del mio lavoro. La mia scultura è stata ispirata da un’altra scultura presente nella chiesa, il cosiddetto “Teschio alato”, progettato da Dionisio Lazzari nel 1669 per l’altare maggiore, che consiste in un teschio umano con ali lunghe e appuntite.
Nella mia scultura, il teschio con ali angeliche che si protendono verso il cielo, compare sulla parte anteriore il numero 85, il cui significato numerologico è legato alle anime del purgatorio ed è direttamente connesso alla venerazione dei morti, o meglio delle loro anime. L’opera è una sorta di meditazione anatomica spirituale.
Grazie, Jan Fabre, per questa conversazione intensa e ricca di spunti.
Attraverso la sua arte e le sue parole, I am blood si rivela una mostra che invita a riflettere sulla nostra natura umana, oscillante tra spiritualità e brutalità, tra bellezza e disperazione.
Ma questo dialogo non si ferma qui: a breve pubblicheremo l’intervista con Katerina Koskina, curatrice della mostra, che ci condurrà dietro le quinte del progetto espositivo. Scopriremo insieme le sue scelte curatoriali e il modo in cui ha costruito il ponte tra le due serie di opere, offrendo un’interpretazione unica e profondamente emozionante del lavoro di Fabre.
Restate su Artuu per non perdere questo secondo capitolo dedicato a I am blood.