La Galleria d’Arte Internazionale di Ca’ Pesaro a Venezia ospita Scultura Lingua Morta: fino al 4 marzo 2025, le sculture di Giorgio Andreotta Calò dialogheranno con l’opera di Arturo Martini. Il progetto espositivo ruota attorno alle parole scritte dallo stesso Martini nel 1945, riflessioni racchiuse nella pubblicazione da cui prende nome la mostra. In Scultura Lingua Morta Martini scrive “Oggi gli scultori non fanno che tentare variazioni ai temi quali, uno per uno, gli antichi hanno dato scacco matto”. In questo modo l’artista considera intrinseche della scultura da un lato la necessità di rinnovarsi, dall’altro la condanna d’essere in costante divenire. Prosegue poi esaminando l’evoluzione dei linguaggi di altre arti verso il volgare, sviluppo, invece, assente in scultura: “La scultura resta quello che è: lingua morta che non ha volgare […]”.
È a partire da queste posizioni che Giorgio Andreotta Calò espone a Ca’ Pesaro – spazio dove nel 1908 aveva esposto anche Arturo Martini – mostrando la vita della scultura oggi. Le opere più significative dell’artista veneziano indagano il rapporto con la laguna e instaurano un dialogo con le riflessioni e con la Testa di Medusa (1929) di Martini – esposta di fronte a un’inedita Medusa (2020-2022) di Andreotta Calò – .
Così, protagonista dell’esposizione non può che essere anche la città di Venezia, nello specifico la Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro: spazio che ha accolto più volte Arturo Martini – tuttora componente fondamentale della collezione permanente della galleria – e che oggi rinnova le promesse della scultura nella figura di Giorgio Andreotta Calò.
Le opere
Scultura Lingua Morta si apre con la conversazione tra Testa di Medusa e Medusa, una di fronte all’altra al centro della stanza; sporge dalla parete Icarus (Ramo) (2023). Segue la serie Pinna Nobilis – dal nome dell’omonimo mollusco la cui sopravvivenza è ormai a rischio – esposta come un bozzolo che si schiude. Poi Carotaggi, serie nota dell’artista nella quale utilizza campioni di materiali estratti dalla laguna veneziana.
Qui l’opera espone l’esito delle ricerche eseguite dai professionisti del Comune di Venezia sulla facciata di Ca’ Pesaro, legando ulteriormente la sua arte al luogo e allo spazio. Infine, Clessidre. Accanto alle sculture di Giorgio Andreotta Calò sulle pareti del palazzo le tracce lasciate dal collettivo Ipercubo: campagne fotografiche sulle collezioni della Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro. Le immagini dialogano con la produzione plastica riflettendo su questioni come l’allestimento delle opere e l’architettura del palazzo, considerando, ancora una volta, lo spazio come protagonista dell’esposizione.
Il legame con Venezia
La produzione artistica di Giorgio Andreotta Calò è strettamente legata alla città di Venezia e, soprattutto, a considerazioni estremamente attuali dal punto di vista ecologico – per la laguna ma non solo. Le sue sculture, allora, proprio in virtù di questa attualità, dialogano, rispondono alle posizioni di Arturo Martini e le rielaborano. Le opere di Andreotta Calò sono in divenire, intrinsecamente e materialmente radicate nella città di Venezia, ma anche espressioni di valori che a oggi non possono non essere condivisi.
Inoltre, è da constatare come la scultura non sia lingua morta ma sia più viva che mai nelle riflessioni proposte nell’esposizione. Lo spazio è il medesimo, Ca’ Pesaro ospita oggi Giorgio Andreotta Calò come ha ospitato quasi cento anni prima Arturo Martini. Questa conversazione sospesa nel tempo consente di attualizzare Martini e considerare Venezia come ponte tra passato e presente.
In questo, il restauro gioca un ruolo fondamentale. Ecco perché le tracce d’archivio sulle pareti e le indagini site-specific utilizzate per la realizzazione di Carotaggi. Scultura Lingua Morta riesce nel conciliare passato e presente in temi, forme e modalità. Venezia si presenta come lo scenario perfetto per questa riflessione, che risulta ancor più appropriata nello spazio della Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro. Qui la scultura è attuale (nelle considerazioni di carattere ecologico), è presente (in quello e soltanto in quello spazio) ed è viva