L’anno successivo all’edizione spumeggiante del cinquantesimo, Arte Fiera, la fiera d’arte più antica d’Italia, riapre con l’aria compiaciuta di chi un suo spazio sul mercato ha saputo mantenerlo, provando anche ad alzare l’asticella. Va dato atto a Simone Menegoi, direttore artistico degli ultimi sette anni (questa è la sua ultima edizione) di essere riuscito a mantenere la barra dritta anche tra tante tempeste (la pandemia, qualche passata edizione non proprio felice per problemi con gli espositori). E invece ci siamo trovati qui, a camminare in lungo e in largo per gli storici e luminosi padiglioni 25 e 26, per festeggiare una nuova interessante puntata di una storia che promette di continuare bene: la fiera, scommettendo sulla sua “italianità” (“prima concepita come limite, ora diventata tratto identitario”, ha detto Menegoi) e su curatele attente che non disattendono il suo lato popolare, anche quest’anno funziona.
Come prova, basterebbe citare il ritorno, tra i galleristi, di Giò Marconi, Raffaella Cortese, Tucci Russo (tutti e tre con booth “muscolari”, ampi e con progetti importanti). Aggiungiamo che la novità della sezione Prospettiva, pensata per intercettare gli artisti emergenti, rappresentati da gallerie giovani o affermate, è ben riuscita: Michele D’Aurizio, che ha curato la selezione, ci ha regalato un’infilata di progetti interessati, molti dei quali legati al rapporto tra uomo e ambiente, presentati (su tutti, quello di Clarissa Baldassarri per la galleria livornese Gian Marco Casini, che riflette sulla smaterializzazione della fotografia con un allestimento di grande effetto).
Interessante, di questa sezione, la scelta di valorizzare artisti che usano materiali inerti (come Marco Giordano che, da Umberto di Marino, lavora con le pietre laviche). Funziona molto anche la sezione di Fotografia (e non ne avevamo dubbi visto che a curarla è Giangavino Pazzola, curatore di Camera): tra i progetti meglio allestiti quello di Paolo Pellegrin da Umberto Benappi e tra quelli più sorprendenti, il lavoro, tra fotografia e parole, presentato dalla torinese Pick Gallery, della giovane fotografa Leila Erdman. E se sul fronte dell’arte moderna la sezione “Multipli” pare ben concepita (con belle proposte da Apalazzo e Giò Marconi) grazie alla curatela di Alberto Salvatori, più debole è la sezione di Pittura XXI, confermando il dna di Arte Fiera, nata non per fare ricerca e scouting ma per mostrare e far comprare ciò che è già amato/conosciuto.
La Main Section, ben suddivisa come sempre tra arte storicizzata e contemporaneo, si prende comunque tutta la scena: si comincia “col botto”, con un’infilata di big-galleries che hanno deciso di presentare booth davvero notevoli. Su tutti, Raffaella Cortese, che accoglie il visitatore con “Sovapensiero” di Marcello Maloberti e poi ancora opere di Monia Bonvicini, Francesco Arena, Barbara Bloom.
Proprio di fronte, Galleria Continua espone la toccante scultura di Berlinde De Bruyckere “Liggende-Arcangelo III” oltre a molto altro (come un lampadario nero di AI Wei Wei) e anche da Lia Rumma ci sono tutti i gioielli di casa (William Kentridge, Wael Shawky) mentre da Tucci Russo spicca una scultura di Tony Cragg che ipnotizza.
Adelaide Cioni, protagonista anche del ciclo di perfomance in collaborazione con Fondazione Fula, e Irina Blank spiccano da P420, come sempre una garanzia, e notevolissime sono anche le selezioni da Massimo e Francesca Minini (godurioso l’accostamento tra la “Falce e martello”, scultura rosso e disegni preparatori di Enzo Mari e le foto poetiche di Jacopo Benassi).
Trisorio ha concepito un booth dove i lavori di Jerry Holzer dialogano perfettamente con quelli di Francesco Arena e così hanno fatto Poggiali, Franco Noero, Pink Summer (con un neon di Invernomuto dalla scritta “Comunista” che attira l’attenzione). Altri progetti interessanti – e qui ci spostiamo nel padiglione 26 – sono quelli di Andrea Mastrovito da Michela Rizzo: l’artista bergamasco ha recuperato banchi, una lavagna, una cattedra e regala un’intensa riflessione sull’educazione. Questa sezione della fiera, piacevolmente invasa dai collezionisti locali, guarda ai grandi maestri del Novecento: tappa obbligata da Repetto e Tornabuoni oltre che da Giò Marconi. Il booth che forse riassume meglio lo spirito della fiera è però quello di Mazzoleni dove, tra un Vedova strabiliante, un Paolini elegante, un De Chirico e una Carla Accardi – tutte opere “museali” – ecco che si affacciano le luminarie di Marinella Senatore, lucenti e colorate.