Allontanandosi dal trambusto delle principali calli cittadine e dirigendosi verso il sestiere di Cannaregio, a pochi passi dalla Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo e dalle Fondamenta Nuove, si giunge a Spazio Berlendis. Questo affascinante luogo nasce dal meticoloso restauro di un ex fabbricato noto come Squero Vecio, il più antico di Venezia. In passato, la città era costellata di squeri, piccole officine navali dove venivano costruite e riparate le iconiche imbarcazioni veneziane, come gondole, pupparini e sandali. Entrando e affacciandosi dalla quella che un tempo era la sua porta d’acqua, è facile lasciarsi trasportare dall’immaginazione, percependo il fruscio delle imbarcazioni in costruzione al tempo della Serenissima, respirando l’eco di un’arte che affonda le sue radici nei secoli passati.

E se in questo angolo della città si intreccia un legame profondo con l’arte che risale al Settecento, quando lo Squero Vecio veniva immortalato dai maestri come Canaletto e Guardi, oggi il luogo rappresenta una destinazione di grande prestigio per la scena artistica e culturale di Venezia.
Fino al prossimo 19 aprile, le opere di trenta artisti popolano le sale di Spazio Berlendis, esposte nella collettiva Aldilà sarà, una mostra che raccoglie le creazioni di giovani talenti provenienti dall’Accademia di Belle Arti di Venezia.
Sono state già scritte molte parole sulla mostra, tuttavia, riteniamo che una delle cose più utili sia ascoltare gli artisti e restituire le loro parole. Per questo motivo, abbiamo scelto di chiedere a alcuni di loro di condividere la loro visione personale. La mostra ha coinvolto un ventaglio di artisti tutti attivi esponenti della pittura italiana emergente. Tra loro, abbiamo avuto l’opportunità di parlare con Sara Pacucci, Olga Lepri e Greta Ferretti, tre giovani artiste con un percorso formativo comune, legato all’Accademia e alla città di Venezia.

Per Sara Pacucci Aldilà Sarà “è una mostra che si fa custode, legando con un’invisibile filo, del panorama artistico della nostra città. Ogni opera, viene posta nel set up in relazione a ciò che la costeggia e all’insieme, cercando di creare un percorso ritmico, dove vuoti e pieni, silenzi e rumori si accostano. Sicuramente è il colore a dettare la via, dalla delicatezza della pittura di Greta Ferretti, fino ai toni di cadmio di Giulio Malinverni. Troviamo poi, appunto, un alternarsi di scene dal corpo al paesaggio sino all’astrazione, come quella dei lavori di Jingge Dong. Personalmente non trovo forti differenze tra creare un’immagine, una poesia o una melodia: è sempre una questione di equilibri e sensibilità, un ritmo tra ciò che c’è e ciò che è fantasma, mantenendo il fuoco, con lucidità, sulla sensazione che vogliamo raccontare. Questo funziona allo stesso modo per la creazione di una mostra“.

Il titolo, Aldilà Sarà inserisce la mostra all’interno di una continuità significativa con una serie di opere di Aldo Grazzi, l’artista ed ex-professore dell’Accademia venuto a mancare nel 2023. Si vuole così rendere omaggio a Gazzi come docente di una generazione di pittori ed esprime anche il riconoscimento dell’Accademia, dei suoi insegnanti e allievi, come elementi centrali nello sviluppo culturale e artistico della città. È Olga Lepri ad approfondire questo legame:
“L’Accademia di Venezia, nei suoi 275 anni di storia, è stata un luogo attraverso cui sono passate molte personalità illustri: da Gian Battista Tiepolo a Francesco Hayez, da Antonio Canova ad Arturo Martini, Carlo Scarpa a Emilio Vedova. Il contributo dell’insegnante accademico rispetto agli allievi lascia in essi un segno importante. In primo luogo perché entrambi condividono lo stesso linguaggio ovvero l’ambito artistico, in secondo luogo perché il docente trasferisce o attiva nell’allievo un metodo. Sta all’allievo raffinare tale metodo, coglierne la specificità e gli eventuali limiti, ricercare e integrare altri sguardi e modi, applicare quanto appreso. Quello tra i docenti e gli allievi d’arte è soprattutto uno scambio di esperienze e di poetiche”.

Aldilà Sarà entra in un’efficace ottica di indagine, partendo dal presupposto di un percorso formativo comune tra le ultime generazioni. La mostra offre una panoramica approfondita sulla ricerca artistica sviluppata all’interno dell’Accademia, intercettando le pulsazioni che animano gli atelier e dando voce alle tendenze e ai fermenti artistici contemporanei. In questo contesto, come sostiene Sara Pacucci, “il focus delle opere di Grazzi, che rimandano al tema dell’esistenza tanto quanto quello della percezione, si riflette sicuramente in molte delle ricerche degli artisti presente” anche se, in prospettiva, si delinea un panorama variegato e dinamico.

C’è un’altro aspetto significativo decisamente non trascurabile: come ci ricorda con lucidità Olga Lepri, “la mostra propone di sperimentare e sollecitare un effettivo riversamento artistico dall’ambiente protetto dell’alta formazione artistica al mercato dell’arte, passando quindi per una galleria”. Una sintonia, questa, capace di fornire alle giovani generazioni tutto il necessario per proseguire le loro ricerche.
È d’accordo Greta Ferretti quando afferma che “Venezia offre un modo particolare di intrecciare relazioni”, ed è senza esitazione nel dire che “la scena artistica veneziana è attiva e inizia ad essere riconosciuta nel nostro sistema dell’arte. In un momento storico in cui la fruizione dell’arte avviene spesso in maniera frenetica dal digitale (e ne viene influenzata), in cui alcuni dei temi cruciali sono il tempo, l’identità, l’incomunicabilità, perseguire una narrazione il più possibile autentica e sincera utilizzando il mezzo intimo della pittura è attuale e necessario. La collettiva si contestualizza in un luogo comune che permette alla sfera privata e al lavoro di combaciare“.