Comanche: l’identità contesa nel sistema dell’arte secondo Luis Gómez Armenteros

Con Comanche – The Enemy of Everyone, Luis Gómez Armenteros firma una mostra personale che si articola tra la Fabbrica del Vapore di Milano e lo spazio The Place a Bergamo. Un progetto espositivo che si fa riflessione profonda sul ruolo dell’artista oggi, sul senso dell’opera e sulle dinamiche che regolano il mercato e la critica dell’arte contemporanea.

Nato nel 1968 a Cuba, a La Havana, Gómez Armenteros porta in mostra una selezione di lavori realizzati durante Futura, la residenza artistica proposta dalla Fabbrica del Vapore e rivolta ad artisti over 35, di cui è stato mentore. Accanto a queste opere, trovano spazio lavori precedenti, ripensati e adattati agli ambienti della Sala Bianca, in un percorso che si distingue per varietà e stratificazione di linguaggi.

Come osserva il curatore della mostra Giacomo Zaza: “In questo percorso espositivo, Luis gioca su un filo sottile tra il dire e il non dire, mettendo in discussione il concetto di visibilità e invisibilità dell’artista nel sistema globale dell’arte contemporanea. In particolare, riflette sul valore che viene attribuito alla provenienza di un artista, spesso trasformata in un’etichetta di mercato, mentre la sua voce e la sua esperienza reale restano in silenzio”.

PARCIAL O TOTAL. Un poema robado. (Verso #1), 2023 – 2024 Video

La ricerca prende le mosse dall’ambiguità del termine Comanche:Quando ho letto il significato etimologico della parola Comanche – spiega l’artista –   sono rimasto completamente affascinato. Comanche deriva dalla parola Ute che significa chiunque voglia combattere con me tutto il tempo, ovvero qualcuno di litigioso, ma questa parola significa anche popolo. Uno dei motivi per cui ho scelto la parola Comanche per il progetto in Fabbrica del Vapore è la condizione di nomadismo di questo popolo. (…) Il nomadismo non solo converge nel mio lavoro per la sua condizione sperimentale, ma anche per la piega che ha preso la mia vita di oggi come emigrante”. 

Nasce da qui un ragionamento sulla costruzione dell’identità e della cultura attraverso lo sguardo dell’Altro, che ne rivela distorsioni, incongruenze e fratture attraverso undici opere che spaziano dall’installazione, al video alla fotografia e dove si osserva un continuo gioco tra materiale e linguaggio. 

Lo stretto legame di questi due elementi trova riscontro anche nel metodo di lavoro di Gòmez Armenteros, come racconta lui stesso: “Per me il processo creativo si muove sempre tra due aspetti fondamentali. Da una parte, l’insegnamento che ho ricevuto dal mio maestro, Juan Francisco Elso Padilla, che ci diceva quanto fosse importante che il materiale parlasse da solo, che comunicasse senza bisogno di aggiungere altro, senza descrizioni o immagini che interferissero. Il materiale deve avere una sua voce autonoma. Dall’altra parte, però, c’è il mio forte interesse per il linguaggio, che accompagna ogni mio lavoro”.

Demo 2017 2025
Installazioni in situ Riviste darte

E in effetti il linguaggio, nelle opere esposte, diventa un territorio di esplorazione continua. Un elemento vivo, che l’artista talvolta sceglie di escludere come nell’opera video Trata o Tratado. Le voci dei dieci intervistati, che rispondono a domande sulle forme di manipolazione nel mondo dell’arte, sono silenziate riflettendo le stesse dinamiche di potere che si volevano analizzare.

Altre volte il linguaggio è frammentato e decontestualizzato. È l’esempio di Demo, installazione realizzata con riviste d’arte italiane raccolte nelle edicole e nei mercatini della città. Arrotolate tra loro a formare quasi una torre, le copertine dei magazine più noti sembrano inghiottire progressivamente quelle delle piccole pubblicazioni indipendenti.

A Fuzzy Guy, 2023-2024 Dittico
stampa fotografica

Un gesto minimale che diventa metafora delle dinamiche di potere, dei processi di omologazione culturale e delle gerarchie imposte dall’alto. E ancora in Fuzzy Guy, realizzata durante la residenza artistica, l’elemento fotografico di un piatto di sushi è affiancato ad un testo spezzato, una citazione di una collezionista che parla in modo idilliaco e quasi romantico degli artisti e dell’arte. Qui il linguaggio innesca un meccanismo di gioco. Dall’accostamento tra un’immagine così chiara e una così incomprensibile, emerge in modo sottile la critica alla pretesa dei critici, dei collezionisti e dei mecenati di definire in modo preciso un ambito come quello artistico, così legato alla sperimentazione e al dubbio. 

Parlando dell’esposizione l’artista dichiara: “Le opere, per me, sono come figli. Qui, alla Fabbrica del Vapore, ho avuto l’opportunità di far dialogare lavori nuovi come Comanche (Wild Horses) con altri più vecchi, che finalmente sono riuscito a realizzare come li avevo immaginati”.

Sparring Partner, 2017 Oggetto di un’azione

Attraverso questa doppia personale, l’artista invita a interrogarsi su cosa significhi produrre e osservare arte oggi, restituendo al pubblico un mosaico poliedrico di lavori che pongono domande scomode e necessarie. 

La mostra si chiuderà il 5 aprile con un finissage, evento che rientra nel programma della nona edizione della Milano Art Week promossa dal Comune di Milano. Sarà possibile partecipare ad una visita guidata e ad un breve talk che vedrà protagonisti l’artista Luis Gòmez Armenteros, il curatore Giacomo Zaza e la direttrice di Fabbrica del Vapore, Maria Fratelli.

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