Le politiche di pricing nel settore artistico non sono mai chiare. Un video pubblicato sul canale youtube della rivista Vox spiega in modo chiaro il perché. Qui riproponiamo il contenuto riassunto e tradotto.
Il 18 maggio scorso l’imprenditore giapponese Yusaku Maezawa si è aggiudicato da Sotheby’s a Manhattan l’opera di Jean Michelle Basquiat Untitled 1982 , 173×183, alla cifra tonda tonda di 110 milioni di dollari. La battuta d’asta ha fatto parlare di sè in tutto il mondo perchè ha stabilito un nuovo record nella vendita di opere di un artista americano.
Ma come è possibile che un’opera d’arte raggiunga cifre così esorbitanti? In base a cosa viene definito il prezzo o il valore di un’opera d’arte?
Pur non trattandosi esclusivamente di una questione economica, l’artista e la qualità del suo lavoro non sono le uniche discriminanti per la determinazione del prezzo delle sue opere.Le componenti fondamentali per vendere un quadro a milioni di dollari sono UN FORTE VALORE DI MERCATO e UNA GROSSA RICHIESTA DA PARTE DEI BUYER, e ci vuole una mole di lavoro enorme per far si che si pongano queste condizioni.
Come Don Thompson descrive nel suo libro “The courious Economics of the Contemporary Art” la formula che stabilisce il prezzo deriva da:
Reputazione dell’artista
Reputazione del dealer
Status dell’acquirente
Misure dell’opera.
Ovviamente più grande è l’opera, più alto è il prezzo. Questo per ovvie ragioni in termini di costi ed estetica. Ma la dimensione non vale nulla se comparata alla reputazione dell’artista.
Alcuni tra gli artisti più valutati sono stati infatti personaggi pubblici, si pensi a Warhol o Salvador Dalí. Chi non dispone di questa fama all’inizio deve invece far leva sulla reputazione del venditore che secondo Thompson è la variabile più incisiva.
Per capire il meccanismo è utile far riferimento ad uno dei casi più famosi della storia dell’arte contemporanea, quella dello SQUALO DA 12 MILIONI DI DOLLARI di Damien Hirst.
Hirst inizia a lavorare nel settore nell 1990, supportato da uno dei giganti dell’arte contemporanea, il businessman iraniano Charles Saatchi.
Dopo aver visto il suo lavoro di diploma, Saatchi commissiona ad Hirst un’opera d’arte a sua scelta per il valore di 50000 dollari.
Hirst decide di comprare uno squalo tigre lungo più di 4 metri da un pescatore australiano per il valore di 6000 dollari, e ne spende altri 5000 per trasporto e messa in formaldeide. Più tardi nel 2004 lo squalo viene venduto privatamente al businessman inglese Steve Cohen per un prezzo di 12 milioni di dollari, circa 130 volte il valore di acquisto.
Ma tutto ciò ha senso se si pensa alla dimensione del lavoro, alla reputazione dell’acquirente originario, Charles Saatchi e alla modalità in cui è avvenuta la vendita.
Le trattative private infatti concedono al venditore un potere di contrattazione infinitamente maggiore rispetto all’acquirente. Il dealer ha interesse a realizzare il maggior profitto possibile e pertanto condivide con il buyer solo informazioni selezionate, che gli consentano di raggiungere il suo obiettivo. Come potete immaginare in queste circostanze (che costituiscono la maggior parte delle vendite in questo settore), la reputazione del venditore, che si traduce in fiducia, acquista un peso ancora maggiore.
Oltre ai meccanismi tipici del sistema arte, il mercato è influenzato anche dalle più basilari regole economiche, prima fra tutti quella della scarsità. Se sono disponibili un numero ristretto di opere, la domanda di mercato cresce e quindi aumenta il prezzo.
Anche questa è stata un’intuizione del caro Saatchi, che nel 1999 convinse un’ emergentissima Jenny Saville a ridurre la sua produzione artistica a solo 6 opere all’anno, vendute per 100.000 dollari ciascuna.
Le conseguenze di questa pratica sono evidenti nei dati di mercato: negli ultimi anni secondo il report annuale di Tefaf il valore del mercato dell’arte (64 bln nel 2015) è cresciuto ad un ritmo incredibilmente maggiore rispetto al numero dei lotti venduti. Questo appunto perchè si stanno alzando i prezzi medi per opera.
Alla luce di tutto ciò emerge come il mercato dell’arte e le politiche di pricing sottostiano ancora alla dittatura dei dealer. Internet costituisce tuttavia una minaccia sempre maggiore per l’establishment. I mezzi d’informazione, l’analisi dei bigdata, la trasparenza dei prezzi sui marketplace online sono armi preziose nelle mani delle nuove generazioni di collezionisti.