Abbiamo intervistato Alessandra Carloni, artista nella scuderia della Galleria Online Singulart, che ci ha raccontato come conciliare la passione per le tele a quella per la streetart
Alessandra Carloni è un’ artista romana che lavora come pittrice e street artist e con già alle spalle molteplici mostre in giro per l’Italia. Recentemente Alessandra si è unita alla Galleria d’Arte Online Singulart, che offre ai collezionisti una selezione di opere di artisti selezionati da tutto il mondo. Scopri di più su Singulart su www.singulart.com/it
1. Perché fai arte?
Fare arte per me è una necessità. Una ricerca che ho coltivato fin dall’adolescenza. Il desiderio di esprimermi e raccontare il mio mondo interiore, per trovare un ruolo in questa società, e poterla rappresentare attraverso il mio linguaggio.
Il senso di tutto quello che si costruisce su una tela o su una qualsiasi altra superfice nasce inevitabilmente dall’anima del pittore, anche per questo è difficile spiegare perché si “fà arte”. A un certo punto su quella superficie vuota, che può essere un muro piuttosto che una tela, si sviluppa un’immagine, e dietro quello si svela il senso che il pittore inconsapevolmente vuole rivelare, o che stà ricercando.
Attraverso l’arte io racconto di me, della mia vita, dei miei desideri, delle mie emozioni, delle mie paure e delle mie domande. E lo faccio, immaginandomi un mondo surreale, sognante, visionario e in attesa.
Il mio è quindi un lavoro che indaga la propria interiorità, e vuole trasmettere attraverso questo immaginario artistico la spiritualità dell’uomo adulto, esortandolo a vivere con piena coscienza il proprio tempo.
2. Come hai trovato la tua voce come artista?
L’interesse per l’arte è nato molto presto, non parlo di vocazione ma di una vera e propria esigenza nel vedere qualcosa creato dalle mie mani, raccontato da me, così interiorizzato da diventare quindi la mia espressione, la mia firma.
Il passo non è avvenuto subito, ma con una lenta e progressiva formazione prima accademica e poi intima, di ricerca continua, che mi ha portato sino ad oggi ad essere consapevole che è questo quello che voglio fare e quello che voglio essere.
3. Ti muovi tra pittura su tela e street art. Come gestisci questa relazione?
Il percorso fra street art e pittura è in un certo senso parallelo, mi muovo in entrambi i settori portando avanti una ricerca, e sento anche la necessità di far conciliare le due realtà.
La pittura ha una dimensione più intima, in cui la tela è lo schermo dell’interiorità dell’artista, che liberamente si esprime, ma è limitata nelle misure circoscritte di una tela, mentre nella street art prendono piede altri aspetti legati al territorio, l’immediato riscontro con il pubblico, il contatto con la realtà esterna e le influenze che si determinano dal legame con il territorio stesso.
Nonostante le differenze, ambedue i percorsi si integrano e uno influenza l’altro reciprocamente, diventando a tutti gli effetti i punti fermi della mia ricerca.
4. Guardando indietro ai tuoi lavori precedenti, cosa ne pensi oggi?
Naturalmente quando osservo i miei lavori precedenti noto un cambiamento, motivato dalla ricerca continua e dall’esigenza di esprimermi ogni giorno, che sia con un segno su un foglio o su una tela. Ma ogni fase è relativa anche al periodo emotivo in cui è stata concepita e di conseguenza realizzata. Per cui aldilà delle migliorie tecniche raggiunte negli anni, ogni fase stilistica anche passata, è molto significativa per me. Diventa una traccia di un racconto, un bagaglio e una memoria artistica, che è fondamentale per andare avanti in una ricerca.
5. Puoi parlarci un po ‘ dell’idea e del processo di creazione della tua ultima serie “Moby Dick”?
L’ultima produzione su Moby Dick è nata in occasione di una mostra che inaugurerà Il 15 Giugno in una galleria Ligure. Le mostre sono sempre per me dei banchi di prova, che portano in luce nuove ricerche e nuovi temi da sviluppare. Anche in passato mi sono spesso misurata su temi narrativi da evolvere e da interpretare, come è accaduto ad esempio un anno fa in occasione della mostra bipersonale che ho realizzato alla Galleria Rvb Art di Roma, sul Barone Rampante di Italo Calvino.
L’ispirazione a romanzi è una chiave molto presente nelle mie opere, che sono di fatto pitture narrative e che richiamano al mondo dell’illustrazione, con la differenza che io cerco di portare l’illustrazione a una chiave più pittorica e concettuale.
Così è accaduto per Moby Dick, tratto dal famoso romanzo di Melville, dove non ho scelto di riprodurre le fasi del romanzo, né la sua chiave concettuale, ma ho cercato di rendere mio, interpretandolo con le mie chiavi stilistiche il tema di fondo del romanzo. Ecco che la balena bianca, non è più il simbolo del male ne l’ossessione di Akab, bensì quasi una macchina meccanica, come la serie delle mie navi, in cui il personaggio viaggia alla ricerca della propria interiorità.
Profilo di Alessandra Carloni su Singulart: https://www.singulart.com/it/artista/alessandra-carloni-1493
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