Lo sentirete ripetere da molti, Artefiera quest’anno sembra essere in netta ripresa.
Sarà la ricorrenza del cinquantenario dalla nascita, sarà la scelta dei padiglioni 25 e 26, più comodi e razionalmente dotati di un fumoir esterno che li congiunge, certo è che si avverte che qualcosa è cambiato. I galleristi all’inaugurazione sorridono, qualcuno ha già venduto e si appresta a cominciare la maratona fieristica più rilassato. Il mio sospetto è che il merito di questa atmosfera moderatamente più vivace rispetto alle stagioni precedenti vada alle gallerie che trattano il contemporaneo.
Il giovedì di apertura si può misurare la differente temperatura che distingue la zona delle gallerie che propongono artisti storicizzati da quella delle gallerie orientate alle generazioni più giovani, in genere più affollata e frizzante. La pittura è, come sempre, il linguaggio dominante, ma quest’anno si ha la sensazione che ce ne sia di più. Non è, però, solo a causa della presenza della Sezione Pittura XXI, giunta alla sua quinta edizione, e curata ancora una volta da Davide Ferri, col coinvolgimento di 16 gallerie.
Anche nella Main section l’offerta di pittura non si limita solo a nomi consolidati. Qui, tra le cose migliori vale la pena di menzionare lo stand monografico di Lorenzelli Arte, dedicato a Piero Dorazio, con opere di grande qualità a dominante cromatica rossa e quello della Galleria Giampaolo Abbondio, con lavori recenti di Jason Middlebrook su tela, carta e tavole di frassino.
Sempre interessanti le proposte della Galleria Vigato, che prosegue con coerenza il proprio programma di pittura anni Ottanta, soprattutto di marca anacronista, tra cui spiccano i nomi di Omar Galliani, Stefano Di Stasio e Lino Frongia.
Tra i lavori di pittori emersi negli anni Ottanta spiccano la grande tela di Arcangelo da Marcorossi (Terra dei Misteri, 1999), le tele e gli interventi di pittura espansa di Gianni Dessì da Umberto Benappi.
Nello storico sorprende, invece, il close up di Torbandena su Arturo Nathan, pittore triestino di cultura cosmopolita, stilisticamente vicino al Realismo magico e alla Metafisica di De Chirico – che era tra l’altro uno dei suoi estimatori –, e morto in Germania nel campo di concentramento di Bergen-Belsen nel 1944. Un tributo al Chiarismo lombardo, con opere di Francesco De Rocchi, Angelo del Bon, Umberto Lilloni e Adriano Spilimbergo, è quello allestito da Il Chiostro Arte Contemporanea.
Sul contemporaneo di stretta attualità spiccano le proposte internazionali dell’accoppiata Scognamiglio-Placido, con i dipinti della georgiana Rusudan Khizanishvili, della finlandese Jenni Hiltunen, della cinese Silia Ka Tung, dell’inglese Sara Berman e dello zimbawese Tafadzwa Tega.
Quelle di Osart, dedicate all’arte contemporanea del Continente nero, con le prove dei sudafricani Jeanne Gaigher, Katharien De Villiers e Feni Chulumanco, degli zimbawesi Wilfred Timire e Franklyn Dzingai e del nigeriano Ikeorah Chisom Chi-Fada; le incursioni asiatiche di Primo Marella, che porta Ruben Pang (Singapore), He Wei (Cina), Arvin Golrokh (Iran), Masayuki Arai (Giappone), Rangga Aputra (Indonesia) e altri artisti di varia provenienza.
Da Secci, invece, si trovano i lavori astratti di David Schnell, unico esponente della Neue Leipziger Schule presente nella rassegna, mentre da Mazzoli, oltre ai lavori di Mimmo Paladino, Sandro Chia, Ross Bleckner e Peter Halley, si rimane colpiti dalla sognante e variopinta tela di Ariel Cabrera Montejo (Un Viage por el Pop, 2022).
Molte sono poi le presenze italiane contemporanee sia nella sezione Pittura XXI, sia nella Main section.
Sebbene, passeggiando tra gli stand, si ha quasi una sensazione di dejà vu dovuta probabilmente al fatto che quello disseminato nelle varie gallerie – e c’era da aspettarselo – è letteralmente uno sversamento di nomi di artisti della contestatissima mostra Pittura italiana oggi, curata da Damiano Gullì alla Triennale di Milano.
Basta guardare la sezione curata da Davide Ferri, dove ben sette gallerie propongono lavori di artisti presenti nell’esibizione milanese: Acappella con Claudio Coltorti (vincitore anche del Premio Osvaldo Licini by Fainplast), ADA con Diego Gualandris, Boccanera con Linda Carrara, Doris Ghetta con Pietro Moretti, Francesca Antonini con Rudy Cremonini e Alice Faloretti, Société Interludio con Andrea Barzaghi ed Enrico Tealdi, infine UNA con Thomas Berra.
Non solo Pittura XXI paga il debito alla mostra di Gullì, ma anche molte gallerie della Main section: ecco 1/9Unosunove (di nuovo Pietro Moretti), Giovanni Bonelli (Fulvio Di Piazza, Francesco Lauretta, Nicola Verlato), Rizzuto (Francesco De Grandi e Luigi Presicce), Cardelli e Fontana (Beatrice Meoni e, ancora, Andrea Barzaghi).
E ancora Galleria Continua (Marta Spagnoli), Matèria (Marta Mancini), Monitor (Thomas Brambilla, Matteo Fato, Oscar Giaconia, Nicola Samorì), P429 (Riccardo Baruzzi e Francis Offman), Prometeo Gallery (Iva Lulashi), SpazioA (Luca Bertolo), Studio SALES (Romina Bassu e Stefano Arienti), The Gallery Apart (Alessandro Scarabello), Traffic Gallery (Lorenza Boisi), Z2O Sara Zanin (Michele Tocca e Nazzarena Poli Maramotti), L’Ariete (Pierluigi Pusole e ancora Nicola Samorì) e infine Thomas Brambilla (Marco Cingolani) e Ex Elettrofonica (Gabriele Picco, ma con sculture).
In questo profluvio di nomi, spiccano la pittura “piena di grazia” di Lorenza Boisi, quella soave ed elegante di Beatrice Meoni e quella candida e poetica di Thomas Berra.
Incuriosiscono le ultime tele di Luigi Presicce, abitate da bizzarre creature metamorfiche, e affascinano i crudeli soggetti dipinti da Francesco De Grandi, che non teme di urtare con le sue “sanguinose visioni” gli spiriti più delicati. Sempre da Rizzuto, convincono i lavori di Mattia Barbieri, che riesce a comprimere sulla superficie pittorica una pletora di linguaggi dissimili, in bilico tra tributi al passato e impavide sperimentazioni.
Tra gli stand che nella sezione Pittura XXI restano immuni al fascino della mostra milanese di Gullì, c’è quello di Federico Rui, incentrato sui dipinti di Daniele Galliano, tra i quali colpisce l’episodio corale de La grigliata; quello di Car Gallery, che presenta il gradito ritorno di Alessandro Roma con dipinti e ceramiche; e quello di Luca Tommasi, che coerente con la sua ricerca legata alla nuova astrazione, presenta le ultime fatiche di Alexis Harding e Helen Bermingham.
Infine, nella Main section valgono una menzione anche le presenze di Gioacchino Pontrelli da Paola Verrengia (che espone anche i lavori di Mattia Sugamiele), Cristiano Pintaldi da Mucciaccia Gallery, Ozmo da Studio d’arte Raffaelli e Attila Szűcs da Wizard Gallery.
Insomma, è un trionfo della pittura che lascia ben sperare e che, finalmente, ci lascia la sensazione che la visita – e non solo l’agognato piatto di tagliatelle al ragù – questa volta sia valsa il viaggio.