La mostra “I tempi del Bello. Tra mondo classico, Guido Reni e Magritte“, ospitata dai Musei Civici Gian Giacomo Galletti nel Palazzo San Francesco a Domodossola, curata da Antonio D’Amico, Stefano Papetti e Federico Troletti, verrà inaugurata il 18 luglio e sarà visitabile fino al 12 gennaio 2025 e rappresenta un percorso artistico che collega il mondo classico con il Barocco e l’arte contemporanea.
L’esposizione include opere di artisti come Rubens, i Carracci, Guido Reni, Pompeo Batoni, Antonio Canova, Achille Funi, Mario Sironi, Giorgio De Chirico e René Magritte. Le opere in mostra mettono in luce il riferimento costante alla classicità, interpretata e reinterpretata secondo le esigenze culturali di ogni epoca. La statuaria classica d’età romana del Museo Nazionale Romano e delle Terme di Diocleziano, esposta per la prima volta a Domodossola, costituisce un punto centrale di questo percorso.
La mostra si apre con l’arte classica della Grecia del V secolo a.C., periodo identificato da Leopardi come il “Tempo del Bello“, dove artisti come Fidia, Mirone e Policleto esprimevano un equilibrio tra valori estetici ed etici, noto come kalokagathìa. All’interno della suggestiva cornice di Palazzo San Francesco, oltre quaranta opere, tra dipinti e sculture, raccontano i vari “Tempi del Bello”, illustrando come la ricerca della bellezza formale e spirituale abbia seguito di pari passo la storia dell’arte.
Tra i protagonisti della mostra spicca Guido Reni, rappresentante della classicità nell’arte europea del Seicento, noto per la sua eleganza formale e la conoscenza della statuaria classica. In mostra si possono ammirare capolavori come l’Annunciazione della Pinacoteca Civica di Ascoli Piceno e il San Sebastiano di collezione privata, che evidenziano l’influenza dei modelli classici e il mito di Raffaello.
Rubens, un altro grande maestro, dimostra nella sua Madonna del Rosario, documentata da un bozzetto in collezione privata, come i modelli scultorei classici fossero adattati alle esigenze iconografiche della committenza barocca. La mostra prosegue con le opere neoclassiche di Antonio Canova, tra cui il Ritratto di Paolina Bonaparte come Venere Vincitrice, che esemplifica il suo ideale di bellezza.
L’arte post-unitaria italiana, pur eclettica, non rinuncia ai richiami alla tradizione greco-romana. Lo scultore Demetrio Paernio, con i suoi monumenti funerari nel cimitero di Staglieno, e il pittore genovese Domenico Piola, con la sua rappresentazione di Gesù Bambino addormentato sulla Croce, ne sono chiari esempi.
Dopo la rivoluzione delle Avanguardie, che aveva dichiarato la fine della classicità, nel 1924 il critico francese Maurice Rejnal auspicava un “Ritorno all’Ordine“, visibile nelle opere di artisti come Funi, Campigli, Sironi, De Chirico e Magritte.
L’allestimento della mostra è stato curato dallo Studio Lys, con un progetto illuminotecnico di LightScene Studio e la collaborazione di Viabizzuno. Un catalogo edito da Sagep Editori d’Arte accompagna l’esposizione, fornendo ulteriori approfondimenti sulle opere esposte e sul contesto storico-artistico.