Alla Fondazione Bevilacqua la Masa, la mostra antologica per il centenario dell’artista veneziano invita a riscoprire la poesia di stupirsi di fronte alla magia della bellezza.
Saverio Barbaro: un cognome che suona profondamente veneziano, evocando le grandi imprese d’oltremare e le avventure dello spirito. Un nome che porta con sé la storicità di una città, Venezia, ma che nello stesso tempo si fa veicolo di nuove e inaspettate esplorazioni artistiche.
Dalla lezione fauve assimilata dal grande pittore veneziano Gino Rossi, fino all’esperienza parigina, dove il suo linguaggio artistico si arricchisce attraverso il confronto con artisti come Utrillo e Derain, Saverio Barbaro intraprende un viaggio in continua evoluzione alla ricerca di nuovi mondi espressivi. Un cammino che lo porta a confrontarsi con una realtà artistica e culturale in fermento, dove il colore diventa il protagonista indiscusso. Il suo cromatismo appassionato è il frutto di una raffinata cultura figurativa che, nonostante le influenze esterne, mantiene sempre salde le radici nella tradizione veneziana. Tuttavia, Barbaro non si limita a riproporre un immaginario visivo nostalgico o imitativo. Al contrario, inserisce questa tradizione in un contesto di rinnovamento e innovazione, reinterpretandola con una visione fresca e attuale.
Barbaro, pittore venezianissimo, non si ferma dunque alle tradizioni della sua città natale; la sua arte si spinge ben oltre i confini lagunari, portando la sua tavolozza e i suoi pennelli verso un orizzonte lontano, quella che i vecchi veneziani chiamavano Barbarìa: l’Africa Settentrionale, il Maghreb, territori ricchi di suggestioni visive e culturali. In questa terra lontana e misteriosa, l’artista scopre nuovi paesaggi, che si rivelano affascinanti non solo per la loro bellezza esotica, ma anche per la profonda umanità dei suoi abitanti, che, nella loro povertà essenziale, risultano ancora più affascinanti e carichi di significato. È qui che Barbaro trova un’ulteriore dimensione per il suo lavoro, in un incontro profondo con la povertà umana, una bellezza nuda e senza maschere, che la sua arte traduce in segni, forme e colori, rivelando una nuova visione del mondo e dell’espressione artistica.
La Fondazione Bevilacqua La Masa, storica istituzione culturale di Venezia, apre le porte del suo Palazzetto Tito per una mostra antologica dedicata all’artista. Il 2024 segna il centenario della sua nascita, e in occasione di questo importante anniversario, la mostra intende celebrare la sua straordinaria carriera, offrendo una panoramica completa delle sue sperimentazioni artistiche e ripercorrendo le tappe più significative del suo lungo e affascinante percorso creativo.
Palazzetto Tito, che per Barbaro rappresenta un luogo particolarmente simbolico, assume un significato ancora più profondo in questa occasione: è proprio qui, nel 1948, che l’artista fece il suo esordio espositivo, partecipando alla 36a Mostra Collettiva dell’Opera Bevilacqua La Masa con la celebre Primavera Asolana. Quest’opera, recentemente ritrovata in una collezione privata, torna ora in mostra per la prima volta dopo decenni, riproponendo al pubblico una testimonianza straordinaria delle origini artistiche di Barbaro.
Sono inoltre esposte altre opere inedite, che arricchiscono ulteriormente il panorama creativo dell’artista accanto alle quali è possibile ammirare una serie di lavori degli anni Sessanta,, un periodo particolarmente significativo nella sua evoluzione stilistica. Durante questi anni, Barbaro venne profondamente influenzato dalle correnti del realismo esistenziale, che lo condussero a una pittura dai toni scuri. Le opere di questo periodo sono caratterizzate da una densità emotiva che si esprime attraverso cromie cupe e atmosfere inquietanti.