Ruby Rhizome è un’artista che sfida i confini tra corpo, tecnologia e spiritualità, trasformando esperienze personali in narrazioni visive universali. La sua pratica artistica nasce da un’esplorazione profonda della propria fisicità e interiorità, utilizzando strumenti come dati biometrici, geometria sacra e tecnologie avanzate per dare forma a emozioni, pensieri e stati d’essere.
Con il progetto GENESIS, Ruby ha sviluppato un dialogo innovativo tra scienza e arte, partendo da elementi apparentemente asettici come i battiti cardiaci e trasformandoli in opere che raccontano storie di connessione, vulnerabilità e resilienza. Le sue creazioni non solo celebrano l’intersezione tra il tangibile e l’intangibile, ma si propongono anche come un invito a esplorare nuove possibilità espressive attraverso l’integrazione di elementi tecnologici e simbolici.
In questa intervista, Ruby ci guida attraverso il suo percorso artistico, dagli inizi legati alla scoperta della propria corporeità fino alle sue ricerche attuali, incentrate sull’abbattimento dei confini tra umano e digitale. Ci racconta come le sue esperienze personali abbiano influenzato la sua visione creativa e come il suo lavoro cerchi di rivelare le interconnessioni profonde tra l’individuo e l’universo.
La tua pratica artistica è strettamente legata alla tua esperienza personale e al corpo. Come è iniziato il tuo percorso come artista e quali sono stati gli eventi o le ispirazioni chiave che ti hanno portato a sviluppare questo approccio così intimo e unico?
Credo di non aver mai “iniziato” a fare arte nel vero senso della parola, perché sono sempre stata immersa in essa. Le persone creative, a mio avviso, nascono con una particolare sensibilità e osservano il mondo con occhi diversi. Da piccola scrivevo poesie e rappresentavo la mia città in competizioni letterarie per giovani talenti. Ma presto mi sono avvicinata alle arti visive, attratta dall’idea della fisicità come manifestazione concreta di stati interiori articolati.
Un momento chiave è stato un intervento chirurgico che ho subito da giovane. Era un’esperienza che mi aveva profondamente spaventata e, in un certo senso, scossa. Ho iniziato a fare diverse visite mediche e a raccogliere tutti i risultati e i tracciati biometrici, conservandoli in un cassetto. L’idea di essere viva, ma che questa dimensione potesse cambiare drasticamente da un momento all’altro, mi tormentava. Quando quel cassetto si è riempito, ho capito che dovevo affrontare ciò che provavo. Ho tirato fuori tutti i documenti e ho iniziato a osservarli con attenzione. Quello che inizialmente sembrava un esercizio per gestire la paura si è trasformato in qualcosa di completamente diverso. Mi sono trovata intrigata da quei grafici e numeri. Mi affascinava come qualcosa di apparentemente così matematico e asettico potesse, in realtà, contenere un’esistenza tanto profonda e intima. Questa scoperta ha dato inizio a una ricerca che continua ancora oggi, dove esploro la forma fisica come un crocevia tra flussi interiori, dinamiche emozionali e materia tangibile.
La fisicità ha molti segreti, e ogni gesto porta con sé significati complessi. Mi ha sempre attratto l’idea che il nostro corpo non solo rifletta ciò che siamo dentro, ma sia anche un mezzo per osservare il mondo in modi che superano i cinque sensi. Questo pensiero mi ha spinta a indagare non solo la dimensione materiale, ma anche i flussi invisibili che la attraversano.
Progetto GENESIS. Da dove deriva questo nome e perché? Qual è stato il momento preciso in cui hai capito che elementi come la biometria e i dati medici potevano trasformarsi in arte?
Il nome GENESIS deriva dalla parola greca che significa “origine” o “processo di creazione”. Mi piace pensare alla genesi come al momento in cui qualcosa di immateriale si trasforma in materia. Rappresenta l’idea di un pensiero che prende forma, di un principio che emerge da un oceano ancora sconosciuto.
La mia attrazione per le informazioni biometriche è iniziata proprio durante il periodo successivo al mio intervento chirurgico. Guardavo i grafici dei miei battiti cardiaci e vedevo in essi non solo numeri, ma una dimensione estetica e quasi trascendente. Quei tracciati, precisi e rigorosi, portavano con sé una narrazione della mia esistenza. Mi sono chiesta come potessero raccontare una storia attraverso l’arte, trasformandosi in qualcosa di più umano e universale.
Con GENESIS ho voluto esplorare questa dicotomia tra il dato numerico e l’emozione, tra il calcolo e la spiritualità, cercando un linguaggio comune che permettesse a entrambi di coesistere e dialogare. Ho usato dati biometrici per creare un ponte visivo tra l’interiorità umana e le leggi naturali, dimostrando come la tecnologia può essere un’estensione del nostro linguaggio espressivo.
Nel progetto, hai utilizzato i battiti cardiaci come mezzo espressivo, trasformandoli in forme geometriche. Che ruolo ha avuto l’intelligenza artificiale e la tecnologia per tradurre i tuoi dati in arte, ma soprattutto c’è una motivazione che ti ha spinto a questo iter metodologico?
Ho lavorato con i risultati dei miei battiti cardiaci per mesi, ossessionata dalla loro forza visiva e simbolica. Ogni battito era come una traccia della mia vita. Era importante la propria vita dei dati e delle linee ECG, quindi non mi bastava interpretarli, ma usarli direttamente come strumento creativo. Capire come farlo È stato un processo lungo e meticoloso: ho estratto i dati tramite un software e manualmente li ho manipolati digitalmente per creare forme geometriche e disegni. Ogni linea richiede un intervento manuale attraverso software digitali, rendendo il processo tanto artistico quanto tecnico, ma soprattutto molto lungo e quasi ossessivo.
La tecnologia è stata cruciale per tradurre quei risultati in arte, ma il vero motore è stata la mia spinta personale a documentare la mia esistenza in un modo nuovo, trasformando dati apparentemente oggettivi in qualcosa di profondamente umano e universale.
Hai menzionato nel tuo video di spiegazione della collezione, che il tuo lavoro trae ispirazione dalla cimatica e dalla geometria sacra. In che modo queste discipline hanno influenzato il processo creativo e la scelta delle forme per le tue opere e perché creare questa connessione tra corpo e spirito?
La cimatica e la geometria sacra sono centrali nella mia pratica. Ogni opera di GENESIS si basa su una forma geometrica specifica o su pattern di frequenza che riflettono leggi universali. La geometria è il linguaggio con cui l’universo stesso è scritto: la troviamo ovunque, dalle galassie alle strutture microscopiche.
Nel mio lavoro, questa connessione tra forma, vibrazione e materia diventa un ponte tra ciò che è tangibile e ciò che è invisibile. Anche nei miei dipinti tradizionali integro simboli geometrici, nascondendo significati più profondi che invitano l’osservatore a scoprire nuove letture.
In GENESIS, ho reso questo linguaggio più evidente, mostrando come le strutture universali si riflettano non solo nel corpo umano, ma anche nel mondo che ci circonda, vivente e non. È un richiamo alla nostra interconnessione e alla fluidità dei confini tra il sé e l’altro.
Per esempio, nel giorno 22 è presente un asse centrale e una simmetria radiale che richiamano il concetto dell’Albero della Vita o della Vesica Piscis. Le linee ECG che si irradiano imitano ramificazioni organiche, somigliando a forme sacre come radici o campi energetici nella geometria sacra. Nel giorno 5 La struttura della Stella di Davide (Esagramma) sovrapposta è evidente, con le linee ECG che incorniciano il motivo stellato, simbolo di equilibrio e armonia. Nel giorno 29, Motivi triangolari forti ed elementi esagonali sovrapposti dominano la composizione. La simmetria e la stratificazione strutturale suggeriscono la Merkaba o l’equilibrio tetraedrico. Mentre nel giorno 7 Una forma a spirale, indicativa della sequenza di Fibonacci o del Rapporto Aureo, è prominente.
Ogni opera di GENESIS rappresenta un giorno della tua vita, documentando battiti cardiaci, emozioni e pensieri. Qual è stata la sfida più grande nel mantenere un diario così metodico e personale durante il progetto?
Credo che la sfida più grande sia stata dentro di me. Comprendere meglio me stessa e riconoscere certi pensieri e sentimenti è stato il lavoro più difficile, ma anche il più autentico. Il processo di autoanalisi richiede una vulnerabilità profonda e una capacità di accettare le proprie contraddizioni.
Ogni giorno, nel registrare i grafici biometrici e riflettere sulle mie emozioni, mi sono trovata ad affrontare nuove sfide, non solo tecniche, ma soprattutto interiori. Ogni tracciato cardiaco non era solo un dato, ma diventava una porta verso una comprensione più ampia di ciò che stavo vivendo. Come descritto nella poesia che accompagna il giorno 11: “Siamo incredibilmente complessi e pieni di contraddizioni.” La vita è un processo continuo di scoperta di sé e, inevitabilmente, porta anche alla scoperta dell’altro. Questo diario metodico è stato non solo una registrazione, ma una vera e propria esperienza trasformativa.
Hai sviluppato un progetto musicale in parallelo a GENESIS, per amplificare, immagino, il messaggio. Puoi raccontarci di più sul gruppo con cui hai collaborato e su come la componente sonora si intreccia con la tua ricerca visiva?
Sì, ho collaborato con ØLali, il primo artista artificiale che genera sculture musicali. Nel progetto GENESIS abbiamo registrato i suoni del mio respiro e dei miei battiti cardiaci, utilizzandoli come base per il pezzo musicale. Le frequenze basse sono state fondamentali nella composizione del brano, poiché favoriscono stati meditativi e introspezione, creando una connessione tra corpo e mente. Alcune ricerche suggeriscono che queste frequenze possano avere effetti positivi sul corpo fisico ed emotivo.
Quando GENESIS è stato esposto alla mostra “Rinascimenta” a Torino, curata da te, il brano musicale è stato riprodotto nello spazio espositivo. Ha completato l’esperienza visiva, aggiungendo una dimensione sensoriale che ha permesso ai visitatori di vivere l’arte in modo più immersivo. Credo fermamente che coinvolgere più sensi renda il messaggio artistico più potente e duraturo.
Guardando al futuro, quali sono i tuoi prossimi progetti? Continuerai a esplorare temi legati al corpo, o pensi di intraprendere nuovi percorsi creativi?
Oltre a proseguire con la pittura e la mia ricerca visiva, sto attualmente approfondendo temi che uniscono arte e scienza. In particolare, sono interessata alle funzioni cerebrali: da dove nascono le idee e l’ispirazione? Qual è la fonte di queste informazioni che sembrano trascendere i limiti umani? Credo che il nostro corpo, in un certo senso, generi la realtà, e questa idea rimane centrale nella mia ricerca.
Sto anche approfondendo il pensiero post-umanistico, in particolare dalle idee di filosofi come Foucault, Deleuze, Donna Haraway e Rosi Braidotti. Mi interessa esplorare come abbattere i dualismi tradizionali, come quello tra umano e tecnologia, per scoprire nuove forme di connessione. Non vedo con timore le innovazioni tecnologiche, ma le accolgo come opportunità per unire natura, esseri umani e tecnologia in modi che arricchiscono la nostra esperienza.
Ad esempio, GENESIS è stato implementato sulla blockchain Ethereum, un elemento che riflette il mio interesse per tecnologie decentralizzate e distribuite. La blockchain non è solo un mezzo tecnologico, ma anche una metafora filosofica: decentralizzazione e interconnessione sono temi che trovano un forte eco nella mia pratica artistica. Credo che la blockchain, con il suo potenziale per ridefinire privacy, sovranità personale e modelli decentralizzati, rappresenti un potente strumento per creare un’arte che abbatte gerarchie e confini tradizionali. Molti dei miei prossimi progetti continueranno a esplorare queste possibilità, unendo le mie ricerche visive con l’impatto sociale e culturale delle nuove