Lo spazio napoletano ospita per la prima volta la personale del giovane artista, intitolata “No man’s land”.
La Luigi Solito Galleria Contemporanea di Napoli ospita la mostra personale dell’artista Mauro Baio No man’s land.
A cura di Domenico de Chirico, No man’s land, ovvero “terra di nessuno”, anche detta dead zone: “zona morta”, è la parte del campo da tennis compresa fra le aree di servizio e la linea di fondocampo.
Viene chiamata così perché chi si trova in quella zona del campo è in svantaggio tatticamente e facilmente attaccabile dall’avversario; in quell’area risulta complicato giocare sia un colpo di tipo difensivo che d’attacco.
Si tratta della prima personale del giovane artista, il suo primo intento farci mettere “piede” in quella sua zona di “gioco”.
Ciò che ci mette davanti agli occhi è un ex novo iniziatico, fermo. Una tabula rasa così tanto pronta all’uso che preferiamo abbandonarla prima di averla, per amarla intatta.
La sua solitudine positiva ci proietta in una serenità illusoria che attraversa e supera anche la noia. Le sue rigide strutture formali, le campiture di colore e le linee architettoniche tradiscono una percezione cromatica in cui il colore cambia a seconda dell’ambiente, fornendo qualcosa di singolare ma dal duplice valore che ci permette di osservare attraverso questo contrasto la complessità del modo di vedere il mondo.
Nelle sue “finestre” che si affacciano su scenari perfetti e irraggiungibili, delimitati e isolati, fanno eccezione le precise aperture nelle sezioni che innescano un dialogo tra interno ed esterno.
La luce che leggiamo dalle ombre ci dona un senso di tranquillità, un silenzio dominante figlio anche della totale assenza di figure umane. Un’utopia naturalistica in un universo metodologico, fatto di una meditazione paziente e profonda, attraverso il ritmo dei contorni e dei riflessi che disegnano uno scenario banale, quel banale che appare interessante, proprio come spesso è la vita vera. (L.S.)
Cover Photo Credits: Mauro Baio, Court Blue Turquoise, 2021 olio su tela 115×140, Courtesy l’artista