Lo spazio veneziano inaugura il nuovo anno ospitando la prima personale dell’artista Nico Covre.
Marina Bastianello Gallery apre l’anno 2022 con A occhio e croce, la prima mostra personale di Nico Covre visitabile fino al 20 marzo 2022.
A occhio e croce non è una semplice mostra fotografica, né un’esposizione classica, quanto piuttosto un intreccio di immagini e di storie estremamente concrete ma allo stesso tempo lontane dell’attenzione. Un groviglio di testimonianze dell’umano attraverso forme di rappresentazione del divino.
Il progetto nasce inizialmente come una documentazione fotografica, una mappatura dei capitelli votivi dell’Italia del Nord-Est, precisamente delle zone tra il Veneto e il Friuli, le terre natali dello stesso artista.
La ricerca dei capitelli è diventata così un peregrinare in cui Nico Covre incontra costruzioni e narrazioni certe volte così incredibili da sembrare inverosimili. La sua ricerca si trasforma in scoperta, attraverso una modalità per approssimazioni successive: -“Sa dove posso trovare dei capitelli votivi? – “A occhio e croce dovrebbe essercene uno, laggiù”. Da quell’obiettivo iniziale, il progetto si è trasformato in qualcosa di diverso, diventando una ricerca volta a tracciare le forme di un immaginario che tutti conosciamo ma che ci passa davanti inosservato, sfuggendo allo sguardo.
Le fotografie di Nico Covre sono frammenti di storie, piccoli pezzi di narrazioni più ampie, così come quei tagli che applica alle sue fotografie, che diventano solo dettagli di un’interezza che si può solo intuire. Non sono immagini esplicite, alcuni sono scatti criptici, dei pezzi di un puzzle difficile da ricomporre. La rappresentazione del capitello che ne esce sembra così stare sospesa tra due dimensioni, quella di micro architettura spontanea, spesso costruita senza una chiara progettualità (anche qui, a occhio e croce), e quella di “totemismo post-moderno”, come la definisce Roberto Zancan nel testo critico che accompagna la mostra.
Alla narrazione fotografica di queste immagini è stato affiancato anche un preciso apparato testuale, ispirato dall’ultima opera di Dino Buzzati, I miracoli di Val Morel, piccolo volume che narra una storia tracciata sull’equilibrio precario tra realtà e immaginazione. Inserite all’interno della mostra come un ulteriore elemento di interpretazione ai fini dell’esposizione, le storie che Nico Covre raccoglie durante la sua ricerca fotografica vengono “offerte” al pubblico, come ausili, un po’ enigmatici, per la visita in Galleria.
Nico Covre realizza una mostra dall’atmosfera surreale, non c’è l’interesse di trarre nessuna sentenza, il suo è uno sguardo personale e non oggettivo. Tutto nasce da un procedimento empirico, un’esperienza sul campo, con cui si sceglie volontariamente cosa mostrare e cosa no.
L’esposizione diventa quindi l’occasione per riflettere su un oggetto-soggetto che difficilmente notiamo nella nostra quotidianità. Nico Covre innesca un meccanismo che ci apre gli occhi sui capitelli, quelle piccole architetture che popolano le nostre strade, i nostri quartieri o che si mimetizzano nei paesaggi silvestri delle campagne, quelle icone irriducibili della cultura che ancora, seppur in silenzio, unisce un intero territorio.
Cover Photo Credits: Courtesy Nico Covre