Nei giorni più caldi di agosto, quando il desiderio di evasione cresce, il Maxxi di Roma presenta una mostra articolata in 19 tappe distintive. L’esposizione, intitolata “Ambienti 1956-2010: Environments by Women Artists II”, offre al visitatore un’esperienza che esplora confini non solo fisici, ma anche emotivi e intellettuali.
La mostra rappresenta il secondo capitolo di una narrazione iniziata con “Inside Other Spaces. Environments by Women Artists 1956-1976“, ospitata presso la Haus der Kunst a Monaco di Baviera. Al Maxxi, questa affascinante esposizione si arricchisce e si espande, presentando 19 ambienti immersivi, ognuno dei quali si colloca al crocevia tra architettura, arte e design. Le opere sono state collocate e in alcuni casi riadattate appositamente per lo spazio che le ospita in modo tale da innescare un dialogo armonioso con l’imponente e sinuosa struttura del museo progettato da Zaha Hadid, creando una continuità se non una completa fusione tra contenitore e contenuto.
Man mano che si procede lungo il percorso, ogni passo svela nuovi scenari racchiusi in un labirinto misterioso. Alcuni ambienti, come quello realizzato dall’artista argentina Marta Minujìn con materassi ricoperti di coloratissime stoffe dipinte a mano dal titolo “Revuélquese y viva!”, ci pongono in una dimensione di calda accoglienza, ci invitano a indugiare, fermarci e metterci a nostro agio. Queste sensazioni ci accompagnano, ad esempio, nel percorso che in “Spectral Passage” di Aleksandra Kasuba ci permette di entrare in un arcobaleno e di sperimentare un processo metaforico di morte e rinascita, dispiegato lungo le sei strutture geometriche che compongono l’opera, fino a trovare l’uscita.
Da qui, passando per un’anticamera buia, si incontra l’installazione audio-video “Sip My Ocean” di Pipilotti Rist, dove ci si può immergere in una serie di riprese subacquee caleidoscopiche che, accompagnate da una cover del brano Wicked Game di Chris Isaak ripetuta a loop, fanno perdere del tutto la cognizione del tempo. Altri ambienti hanno invece la capacità di mandarci in confusione e metterci alla prova, sfidandoci sia a livello fisico che psicologico. Bisogna sforzarsi per passare attraverso l’ingresso di “Penetracìon / Expulsiòn”, struttura gonfiabile in PVC trasparente con la quale l’artista Lea Lublin ha voluto trattare il tema della riproduzione umana nella sua dimensione partecipativa. Nell’ambiente “We used to know” creato da Tania Mouraud, i suoni prodotti dalla torre d’acciaio, insieme al calore soffocante e alla luce emanati dalle lampade, producono nello spettatore uno stato d’ansia che spinge ad allontanarsi, ad uscire da questo strano santuario.
E ancora, una volta girato l’angolo dello stretto corridoio bianco che nasconde la “Feather Room” di Judy Chicago, l’iniziale meraviglia data dal candore delle piume, il senso di impazienza, la voglia di addentrarsi in questo panorama surreale, lasciano presto spazio ad una sensazione di disagio e inquietudine. L’odore delle piume, il modo in cui rimangono attaccate addosso, la loro innaturale sovrabbondanza ci mettono d’un tratto in fuga.
Muovendosi all’interno del museo, nell’ intreccio di linee e volumi, l’unica bussola è la curiosità: il desiderio insaziabile di riaccendere stanza dopo stanza la fiamma dello stupore che si prova davanti ad una grande scoperta. Queste opere così dense e complesse sono spazi vivi che invitano all’engagement e acquisiscono forma e significato attraverso l’interazione del pubblico.
È la presenza umana che completa e anima queste creazioni, trasformandole in esperienze uniche con le quali il nostro sentire viene scosso o si armonizza, esperienze capaci di suscitare emozioni profonde, riflessioni intime e stimolare un tipo di conoscenza che prende slancio dall’immediata interazione del corpo con l’ambiente circostante. Dalla sua apertura la mostra ha già accolto migliaia di spettatori entusiasti. E se ancora non siete tra questi, Il consiglio è sicuramente quello di prendersi qualche ora di pausa dal caldo soffocante e dai ritmi stressanti e frenetici della capitale, e partire.