Rapper tra i più noti e apprezzati del panorama hip-hop italiano, fondatore del gruppo In the Panchine e del collettivo Truce Klan insieme a Noyz, Gel, Metal Carter, Cole, Cicoria, Benassa, ma anche, e soprattutto, pittore, laureato all’Accademia di Belle Arti, con un excursus nell’insegnamento (chi non lo vorrebbe come professore di storia dell’arte?), tutto questo, e molto di più, è Gemello, pseudonimo di Andrea Ambrogio.
Classe 1984, nato e cresciuto a Roma, il suo nome d’arte, che richiama il fatto di avere un gemello, Lorenzo, la sua vera metà del cielo (“ho due cuori e mio fratello nello stesso petto”), racchiude il significato della sua anima bicefala che si riflette in tutta la sua produzione artistica. Infatti, mentre “gira con Noyz col cappuccio nero”, cantando Verano Zombie e altri pezzi che ormai sono storia della musica, ma che difficilmente vengono trasmessi in radio per i contenuti considerati troppo estremi, da solista compone canzoni d’amore intrise di una poesia onirica e ispirata degna degli autori classici, raccontando storie contemporanee di quella Città Eterna che pulsa costantemente nelle sue vene e che Andrea riesce a descrivere attraverso lo sguardo di un ragazzo vissuto ma mai disilluso, “se sorrido, è perché sto provando a vivere”.
La sua particolarità dualista emerge nettamente nel visual del suo percorso creativo. Se da un lato, contestualmente alla collaborazione musicale con il Truce Klan, abbraccia il mood di Propaganda (network underground di artisti e professionisti della street culture italiana) intriso di ispirazioni horror old-style, dall’altro, negli album da solista, riversa la sua personale produzione pittorica, fatta di lisergici caleidoscopi di colori e forme che sembrano muoversi davanti agli spettatori. Anche nelle opere, come nelle canzoni, Andrea si esprime in diversi strati di lettura, mischiando citazioni letterate, cinematografiche, artistiche che delineano la ricchezza della sua anima multi-sfaccettata.
Quando guardiamo il malinconico volto di una donna in un suo dipinto, all’inizio vediamo un conturbante magma cromatico, ma, al secondo sguardo, ci rendiamo conto che esso è composto da una miriade di altri disegni: aspri paesaggi campestri e architetture solitarie, strade senza inizio e senza fine che richiamano alla memoria i film neorealisti, fiamme, mani che accarezzano e occhi che osservano che sembrano trasmigrati dal Surrealismo e dalla Pittura Metafisica. Con la sua arte trasognata e al tempo stesso cristallina, Andrea ci racconta il suo mondo interiore, che ci avvolge con tutta la dolcezza di una confusione nostalgica pura, diretta, priva di inutili orpelli e mai schermata da filtri per compiacere. La cifra del suo essere artistico è racchiusa nella spontaneità nel mostrare senza indugio il caos che alberga nel suo cuore dicotomico e, forse, è proprio questo che ci avvicina alla sua arte, è l’empatia che emana quando rappa, quando dipinge, quando, con fare concitato, logorroico (per sua stessa ammissione), ma travolgente, ti spiega perché ama De Chirico e Hopper. Andrea/Gemello riesce in qualcosa che è missione dei grandi artisti: ci fa riconoscere una parte di noi nel suo delirio cosmico, frutto di un vissuto personale ma anche, e soprattutto, generazionale, e, così facendo, ci fa sentire meno soli e più completi, perché, come esponenti di questa generazione non-finita e ghostata, ci sentiamo tutti “le foglie a lato della strada”.
In occasione di una delle sue ultime mostre a Roma, durante il festival RomaDiffusa – Parioli Punk, lo abbiamo intervistato in un serratissimo botta-e-rispiosta.
Nome?
Andrea
Soprannome?
Gemello
Il tuo motto?
Cresci!
Un aggettivo per descriverti?
Buono.
E quello per la tua arte?
Un ordinato casino.
L’opera che vorresti in salotto?
I pesci rossi di Matisse.
E quella che ti ha deluso dal vivo?
Nessuna.
Il movimento artistico a cui senti ti appartenere?
Gemellismo!
Se potessi essere un artista del passato, chi saresti?
Un filo di tessuto di Alighiero Boetti, un piede scalzo di Basquiat e anche un po’ una nonna che fa la calzetta meticolosamente.
5 artisti imprescindibili?
De Chirico, De dominicis, Rodin, Bacon, Hopper.
La fonte della tua ispirazione?
Mio fratello, le persone, le nuvole, i lampioni di notte, il mare, i ricordi.
Il motivo per cui crei?
Urgenza.
L’opera che avresti voluto creare tu?
Tentativo di volo di Gino de Dominicis
L’opera di cui ti sei pentito?
Nessuna.
E quella di cui sei più fiero?
Una delle prime del 2001. Non ha titolo, è tutta piena di colori e disegni piccoli piccoli, scritte, appunti, una sorta di diario. La conservo a casa. E non la venderò mai, al massimo, se volessi propriio liberarmene, potrei regalarla…
La colonna sonora mentre dipingi?
Per lo più Jazz: Miles Davis, John Coltrane, Chet Baker spesso. Altre volte vedo un film o il basket NBA di notte, mentre lavoro. Non sono molto “action painting”.
Abbina 3 capolavori a 3 canzoni.
Bright Horses di Nick Cave coi Cavalli di Renato Guttuso, Woman in chains dei Tears for Fears con il Ritratto di Jeanne Hebuterne di Amedeo Modigliani, e Killing me Softly with his Song dei Fugees con Stag and Sharkey di George Bellows.
Arte e Musica: un aggettivo per descriverne il binomio perfetto?
Malinconiche e immortali.
La critica più costruttiva?
“Non avrai mai degli amici come quelli che hai avuto a 12 anni“ (frase finale del film Stand by me, di Rob Reiner). La mia invece credo sia: “Trovati un buon analista”.
E il commento più odioso?
“Sei simpatico”. Non per la friendzone, ma proprio per la parola in sé credo. Penso sia un modo carino per dire che sono un coglione, o meglio, un cazzone e che ho parlato solo io tutta la sera (come biasimarli).
La forza dell’arte contemporanea?
Che ci appartiene e che respira, anzi sospira.
E il suo difetto?
Che le persone hanno sempre meno tempo per fermarsi due minuti ad ASCOLTARE.
La mostra che vorresti realizzare?
Andare a “trovare” tutti i miei quadri in giro per le case che ne hanno uno. Per fargli un saluto.
La collaborazione dei sogni (sia artistica sia musicale)?
Andare a un concerto di Prince.
La sfida più grande come artista figurativo?
Non lo so, non sono molto competitivo. Mi faccio i cazzi miei e mi piace osservare.
E come rapper?
Essere ancora arrabbiato.
Il genio: disciplina o sregolatezza? Maradona o Pelè?
Il primo.
Un consiglio per chi vuole intraprendere il percorso dell’arte?
Non intraprenderlo. Non è un percorso. Ti ci trovi e basta o comunque lo fai senza aspettative all’inizio. Col passare del tempo invece ti accorgi che non sarai mai più così, proprio perché non esiste un navigatore per tornare indetro nel tempo. Comunque leggere, osservare, conoscere, cercare e innamorarsi.
Un mito da sfatare sull’arte?
Sono io Banksy (ride).
Un”ultima domanda… ci racconti una tua visione?
Sogno mia madre, che mi abbraccia, poi mi alza come fossi ancora un bambino… e poi sparisce piano piano. E mi sveglio tranquillo.