Dal 3 al 28 aprile 2025, la Veneranda Biblioteca Ambrosiana apre le porte a una mostra che sovverte le regole del classico e attualizza l’arte rinascimentale con sguardo ironico e dissacrante. “Art Crimes” di Angelo Accardi, allestita nella storica Sala del Foro Romano, si presenta come un’installazione site-specific che intreccia pittura, scultura, video e design, riflettendo sulle forme contemporanee del citazionismo artistico. Una riflessione visiva che parte dal cuore stesso del sapere umanista, in un confronto diretto con uno dei simboli assoluti del Rinascimento: il Cartone preparatorio della Scuola di Atene di Raffaello, conservato nella stessa sede espositiva.
L’artista campano, già protagonista della scena internazionale del Pop Surrealism, costruisce un pantheon immaginario in cui l’ordine prospettico della composizione raffaellesca viene smontato e ricomposto attraverso l’inserimento di nuove presenze. Così, accanto a Platone e Aristotele, compaiono Duchamp, Dalì, Warhol, Bacon, Picasso, Cattelan, in un gioco di anacronismi che sposta il baricentro dell’opera dall’armonia classica all’ambiguità contemporanea. La sua “Scuola di Atene” diventa così un luogo di contaminazione, dove i confini tra alto e basso, tra sacro e profano, tra citazione e appropriazione si dissolvono nella grammatica visiva di un artista che fa della collisione tra registri il proprio segno distintivo.
“Art Crimes” è un titolo che non allude solo a una provocazione, ma definisce la sostanza di un’operazione critica: il furto come metodo artistico, come pratica consapevole di riscrittura. In linea con la celebre affermazione di Picasso – “Il bravo artista copia, il grande artista ruba” – Accardi reinterpreta, smonta, preleva e ibrida elementi del patrimonio iconografico occidentale, proponendo una riflessione sul ruolo dell’artista nella società dell’immagine. Il progetto, curato da Nino Florenzano, si configura come una mappa del saccheggio culturale, dove ogni opera è una prova di quel furto costante che è la creazione artistica.
In questo universo narrativo si muove anche una figura chiave, l’ispettore Clouseau, che diventa personaggio-guida e testimone di una caccia al ladro che, per definizione, non può concludersi. Il ladro è l’artista stesso, colui che trasforma il furto in atto generativo, che prende in prestito forme, concetti, miti, e li restituisce con nuovi significati. L’arte, in questa visione, è sempre un secondo tempo, un’eco del passato che si rigenera nell’atto contemporaneo. È in questa chiave che si inserisce anche la presenza di Socrate, rappresentato in dialogo con un’intelligenza artificiale, simbolo di un sapere che non pensa ma apprende, che non crea ma rielabora. Il riferimento al sapere algoritmico pone una domanda urgente sul senso dell’autorialità oggi.
La mostra è composta interamente da opere inedite, pensate per lo spazio milanese, e rappresenta un momento importante nella carriera di Angelo Accardi, artista che dagli anni ’90 porta avanti una personale ricerca sulla nuova figurazione. Già autore della serie Misplaced, in cui lo struzzo diventa emblema visivo della paura sociale, Accardi ha esposto in contesti internazionali – da Shanghai alla Biennale di Venezia del 2011 – e collabora dal 2017 con la Eden Gallery, portando le sue opere in sedi come New York, Miami, Mykonos e Tel Aviv. Con il progetto pubblico Poetry, nel 2022, interviene simultaneamente a Milano, Palermo e Venezia, chiudendo idealmente la trilogia iniziata da Robert Indiana. Nel 2024 partecipa alla 60ª Biennale di Venezia e la sua opera Violet viene scelta per la copertina dell’Atlante dell’Arte Contemporanea Giunti.
In Art Crimes, Accardi dimostra come la memoria visiva possa essere attraversata senza timore, riscritta senza sacrilegi.