Nel contesto dell’attuale era geologica, definita Antropocene dagli studiosi Paul Crutzen e Eugene Stoermer, l’uomo è diventato il principale fattore di trasformazione della Terra. Il termine stesso deriva infatti dalle parole greche “anthropos” (uomo) e “kainos” (nuovo), e sottolinea il ruolo dell’essere umano come principale agente di cambiamento ambientale e geologico. L’impatto umano è infatti così profondo da aver alterato irreversibilmente il nostro pianeta: la perdita della biodiversità, il declino delle specie e la distruzione degli habitat sono alcune delle conseguenze più gravi dell’azione umana e delle sue ricadute. Ma cosa significa, in fondo, biodiversità?
La biodiversità è la varietà della vita – il complesso intrico di organismi che vivono e interagiscono tra loro in ecosistemi interdipendenti. Per Edgar Morin, sociologo francese, la complessità è l’essenza della vita stessa, e ogni forma vivente è un tassello di un mosaico più ampio che non possiamo permetterci di frammentare, un ponte tra scienza, etica e spiritualità. Secondo il filosofo Arne Næss, fondatore dell’ecologia profonda, ogni essere vivente ha valore intrinseco, indipendentemente dalla sua utilità per l’uomo. Per Næss, l’uomo deve riconoscere la sua interdipendenza con il mondo naturale e rispettare ogni forma di vita come un’espressione unica del valore intrinseco della natura.
Questa visione è condivisa anche da sociologi e pensatori contemporanei che esplorano il tema dell’ecologia in relazione alla società moderna. Il sociologo Ulrich Beck, per esempio, ci parla della “società del rischio”, in cui la globalizzazione e la modernità hanno creato un mondo di incertezza e pericolo, con la crisi ecologica al centro di questa nuova consapevolezza. Beck sottolinea che i rischi ambientali non sono confinati a un luogo o a una popolazione specifica, ma si estendono a livello globale, influenzando ogni aspetto della nostra vita e delle nostre scelte.
La crescente sensibilità verso la biodiversità e la consapevolezza del suo declino hanno spinto molti artisti contemporanei a usare il proprio lavoro per esplorare, preservare e celebrare la varietà della vita. Attraverso installazioni, video, sculture e interventi, questi artisti vogliono trasmettera il messaggio che la biodiversità non è solo un patrimonio da conservare, ma una forma di saggezza naturale da cui imparare. Nelle parole del biologo Edward O. Wilson, noto come il “padre della biodiversità”, la varietà della vita è una ricchezza inestimabile: “Per salvare la biodiversità, dobbiamo fare la pace con la natura”. Ma come trasmettere questa saggezza? Come risvegliare un senso di responsabilità e di connessione nelle persone?
L’arte contemporanea rappresenta una delle risposte più potenti a queste domande. La sua capacità di comunicare attraverso l’emozione e l’esperienza sensoriale riesce a bypassare il linguaggio della scienza e a parlare direttamente ai “sensi”, proponendo la biodiversità come equilibrio e rispetto per la vita stessa. In questa direzione, artisti come Jessica Carroll, Ursula Biemann, Eduardo Srur, Allora & Calzadilla, Ernesto Neto e Agnes Denes usano i loro progetti come manifesti visivi di questo appello alla conservazione, interpretando la biodiversità come un tema che abbraccia la sfera scientifica, spirituale e politica.
Ursula Biemann: raccontare la biodiversità attraverso le videoinstallazioni
Ursula Biemann, artista svizzera, utilizza le videoinstallazioni per documentare la distruzione degli ecosistemi e le storie delle comunità che dipendono da essi. Nel suo progetto Forest Law, Biemann collabora con popolazioni indigene dell’Amazzonia, dando voce alle loro esperienze e mostrando l’interazione unica che queste comunità hanno con la biodiversità della foresta pluviale. La distruzione della foresta, oltre a rappresentare una minaccia per la biodiversità, mina l’identità culturale di queste popolazioni, che da sempre vivono in simbiosi con la natura.
Attraverso un montaggio che alterna immagini della foresta e testimonianze degli abitanti, Biemann esplora i confini tra arte e documentario. Le sue opere sottolineano come la biodiversità non sia solo un concetto biologico, ma un elemento essenziale per la vita e la cultura umana. Con uno stile visivo potente e poetico, Biemann ci ricorda che la perdita della biodiversità è una perdita per tutta l’umanità.
Eduardo Srur: biodiversità e contesto urbano
Eduardo Srur è noto per i suoi interventi urbani che portano la biodiversità al centro della vita cittadina. A San Paolo, le sue installazioni, come Intervenções Urbanas, trasformano il paesaggio urbano, introducendo animali in spazi inusuali e simbolici. Srur ha collocato sculture di animali in pericolo all’interno della città per mettere in discussione la scomparsa delle specie e l’impatto della cementificazione sugli habitat naturali. Con questi interventi, Srur sfida il pubblico a riflettere sul rapporto tra natura e ambiente urbano.
Per Srur, la biodiversità non è solo qualcosa che appartiene alle foreste o agli oceani, ma un valore che deve essere difeso anche all’interno delle città. Le sue installazioni ricordano agli abitanti urbani che anche loro fanno parte di un ecosistema e che la scomparsa della fauna selvatica può influenzare direttamente la qualità della vita nei contesti urbani.
Allora & Calzadilla: arte, biodiversità e geopolitica
Jennifer Allora e Guillermo Calzadilla formano un duo artistico noto per affrontare tematiche ecologiche e geopolitiche. Nel loro progetto The Great Silence, girato nelle foreste di Puerto Rico, esplorano il concetto di biodiversità dal punto di vista dell’interdipendenza tra specie. Il video mostra la bellezza della foresta pluviale e, parallelamente, narra la storia delle specie minacciate, come i pappagalli portoricani, una specie a rischio d’estinzione.
L’installazione si basa su un dialogo immaginario tra esseri umani e pappagalli, suggerendo un linguaggio comune e mettendo in discussione la supremazia umana sugli altri esseri viventi. Allora & Calzadilla evidenziano la fragilità di questi ecosistemi, offrendo una riflessione sulla connessione profonda tra biodiversità e identità culturale. Attraverso una narrazione poetica e coinvolgente, l’opera invita il pubblico a mettere in discussione la propria posizione all’interno del mondo naturale.
Ernesto Neto: connessione sensoriale con la biodiversità amazzonica
Ernesto Neto è un artista brasiliano che crea installazioni immersive ispirate alla biodiversità dell’Amazzonia e alle culture indigene. Il suo progetto GaiaMotherTree è un’enorme struttura organica che rappresenta l’interconnessione tra uomo e natura. Costruita con materiali naturali e sospesa in spazi aperti, quest’opera invita il pubblico a camminare al suo interno, esplorando simbolicamente l’interdipendenza di tutte le specie.
L’opera di Neto si basa sulla filosofia indigena, secondo cui la natura è un’entità viva e spirituale. La sua arte mira a evocare un senso di empatia e di rispetto per la biodiversità dell’Amazzonia, un ecosistema minacciato da deforestazione e cambiamenti climatici. Attraverso un’esperienza sensoriale e spirituale, Neto spera di far comprendere l’importanza di proteggere la biodiversità non solo per motivi ecologici, ma anche per ragioni culturali e spirituali.
Agnes Denes: arte, agricoltura e biodiversità
Agnes Denes è una pioniera dell’ecological art, nota per i suoi progetti che combinano arte e agricoltura per parlare di biodiversità e sostenibilità. La sua opera Wheatfield – A Confrontation, un campo di grano piantato a Manhattan nel 1982 e recentemente portato ad Art Basel nel giugno 2024, rappresenta una delle prime forme di land art dedicate alla biodiversità. Piantando grano nel cuore della città, Denes ha creato una potente metafora visiva dell’interazione tra natura e urbanizzazione.
Denes lavora anche con progetti di riforestazione e recupero di specie vegetali, dimostrando come l’arte possa avere un impatto concreto sull’ambiente. Attraverso queste opere, Denes critica il modello di sviluppo industriale e invita a una riflessione su come possiamo reintrodurre la biodiversità nelle aree urbane. Il suo lavoro ispira una nuova visione di convivenza tra l’uomo e la natura, dove la biodiversità diventa un elemento essenziale della vita moderna.
Le api di Jessica Carrol
Jessica Carroll, artista italo-americana nota per il suo impegno verso la natura, ha realizzato il progetto Sciami ad UpTown Milano, un quartiere della città meneghina focalizzato su arte, sostenibilità e biodiversità. La mostra, allestita nel ballatoio di Cascina Merlata Spazio Vivo, è un museo a cielo aperto che celebra le api, simboli di biodiversità e cooperazione. Attraverso sculture create con bronzo, ceramica e cera d’api, Carroll rappresenta sciami e alveari, invitando il pubblico a riflettere sul ruolo essenziale delle api nell’equilibrio naturale e sulla loro vulnerabilità di fronte alle minacce ambientali.
L’opera di Carroll si inserisce in una prospettiva più ampia, evidenziando la fragilità degli ecosistemi urbani e l’importanza di proteggere ogni specie, anche negli ambienti cittadini. Le api, come creature interdipendenti e indispensabili per la salute della natura, diventano qui una potente metafora della resilienza e dell’armonia che caratterizza la biodiversità. In occasione della mostra, l’artista ha anche partecipato a una tavola rotonda intitolata “Api, arte e benessere”, esplorando il ruolo dell’arte nella sensibilizzazione ecologica. Sciami offre così uno spazio di riflessione profonda sulla necessità di riconoscere il valore di ogni specie e di coltivare un approccio rispettoso verso l’ambiente che ci circonda.
Questi artisti mostrano come la biodiversità non sia solo un argomento di dibattito scientifico o politico, ma una questione che tocca la sfera culturale e spirituale dell’essere umano. Le loro opere, diverse per stile e approccio, ci invitano a riflettere sul nostro ruolo di custodi del pianeta e sulla necessità di proteggere la varietà di vita che lo popola. Come diceva il filosofo Hans Jonas, “Agisci in modo tale che gli effetti della tua azione siano compatibili con la permanenza di una vita autentica sulla Terra”.