Arte e comunicazione: vi presento Silvio Salvo della Fondazione Sandretto

Silvio Salvo è un vero guru della comunicazione dell’arte contemporanea italiana. Nell’intervista ci ha parlato della strategia che ha rivoluzionato i social della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e non solo!

Alla Fondazione Sandretto Silvio Salvo ci è arrivato mandando un semplice CV: all’epoca faceva il “servizio militare” al Premio letterario Grinzane Cavour. Oggi ricopre il ruolo di ufficio stampa, SMM e assistente del maestro Jedi Yoda, vero e indiscusso Social Media Manager della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo.

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Courtesy Silvio Salvo

Tu e Patrizia siete due visionari che si sono incontrati: come sei riuscito a convincerla ad adottare una strategia di comunicazione tanto audace?

Patrizia Sandretto Re Rebaudengo è tra le personalità più influenti nel mondo dell’arte contemporanea. Da quando lavoro in Fondazione ho potuto vederla all’opera (non si ferma mai. MAI!) ed è sempre stata un passo avanti: basti pensare che nel 2008 ha voluto proporre una programmazione dedicata all’ambiente (nel 2008). Ricordo che in un’intervista a Rolling Stone rispose in questo modo ad una domanda sui social della Fondazione: “Io non ti nego che all’inizio ero preoccupata. Guardavo quello che faceva e pensavo “questo è matto”. Il mondo dell’arte contemporanea in un certo senso è chiuso, ha dei paraocchi molto spessi e dal punto di vista comunicativo sembra che si debba fare tutto in punta di piedi, in silenzio. Poi però ho visto che Silvio faceva questa cosa con una serietà incredibile, con passione e intelligenza, e mi sono fidata”.

Patrizia Sandretto Re Rebaudengo Ph Andrea Basile

Sei considerato il guru della comunicazione dell’arte: ti riconosci in questo ruolo?

Quando ho iniziato ad incentrare la strategia social sul “caos”, non sapevo se avrebbe funzionato. Ha funzionato.
Non credo di essere un guru. Sicuramente sono un Jedi, soprattutto quando bisogna generare hype intorno a un evento. Ho avuto il coraggio di usare la Forza. Non dimentichiamo che quando ho iniziato con il “nonsense style” e con le contaminazioni dissacranti, il pubblico poteva massacrarci. Sdoganare l’ironia nella comunicazione dell’arte contemporanea poteva essere rischioso.
Ho sempre pensato che un’informazione entri più facilmente in testa se accompagnata da una dose di umorismo, ma non critico chi utilizza uno stile più “istituzionale”, anzi. Ma tornando a noi, con l’ironia cerco di scardinare il principio che a contenuti importanti corrisponda una forma pesante. La leggerezza non allontana, avvicina.

Qual è l’obiettivo principale della tua comunicazione?

Tutta la strategia social nasce dall’esigenza di ampliare il pubblico dell’arte contemporanea, ma è il nostro magnifico dipartimento educativo che svolge un lavoro fondamentale: attività con le scuole, laboratori per gli adulti, per le famiglie, per i disabili. Sono convinto che per avvicinare un pubblico più ampio, devi fare attenzione al linguaggio che utilizzi a seconda del canale di comunicazione. Il testo di una newsletter deve essere diverso da un comunicato stampa, per esempio. Quando vedo un museo o una fondazione di arte contemporanea copiare e incollare il comunicato stampa in uno status su Facebook, penso che ci sia l’intervento dell’Anticristo. O che ci sia una totale dissonanza cognitiva. Come se si usasse un frigo per cambiare la ruota di una macchina.

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Come nasce un post social della Fondazione Sandretto?

Il mio più grande difetto è che appena ho un’idea, appena vengo ispirato, devo postare. Tutto quello che vedete sui social (un buon 98%) nasce, 2/3 minuti prima nella mia testa. 

I social possono essere strumenti efficaci per la divulgazione dell’arte contemporanea?

La divulgazione dell’arte, so che molti non saranno d’accordo, non passa da un post su Instagram. Postare su IG un’opera da una certa prospettiva può avvicinare un giovane che guarda tutto il giorno Pomeriggio Cinque e non vede l’ora di farsi un selfie dentro un museo perché sa che potrà arrivare a 100 like. Tuttavia, il lavoro più importante, una volta intercettato il giovane spettatore di Pomeriggio Cinque, passa nelle mani delle nostre super mediatrici culturali: sono loro che hanno il compito di fidelizzare il visitatore. Aiutare ad avvicinarsi a un’opera attraverso il dialogo tra il visitatore e il mediatore è uno dei valori aggiunti della Fondazione. Sono le mostre, i nostri curatori, le attività del nostro dipartimento educativo, il corso per curatori Campo, la residenza per curatori stranieri, il lavoro di Patrizia Sandretto Re Rebaudengo che, in questi quasi 25 anni, hanno posizionato la fondazione tra le istituzioni che propongono cultura contemporanea di grande valore e qualità, non certo un post su Instagram. È solo comunicazione, bellezza!

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Non pensi la tua strategia social sia controproducente verso i veri appassionati di arte contemporanea?

La mia risposta è: no. I veri appassionati di arte contemporanea, quelli che giustamente sanno che DEVONO visitare le mostre alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, apprezzano la nostra comunicazione, si divertono e soprattutto vengono costantemente informati su quanto accade in Fondazione. Poi, certo, non puoi piacere a tutti, alcuni ci odiano, ma visitano le nostre mostre e partecipano a i nostri eventi. Ho sempre pensato che i veri appassionati di musica debbano ascoltare gli album dei Radiohead per capire lo stato dell’arte della musica internazionale, per sapere fino a dove si è alzata l’asticella. Ecco, i veri appassionati dell’arte contemporanea sanno che non possono perdersi le nostre mostre, che sia Yoda a suggerire la visita o una recensione sul The Guardian.

Il tuo colpo di genio di cui vai più fiero?

Forse la mia più grande intuizione è stata l’hashtag #OccupySandretto.

L’analisi della tua strategia social l’abbiamo descritta qui. Ti chiedo solo: come ti è venuto in mente di intraprendere questa strada?

L’infochaostaimnent è il mio mantra: informare e intrattenere attraverso il caos. Dal Joker de “Il Cavaliere Oscuro”: “Se introduci un po’ di anarchia, se stravolgi l’ordine prestabilito, tutto diventa improvvisamente caos. Io sono un agente del caos. E sai qual è il bello del caos? È equo!” La contaminazione di generi e di linguaggi crea il caos, soprattutto se associato ad una realtà come la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, da sempre impegnata a favore dell’arte e della cultura contemporanee e osservatorio sulle tendenze artistiche e i linguaggi culturali del presente. C’è una cosa che vorrei chiarire: il nonsense non significa mancanza di informazioni. (Quasi) tutti i post della Fondazione informano sulle nostre attività e indirizzano al sito o invitano a iscriversi alla newsletter. Il lavoro della Fondazione, come di molte altre istituzioni, è quello di fornire nuove letture e riflessioni sul mondo contemporaneo, anticipare i linguaggi che diventeranno comuni. Le incursioni sfacciatamente pop/musicali/cinematografiche tentano di intercettare e di incuriosire il “non pubblico”. Adoro trovare una connessione con gli argomenti più disparati e che sono distanti dal “mondo Sandretto”. Ad esempio, Patrizia Sandretto Re Rebaudengo che dà consigli ai giovani lettori di Top Girl su come entrare nel mondo dell’arte l’ho sempre considerata un’uscita stampa capolavoro. Anche Cinzia Bancone che durante una puntata di TV Talk su Rai 3 legge a Cristiano Malgioglio una domanda della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo non era male: per la prima volta i social della FSRR avevano fatto incursione nei media tradizionali. Il senso del mio lavoro (sia come addetto stampa che come SMM), è intercettare anche chi non ci conosce, chi non conosce l’arte contemporanea e chi pensa “lo potevo fare anch’io”. È più “semplice” intercettarli sui social.

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Come definiresti la comunicazione della Fondazione Sandretto in poche parole?

La comunicazione social della Fondazione è equa e democratica, si rivolge a tutti. La nostra comunicazione passa dall’attualità perché noi esponiamo il “qui e ora” e la “memoria di domani”.

Quale sarà la prossima frontiera che vorresti intraprendere per promuovere la FSRR? (Attenzione a nominare il porno perché qualcuno potrebbe rubarti l’idea!)

So che qualcuno prima o poi mi “ruberà” l’idea, ma vorrei promuovere le attività della Fondazione nei siti pornografici: puoi raggiungere milioni di potenziali visitatori. Oppure un’invasione di campo durante un derby con la sciarpa e la maglietta #occupysandretto della Fondazione. Dopo un goal del Toro sotto la curva Maratona, ovviamente. Un sogno nel cassetto è diventare direttore editoriale per un giorno di un quotidiano, di un settimanale e di un mensile: vorrei associare ad ogni articolo/intervista/reportage/recensione musicale/cinematografica una mostra di arte contemporanea (non solo Sandrettiana). Una sorta di “se questo articolo/album/reportage ti è piaciuto vai a visitare questa mostra”. Anni fa l’avevo proposto all’allora direttore di Rolling Stone Carlo Antonelli. L’idea gli era piaciuta, ma non se n’era fatto nulla. E sarebbe magnifico portare da Barbara D’Urso un artista che abbiamo in mostra.

Quando abbiamo intervistato Yoda, il Maestro si è molto lamentato del suo assistente. Come è lavorare per una tale autorità?

Mi rimprovera di continuo, anche pubblicamente. È estenuante, ma sto imparando tantissimo. Una volta mi ha detto che il “desiderio di cultura” non è una cosa naturale. Le priorità possono essere altre. La comunicazione può aumentare questo desiderio e noi “comunicatori” abbiamo una grande responsabilità.

Qual è la prima cosa che fai alla mattina da SMM della Sandretto?

Controllo se nella notte qualcuno ha commentato i nostri post con un MALEDEEEEEEEEEETTI!1!!!1
Poi guardo le tendenze su Twitter. Mi è capitato di “postare cose” fermo ai vari semafori durante il tragitto per andare in Fondazione.

Secondo te avere un certo distacco dal settore in cui operi aiuta nel tuo mestiere?

Aiuta ad essere empatico con il “non pubblico”. Sicuramente i lettori di Artuu avranno visto il film svedese The Square. Ecco, io sono esattamente come i due consulenti per la comunicazione. Non farei scoppiare in mille pezzi una bambina rom dentro un cerchio, ma vorrei organizzare uno speed date alla Sandretto. Adesso lo propongo a Patrizia Sandretto Re Rebaudengo (anche se credo sia già stato fatto in un museo). Se tu, museo X, hai organizzato uno speed date in mostra…chapeau. Quest’anno ho avuto l’idea di fare entrare gratis gli uomini l’8 marzo per la festa delle donne: ha portato un discreto riscontro stampa (insieme a qualche polemica) ed è stato un modo per fare nuovamente parlare della mostre che erano aperte da mesi.

C’è stata una mostra della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo che ti è rimasta nel cuore?

Cercate su google immagini “Adrian Villar Rojas + Rinascimento”. Quella mostra è definitiva.
E attendo di vedere la fine dell’allestimento della personale di Berlinde De Bruyckere che inauguriamo l’1 novembre. Anche questa mostra credo che sarà definitiva.

Arte e comunicazione in Italia: come siamo messi? Non vale auto-citarti come il migliore…

Parecchi fanno un lavoro eccezionale e vorrei nominarli tutti. So quanta fatica ci sia dietro un “postare cose” o un articolo su un giornale. Ne nomino solo alcuni: Museo Egizio, Artissima, Palazzo Barberini e Galleria Corsini, Maxxi, Madre, Paratissima, Hangar Bicocca, La Reggia di Venaria, Musei Reali Torino, Palazzo Grassi, Camera, Musei Italiani, Guggheneim Venice, Museion, Gallerie Estensi, Arte Fiera, Uffizi, OGR, Mart, Musei di Strada Nuova di Genova, Fondazione Brodbeck, Museo del Paesaggio di Verbania, Museo Canova, Museo del 900, Triennale, Miart, Musma Museo, Club to Club, Quadriennale, Florence Biennale, Palazzo Strozzi, Mambo, Fondazione Prada, Fondazione Trussardi, Museo delle Scienza, Museo archeologico di Venezia, Travel on art, Treccanigram. Tra gli uffici stampa Paola Manfredi, Lara Facco e Angiola Maria Gili. Tra gli artisti sicuramente quel gran bomber di Make Italian Art Great Again, Conformi e celocelomimanca. E poi una menzione speciale a Luca Rossi, ché se non lo nomino mi scrive su messanger rimproverandomi di non averlo nominato. A parte gli scherzi, Luca Rossi dovrebbe smetterla di essere rancoroso (una volta mi ha dato pubblicamente del “nazista”), perché, a quanto mi dicono, scrive anche delle cose interessanti. Ora vi devo lasciare perché il Maestro Yoda mi sta prendendo a calci.

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