La mostra “Arte e Fascismo” (al Mart di Rovereto, curata da Beatrice Avanzi e Daniela Ferrari, aperta fino al 1 settembre 2024, catalogo edito da LโErma di Bretschneider) รจ ricca, su un tema che giustamente, per la vitalitร , lโimpegno anche di artisti irrevocabilmente liberi, se non dichiaratamente antifascisti, come Montale o Morandi, ha una estensione e un seguito ben piรน lunghi di un ventennio (basti pensare alla vicenda drammatica di Sironi), e investe scultura, architettura, fotografia, grafica, moda, pubblicitร , con dovizioso materiale dโarchivio conservato al Mart e amministrato da studiosi impegnati come Federico Zanoner, Paola Pettenella, Duccio Dogheria, Patrizio Regorda.

Resta illuminante lโaffermazione stupita di Elena Pontiggia: โGli anni Trenta non sono un decennio, sono un secoloโ. Gli anni Venti, a loro volta, sono โNovecentoโ. E gli anni Quaranta sono lโE42 (EUR42, progetto di una grande esposizione da tenersi a Roma, allโEur, che si sarebbe dovuta tenere nel 1942 a celebrazione del ventennale della Marcia su Roma, che portรฒ alla edificazione del quartiere di โnuova fondazioneโ Eur, ndr), unโimpresa urbanistica che indica lโultima idea di Italia che meriti di essere ricordato, insieme alle cittร di Fondazione, temi sui quali si sono applicati Fulvio Irace, Luca Acquarelli e Maurizio Cecchetti, con un importante e necessario contributo su Edoardo Persico. Aggiungo che gli architetti che hanno creato gli edifici piรน memorabili del dopoguerra, da Carlo Scarpa a Gio Ponti, a Figini e Pollini, a Carlo Mollino, a Luigi Caccia Dominioni, si sono formati, senza soluzione dรฌ continuitร , durante il Fascismo.

E per loro vale lo stupore di Pier Paolo Pasolini davanti a Sabaudia (e non gli mancavano borghi memorabili, da Caserta Vecchia a Orte): โHo scelto Sabaudia come luogo dello spirito per i miei riposi forzati e le mie ansie di lavori futuri, sogni furiosi che mi tengono ancorato al mondo. Eccoci di fronte alla struttura, la forma, il profilo di una cittร immersa in una specie di luce lagunare, benchรฉ intorno ci sia una stupenda macchia mediterranea. Quanto abbiamo riso noi intellettuali, dellโarchitettura del regime, sulle cittร come Sabaudiaโฆ Eppure adesso questa cittร la troviamo assolutamente inaspettataโฆ Sabaudia, benchรฉ ordinata dal regime secondo certi criteri di carattere razionalistico, estetizzante, accademico, non trova le sue radici nel regime che lโha ordinata ma trova le sue radici in quella realtร che il fascismo ha dominato tirannicamente, ma che non รจ riuscito a scalfire. Cioรจ: รจ la realtร dellโItalia provinciale, rustica, paleoindustriale che ha prodotto Sabaudia, non il fascismoโ.
Lโaveva anticipato Gustavo Giovannoni nel 1936: โdopo aver studiato bene quello che si รจ fatto altrove, dobbiamo tornare a casa nostra ed operare col nostro bravo sentimento italiano. E le nuove borgate devono essere tali da non alterare il carattere dellโambiente, pur rispondendo a modernitร e utilitร praticaโ. Magari fosse stato cosi. La conclusione รจ inevitabile, e indica la dialettica della Storia. La crociana dialettica dei distinti. Lโarte รจ degli individui nella loro esaltazione e nella loro sofferenza; la storia รจ dei potenti contro gli uomini, sempre. Nรฉ Dante, nรฉ Botticelli, nรฉ Leopardi si spiegano con il potere. Nellโarte non cโรจ fascismo. E nel fascismo non cโรจ arte.

Siamo oggi travolti dalla vastitร e quantitร dellโofferta. Eppure, cโรจ ancora molto da fare. Iniziai a capirlo proprio nei primi anni Ottanta, in dialogo con un grande antifascista, Antonello Trombadori, che mi stupiva ogni volta, condividendo con lui e Federico Zeri le pagine dโarte dellโโEuropeoโ. Antonello si occupava di ciรฒ che noi ignoravamo, nel percorso della sua via dagli anni Trenta agli anni Sessanta, salvando ciรฒ che appariva perduto, sul piano della testimonianza critica. Cosรฌ scoprii Antonio Donghi, Alberto Ziveri, Katy Castellucci, Pasquarosa, Nino Bertoletti, Carlo Socrate, Armando Spadini, Fausto Pirandello, tutti nomi cancellati dalla cosiddetta critica militante, mentre avanzava la ricerca di due donne rivali: Netta Vespignani e Lucia Stefanelli Torossi, affiancate da un curioso โ extra moenia โ Maurizio Fagiolo dellโArco e da un esordiente Fabio Benzi.
Storie di collezionisti: le avventure del console Micky Woolfson, collezionista dโarte โfascistaโ

Lโaltro, che mi fece capire molte cose, negli stessi anni, era, ed รจ ancora, credo, un collezionista vorace, onnivoro, il console americano a Genova Micky Woolfson, le cui avventure meriterebbero ben piรน di una mostra, appoggiato agli studi di Anna Maria Damigella, Mario Quesada, Maria Paola Maino, Irene de Guttry. Non capivo bene, pensando allโarte antica, cosa stava facendo. Comprava, prima con lโidea, o lโillusione, di stare in Italia, ed esporre tutto nellโevocativo โ ed epocale โ Castello Mackenzie, arte e arti decorative e mobilia italiana, tra Liberty (allora non di moda) e Fascismo, tra 1900 e 1945, e non grandi e riconosciuti maestri, ma artisti sconosciuti e disprezzati. E non cโera problema ad esportarli. Cosรฌ che, finita lโillusione, con un piccolo legato a fianco delle raccolte Frugone, nei musei di Nervi, tutta la sua imponente collezione รจ finita a Miami, una parte fondamentale della storia artistica dโItalia, demonizzata dagli stolti, considerata paccottiglia. Lui aveva capito. Lo ascoltavo. Andai a Miami, per un convegno sulla Esposizione internazionale di Torino del 1902. Vidi il mondo. Iniziai a fargli (piccola) concorrenza.

Acquistai alcune sculture di Eugenio Baroni, allora sconosciutissimo, presso un altro curioso e perduto amatore di uomini e di statue, Enzo Mazzarella: modelli per il monumento al duca dโAosta di Torino; inseguii, tracciai gli stessi rivenditori. E molti anni dopo lo invitai a Ferrara. Davanti al San Domenico di Nicolรฒ dellโArca non ebbe umane reazioni; si abbracciรฒ invece al busto in bronzo di Carlo Delcroix di Giuseppe Santagata, probabilmente lo stesso della Casa del mutilato. Ne avevo visto il gesso a Miami. Gli mancava il bronzo (ora esposto al Mart), lo abbracciava, lo stringeva, lo voleva, arrivรฒ a offrirmi 40mila dollari. Li rifiutai, cinicamente, sadicamente, ero felice della sua invidia, ero felice dโavere in Italia unโopera che avrebbe voluto portare a Miami. Una soddisfazione. E lโavevo trovata, abbandonata, in un desolato mercato di Palermo, lasciandola per mesi, forse anni, in deposito presso la casa editrice Novecento di Domitilla Alessi, altra innamorata. Erano gli inizi di una insaziabile e concorrenziale scoperta della scultura del Novecento, cui dedicai, con Laura Gavioli, una mostra (di sconosciuti) al Castello di Mesola nel 1992.

Di lรฌ partรฌ un mercato nuovo e consapevole, con lโallertato cuoco di Montegrotto, Diego Gomiero. In tempi piรน recenti si sono mossi antiquari โpossedutiโ, come Dario Mottola, e un collezionista metodico e determinato come Giampaolo Cagnin, che ha intercettato un capolavoro di Francesco Messina del 1926, la Pietร agli esordi tardosimbolisti del grande scultore. Allo stesso Cagnin si deve la riabilitazione come pittore di Amos Nattini illustratore della Divina Commedia, presente a Rovereto con due inediti capolavori โbotticellianiโ come la Bonifica idraulica e Energia Idroelettrica.

Grandi scultori furono Paolo Troubetzkoy, Libero Andreotti, Attilio Selva, Arrigo Minerbi (celebrato per la prima volta a Ferrara nel 2023), Domenico Rambelli, Silvestre Cuffaro, Mario Parri, Romeo Gregori, Romano Romanelli, Publio Morbiducci, Andrea Parini, Aroldo Bellini, Arturo Dazzi, Attilio Torresini.
Scultori rimossi: il โcasoโ Poidimani
Le scoperte di notevoli artisti recenti, intendo degli anni trenta del Novecento, sono talora sorprendenti; e fanno capire la forza della damnatio memoriae rispetto alla produzione creativa, individuale, soprattutto di scultori, durante il Fascismo. Il loro spirito celebrativo, anche quando patriottico, รจ respinto da una sensibilitร che registra piuttosto tormenti e crisi che valori integri e solenni. Paternitร e maternitร non sembrano piรน consentiti, come se fossero, per sรฉ stessi, inevitabilmente retorici. Nel dopoguerra si affermano, al di lร delle prevalenti opzioni non figurative, artisti come Alberto Giacometti o Agenore Fabbri, cui sono consentiti soggetti virili, essenziali e rarefatti, prosciugati, o familiari, nel dolore e nel tormento.
Lo pensavo visitando a Roma il remoto museo della Fanteria, dominato allโingresso da una straordinaria scultura totalmente sconosciuta. E piรน intensa che retorica, in una coincidenza estetica tra propaganda patriottica (e per ciรฒ stesso fascista) e realismo socialista: lโabbraccio e il saluto tra un soldato che va in guerra e il suo bambino. Niente di piรน che la veritร , di atteggiamenti e di sentimenti. Una grande scultura di marmo, molto espressiva. In divisa, a gambe aperte con gli scarponi, lo zaino sotto i piedi, il soldato solleva il figlio, lo stringe al petto con mani ferme e lo bacia con drammatica intensitร . Belle le gambe stette del bambino emozionato, forte la testa del padre risoluto. Retorica? Forse. Certamente commovente.

Una targa ci dice che il titolo รจ Il Partente, lo scultore B. Poidimani, che รจ stata esposta alla XXIII Esposizione dโarte di Venezia (quella del 1942), che ha vinto il premio S.Remo nel 1938. E che, infine, al museo della Fanteria, lโha โdonataโ nel 1960 il ministro della Difesa on. Giulio Andreotti. Poco prima che lโItalia, in un delirio vegetariano, si riempisse di Pomodoro. Saggio, e forse inconsapevole, Andreotti. Mentre mi accingo a documentare, al Mart, la variegata, e spesso intensamente espressiva, produzione di โArte e Fascismoโ, con molti esempi, anche desueti, mi rendo conto, casualmente, che di Poidimani non ho notizie nรฉ opere, e non lo ricordo presente in nessuna mostra sugli anni Trenta.
Rimosso, cancellato, sparito. E, pure, come vedo, non invisibile. Mi tornano alla mente i casi di Domenico Rambelli, alla cui resurrezione ho contribuito, controverso autore del monumento ai caduti di Viareggio, o di Mario Cecconi di Montececco, scomparso nel 1972, e di cui Francesco Sapori nel 1949 scriveva (ricordo a memoria): โRitrattista gagliardo e potente, si sono perse di lui tutte le tracceโโฆ Vale per Poidimani. Faccio una rapida ricerca. Scopro che Biagio Tommaso Poidimani รจ nato nel 1910 a Rosolini ed รจ morto a Roma nel 2001. Con altre sculture monumentali, il Partente diventa monumento al Reduce, in bronzo, in piazza IV novembre a Sortino, ed รจ documentato nella fototeca Zeri. Pace allโanima sua.
Un altro scultore dimenticato: Domenico Ponzi
Un altro caso, emerso dopo gli studi di Andrea Iezzi, รจ quello di Domenico Ponzi, scultore di Ravenna, lungamente attivo a Roma e nel rifugio di Anticoli Corrado, con Pietro Gaudenzi, chiamato alla mostra del Mart, ma respinto dalle formalistiche riserve di una funzionaria di Soprintendenza, che non nomino per misericordia, la quale pretende di spiegare a sue ben piรน autorevoli colleghe le regolette insensate che le consentono di impedire il prestito della mirabile Madre, certamente delicata ma non intrasportabile. Una sottrazione di conoscenza che abbiamo compensato con alcuni gessi nella disponibilitร del sensibilissimo figlio dello scultore, Piero Lorenzo.

Dopo la grande Madre, in gesso patinato al museo di Anticoli, in marmo al Palazzo delle poste di Grosseto, forse la piรน autentica maternitร , in tutto michelangiolesca, del Novecento, emerge unโaltra opera sorprendente che rivela come anche durante il fascismo, per uno scultore sensibile come Ponzi, la prepotenza del maschio sulla donna, equivocata oggi in โpatriarcatoโ, fosse inaccettabile.
La scultura La forza bruta รจ un gesso potente che, nonostante lโevidenza del contenuto, doveva disturbare Ponzi per la bestialitร del maschio. Per questo fu da lui mutilata, eliminando lโuomo. Lo scultore aveva concepito la trilogia Passato, Presente, Avvenire, associando al passato la forza bruta che soverchia il debole, identificato nella donna. Ponzi annotรฒ: “Il Passato – Periodo primitivo della societร . Rappresentazione della vita umana dell’epoca โ soffermandosi sul predominio della forza bruta โ come mezzo di lotta โ L’uomo forte che che s’impone all’uomo debole mettendo questโultimo nella condizione di servitรน e di forzato lavoro, tenendolo in grado di inferioritร e soggiogandolo per il raggiungimento dei suoi scopi di privilegioโ. E rivelรฒ cosรฌ il suo disprezzo per la violenza di genere, propriamente fascista. E, con ancora maggior indignazione, sul finire degli anni Quaranta, distrusse proprio la figura maschile, alta piรน di tre metri, della quale il modello era un campione di canoa. Del grandioso gruppo rimangono la delicata figura femminile costretta in ginocchio, e il volto del maschio che portiamo in mostra. Il fascismo manifesta anche le sue contraddizioni.

Nel caso di Poidimani e ancor piรน di Ponzi, il linguaggio classico, e perfino lโenfasi rivelano umanitร e sentimenti autentici che si manifestano compiutamente nella integritร della forma. La fragilitร e la frammentarietร derivano dal dubbio, dalla fine di quelle credute certezze che ispiravano nobili sentimenti e compiute forme. Lo avvertiamo con dolore, con scetticismo, gli stessi turbamenti che portarono Ponzi a distruggere il lato negativo, ma necessario, della sua scultura originale.
I frammenti sono come testimonianze archeologiche che non il tempo, non la storia hanno trasformato in reliquie, ma la volontร di chi ha sentito in sรฉ crescere la crisi, il dubbio, in una coscienza diversa che cambia il rapporto con il mondo. Giร prima della caduta del Fascismo, Ponzi sente la contrarietร e lo sgomento per la guerra; e lo vediamo nel malinconico ritratto di Maria, di ispirazione โfoscolianaโ, e nel gruppo del Pastore, raffigurazione di un uomo nudo che difende il suo unico bene dalla distruzione di un bombardamento.

Umanissimo e vero, sempre, Ponzi รจ uno scultore intimamente classico e mai propagandistico, mai subordinato alla volontร della committenza. Egli crede nella forma, interpreta autenticamente i valori plastici, come un antico. E, indiscutibilmente, e senza ideologia, la sua piรน alta espressione di libertร creativa inizia con lโavvento del Fascismo. Il suo fascismo รจ legato alla veritร del mondo contadino, alla semplicitร della vita quotidiana, alla nobiltร del lavoro, riflesse nel โveroโ della scultura. Lo dice bene Andrea Iezzi: โCiรฒ che rende unico il lavoro di Ponzi รจ il suo rapporto con il mondo rurale (segnatamente quello di Anticoli Corrado): i contadini di Ponzi sono uomini e donne piegati dalla fatica e dalle necessitร quotidiane che, modellati dallโartista, assumono la forma di eroi antichi, citazioni di una classicitร del suo tempo. Ponzi guarda allโarte e alle avanguardie del Novecento rileggendole sempre alla luce del suo fare, alla cui radice รจ il classicismo ottocentesco di matrice naturalistaโ. Fascismo o comunismo? Realismo ideale. Cosรฌ.
(la prima parte di questo articolo รจ stata pubblicata qua: Arte e Fascismo. Ecco perchรฉ nellโArte non cโรจ fascismo. E nel Fascismo non cโรจ arte)