Arte Fiera 2025: Capolavori, IVA e… Galleristi in Fuga!

Si è chiusa a Bologna Arte Fiera 2025, registrando circa 50.000 presenze e un forte interesse da parte del pubblico e della critica. Tuttavia, il dibattito sull’IVA sulle opere d’arte ha dominato la scena, con l’Italia che mantiene un’aliquota del 22%, a differenza di Francia (5,5%) e Germania (7%). Questo ha sollevato preoccupazioni nel mercato dell’arte, con il rischio di una migrazione degli acquisti verso paesi più favorevoli fiscalmente.

Durante la mia visita alla fiera, ho avuto modo di confrontarmi con diversi esperti e artisti per raccogliere le loro opinioni su questa edizione.

Opening courtesy Arte Fiera

Gloria Gatti, avvocato ed esperta di diritto dell’arte, con cui ho discusso a lungo delle implicazioni fiscali sul mercato italiano, ha evidenziato come la mancata riduzione dell’IVA rappresenti una penalizzazione per le gallerie e i collezionisti italiani, i quali rischiano di essere sempre più attratti da piazze fiscalmente più vantaggiose come Parigi e Berlino. Secondo Gatti, il decreto cultura ha lasciato immutata una situazione che invece necessiterebbe di un adeguamento, proprio per evitare una concorrenza sleale all’interno del mercato europeo. A suo parere, il flash mob organizzato al termine della fiera è stato un segnale chiaro del malcontento diffuso nel settore: artisti, collezionisti e galleristi si trovano a dover fare i conti con una tassazione che rende difficile competere a livello internazionale.

Giuditta Elettra Lavinia Nidiaci, critica d’arte, ha sottolineato come questa edizione abbia riflettuto l’incertezza del tempo odierno, caratterizzato da eventi globali che influenzano il mercato e la produzione artistica. “C’è una grande voglia di ritrovare certezze”, mi ha detto, notando come la fiera abbia mostrato da un lato opere che esprimono smarrimento e precarietà, e dall’altro una riscoperta della pittura concettuale e narrativa, quasi come una ricerca di stabilità in un periodo turbolento. Ha particolarmente apprezzato la sezione di fotografia, che ha definito “raffinata e ben curata”, e lo stand di Giampaolo Abbondio, che con grande lucidità ha portato in fiera opere che affrontano i temi della guerra e della violenza in una pluralità di prospettive, incluse alcune realizzate nel 2008 sulla Palestina, oggi più attuali che mai.

Arte Fiera 2025 opening courtesy Arte Fiera

Ilaria Guidantoni, scrittrice e giornalista, con cui ho avuto il piacere di confrontarmi, ha elogiato la struttura della fiera, ben organizzata nei due padiglioni: il primo, dedicato al Novecento storico, e il secondo, più orientato al contemporaneo e alla fotografia. Ha trovato interessante il modo in cui il layout espositivo sia riuscito a rendere la visita più fluida, sebbene nel padiglione 26 si sia percepito un po’ di affollamento. A differenza di altre fiere, come Artissima, dove il divario tra grandi e piccole gallerie è più evidente, qui la selezione è stata accurata e omogenea. “È una fiera che parla alla scena italiana”, mi ha detto, sottolineando come Bologna sia un punto d’incontro accessibile per collezionisti anche del centro e sud Italia, che magari non frequentano altre fiere più settentrionali. Dal punto di vista del mercato, Guidantoni ha percepito una certa lentezza nelle vendite, ma allo stesso tempo una selezione di opere più rassicurante e legata alla tradizione pittorica. Molti galleristi hanno comunque chiuso buoni affari, confermando Bologna come un luogo dove si compra più che altrove.

L’artista e performer Giovanna Maria Lacedra, con cui ho avuto un lungo scambio di opinioni, ha espresso un punto di vista critico su alcune scelte espositive, facendo notare come alcune gallerie tendano a riproporre, anno dopo anno, un allestimento pressoché identico, con opere e artisti che non introducono reali novità. Tuttavia, ha trovato stimolanti le gallerie più audaci, che hanno saputo proporre nuovi nomi o prospettive inedite. Tra queste ha citato la Galleria Quam di Scicli, che ha presentato Federico Severino, un giovane pittore catanese la cui ricerca pittorica è già ben strutturata e capace di restituire atmosfere evocative attraverso pennellate che ricordano il divisionismo. Ha inoltre apprezzato la raffinatezza della MC2 Gallery di Milano, che ha esposto le opere fotografiche di Caspar Faassen, il quale ha portato in fiera immagini di figure femminili danzanti, giocate su stratificazioni e sfocature che evocano la tecnica pittorica leonardesca. Tra le sorprese della fiera, Lacedra ha menzionato Odonchimeg Davaadorj, artista mongola presentata dalla Car Gallery di Bologna, la cui opera su carta, monocromatica e onirica, ha saputo affascinarla per il suo lirismo. Infine, ha trovato impressionante la scultura-installazione di Ai Weiwei, “Black Chandelier in Murano Glass”, esposta dalla Galleria Continua di San Gimignano: un imponente lampadario nero composto da ossa, vertebre e organi in vetro di Murano, dal forte impatto visivo ed emotivo.

Un ulteriore spunto di riflessione mi è giunto dal colloquio con Ettore Guastalla, gallerista dello Studio Guastalla di Milano. Guastalla ha notato che, rispetto agli anni precedenti, quest’edizione si è presentata con una maggiore omogeneità sia nel padiglione del Contemporaneo che in quello del Moderno, frutto di uno sforzo collettivo degli operatori per garantire qualità e coerenza. In particolare, ha apprezzato il fatto che il padiglione del Contemporaneo abbia privilegiato progetti di pittura e opere di artisti, evitando quelle installazioni che, negli anni scorsi, erano state giudicate meno curabili.

Guastalla ha però espresso preoccupazione per la performance commerciale della fiera, sottolineando che, pur essendo un evento “totalmente italiano e minimamente internazionale” per quanto riguarda le proposte e le gallerie espositive, i numeri non hanno raggiunto le aspettative di anni passati. Il gallerista ha approfondito il tema dell’IVA, spiegando come il costo finale di un’opera – per esempio, un quadro che a lui costa 10.000 euro, che diventa 12.200 euro con l’aggiunta dell’IVA – ponga i galleristi italiani in una posizione di svantaggio rispetto ai colleghi stranieri. Secondo lui, in un contesto europeo in cui la competitività si misura anche sul prezzo finale, questa disparità fiscale rischia di escludere gradualmente le nostre gallerie, soprattutto quelle nel settore contemporaneo.

Arte Fiera 2025 opening courtesy Arte Fiera

Durante il nostro colloquio, è emersa una discussione più ampia sul tema. Guastalla mi ha spiegato che, personalmente, non ha protestato in fiera, ritenendo poco efficace manifestare il proprio dissenso davanti a collezionisti che non sono stati adeguatamente informati sulle problematiche in atto. Ha descritto inoltre le difficoltà burocratiche che si incontrano, ad esempio, quando si cerca di vendere opere d’arte storiche all’estero: la lunga attesa per ottenere autocertificazioni con tempi ben più lunghi rispetto ad altri Paesi, che rappresentano un ulteriore svantaggio. Secondo lui, tali inefficienze e oneri burocratici stanno già contribuendo a far migrare il mercato, con conseguenze preoccupanti per il futuro delle gallerie italiane.

Dalle numerose conversazioni raccolte, emerge chiaramente che, nonostante l’ottimo afflusso di visitatori e la qualità delle opere esposte, il settore artistico italiano è chiamato a confrontarsi con sfide strutturali importanti. Da un lato, le problematiche fiscali e burocratiche rischiano di minare la competitività delle gallerie italiane, spingendole verso mercati esteri più favorevoli. Dall’altro, la necessità di rinnovarsi e proporre nuove visioni espositive è sentita non solo dagli artisti, ma anche dagli operatori del mercato, che vedono nel cambio di direzione artistica – con l’arrivo di Davide Ferri a partire dal 2026 – una possibilità di rinfrescare e rilanciare la fiera.

Arte Fiera 2025 si configura così non solo come una vetrina delle eccellenze artistiche italiane, ma anche come un termometro che misura le tensioni e le trasformazioni in atto in un mercato in evoluzione.  

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