La fotografia è un linguaggio universale, capace di tessere connessioni tra epoche, stili e sensibilità diverse. Dal 20 al 23 marzo, al Superstudio Più, questa idea prende forma alla MIA Photo Fair 2025, che propone il tema “Dialoghi” come filo conduttore della manifestazione. Un invito a esplorare il confronto tra passato e presente, tradizione e innovazione, analogico e digitale. Ma come si costruisce una narrazione coerente in un panorama così ampio? Quali saranno le novità di questa edizione e come la fiera affronta le sfide imposte dalle nuove tecnologie?
Ne parliamo con Francesca Malgara, direttrice di MIA Photo Fair, per scoprire in che modo il dialogo tra fotografia storica e contemporanea, la crescente attenzione verso le fotografe donne e l’influenza dell’intelligenza artificiale stanno ridefinendo il ruolo della fotografia nel mercato dell’arte. Un viaggio tra immagini, visioni e trasformazioni che rendono la quattordicesima edizione della fiera un appuntamento imprescindibile per collezionisti e appassionati.

Il tema “Dialoghi” sembra spingere verso una lettura della fotografia come strumento di connessione tra epoche e stili differenti. Come si bilancia la selezione tra fotografi storici e nuove generazioni senza rischiare una narrazione dispersiva?
Il tema guida proposto ai galleristi funge da collettore di spunti ed esperienze, garantendo così una coerenza curatoriale alla fiera e offrendo una visione narrativa ai suoi visitatori. Tra i vari “Dialoghi”, uno dei più significativi è il confronto tra fotografia storica e contemporanea. Questo dialogo, per sua natura, è già equilibrato, poiché nasce dall’incontro tra epoche e linguaggi diversi, creando un filo conduttore che valorizza sia il passato che le nuove espressioni artistiche.
Quali saranno le maggiori novità dell’edizione 2025?
Tra le novità del 2025 figurano il Premio Casa Museo Molinario Colombari – Dialoghi Visivi, dedicato a premiare una galleria il cui allestimento costruisce un confronto armonioso tra opere, artisti e spazio espositivo, stimolando la riflessione sulla pluralità dei linguaggi artistici. Quest’anno debutta anche l’Image Media Excellence Award, il nuovo riconoscimento dedicato ai media generalisti che si distinguono per creatività, originalità e innovazione nell’uso delle immagini e del design visivo in ambito giornalistico. La quattordicesima edizione di MIA Photo Fair BNP Paribas vede anche la partecipazione di alcune gallerie straniere, come ad esempio Micheal Hoppen, che sarà tra i nostri espositori con un stand molto interessante con opere vintage.

Il rapporto tra fotografia e nuove tecnologie è sempre più centrale. Come avete affrontato il tema dell’intelligenza artificiale e della fotografia digitale in questa edizione?
Il tema del rapporto tra intelligenza artificiale e fotografia digitale è esplorato nell’ambito di MIA Photo Fair BNP Paribas grazie all’apporto di diverse realtà. Tra queste spiccano Parma 360, che partecipa alla manifestazione con un progetto espositivo intitolato “Dialoghi Uomo-Macchina”, a cura di Chiara Canali, e talk aperti al pubblico come “L’ambiguità del visuale e l’affidabilità della fonte nell’opera d’arte: IA e fotografia a confronto” con gli interventi di Emanuela Mazzonis (Curatrice), Filippo Venturi (Artista) e Chris Davies (Gallerista). Entrambi gli appuntamenti saranno protagonisti del nostro programma culturale, permettendo di analizzare come le nuove tecnologie stiano ridefinendo il linguaggio fotografico e aprendo nuove possibilità creative.
Quest’anno BNP Paribas è diventato title sponsor della fiera. In che modo questa partnership influenzerà lo sviluppo e il posizionamento di MIA Photo Fair nel mercato dell’arte internazionale?
BNL BNP Paribas è partner di MIA Photo Fair da 13 anni attraverso il Premio BNL BNP Paribas, un’iniziativa che consente l’acquisto di opere selezionate per entrare a far parte di una prestigiosa collezione internazionale. Questa opportunità rappresenta un importante trampolino di lancio per gli artisti, offrendo loro visibilità e riconoscimento nel mercato dell’arte globale. L’inserimento delle opere in una collezione di rilievo internazionale non solo valorizza il percorso degli artisti, ma contribuisce anche a rafforzare il prestigio della fiera, consolidandone il ruolo come punto di riferimento per la fotografia d’arte a livello internazionale. Questo impegno costante ha portato BNL BNP Paribas a rafforzare ulteriormente la propria presenza, diventando title sponsor della fiera.

Negli ultimi anni, la fotografia documentaria ha subito una trasformazione, spostandosi dal reportage tradizionale a nuove forme narrative. Qual è il contributo di MIA Photo Fair BNP Paribas nel promuovere questa evoluzione?
La sezione Reportage Beyond Reportage, presentata per il terzo anno consecutivo in fiera, a cura di Emanuela Mazzonis, racconta tramite le opere dei fotografi e delle fotografe invitati/e come sia cambiato negli anni il modo di fare reportage. Oggi difficilmente si può parlare di reportage tradizionalmente inteso, l’immediatezza della notizia è superata dalla divulgazione istantanea delle immagini tramite ogni forma di canale comunicativo.
I fotografi non rintracciano più l’esclusività, ma ricercano il significato intrinseco della storia che vogliono svelare. Il reportage classico è ricontestualizzato sotto forma di una fotografia documentaria composta spesso da lavori in serie, dove sovente non basta una sola fotografia per cogliere il contenuto del lavoro. La storia, l’evento, la circostanza sono interpretati dai fotografi/fotografe che hanno vissuto quel momento e che utilizzano la fotografia per evidenziarne un dettaglio, un particolare ed arrivare a rendere il microcosmo un macrocosmo universale.
Interessante è anche sottolineare quante tecniche fotografiche diverse vengano utilizzate dai fotografi e dalle fotografe oggi per sperimentare e rendere la documentazione ancora più peculiare ed unica. In fiera si possono notare fotografi che usano tecniche di stampa arcaiche, come la platinotipia di Jan Schlegel (WILLAS Contemporary) e l’ambrotipia di Steffen Diemer (Lab1930), o ancora gli effetti pittorici ottenuti da Denis Brihat (Galerie Parallax) con l’utilizzo dei sali di ferro, oro, selenio in reazione con l’emulsione ai sali d’argento.
E poi ci sono i fotografi che non possono prescindere dall’evoluzione tecnologica dei nostri giorni e utilizzano l’Intelligenza Artificiale per creare delle nuove e inaspettate serie di fotografie che si inseriscono all’interno del dibattito sull’autorialità dell’opera e l’affidabilità del processo artistico. Filippo Venturi (Fabrik Projects) presenta la sua ultima serie dedicata alla Corea del Nord e realizzata tramite il software Midjourney. Il reportage oggi, con tutte le sue declinazioni, è dunque una forma di fotografia ancora molto usata ed indirizzata a porre domande, piuttosto che a fornire risposte. L’obiettivo è portare il nostro sguardo ad avere un’osservazione critica, indagare ciò che stiamo guardando, per stimolare la nostra percezione ad andare oltre l’immagine che abbiamo di fronte ed aprire nuovi orizzonti visivi e concettuali.

Uno dei focus di questa edizione è dedicato alle fotografe donne e alla loro riflessione su memoria e identità. È un segnale di un cambiamento nel mercato e nella curatela della fotografia? Sta emergendo una maggiore attenzione verso artisti tradizionalmente meno rappresentati?
Le fotografe donne hanno sicuramente ricevuto una maggiore attenzione da parte della critica in questi ultimi decenni, molte sono le giovani emergenti ma anche più consolidate che focalizzano la loro ricerca sul valore dell’identità personale e collettiva, spingendo i confini della fotografia tradizionale e cercando di affermarsi nel mondo artistico contemporaneo.
Ad esempio in fiera abbiamo i lavori di Letizia Battaglia e Giovanna Borgese (Alberto Damian Gallery) due icone del fotogiornalismo italiano e poi Irina Werning, vincitrice del World Press Photo nel 2022, giovane fotografa argentina (OTM gallery) che concentra la sua ricerca sulla connessione tra identità culturale del suo paese e il forte legame con la terra, la natura e le radici ancestrali della comunità indigena.
È un’analisi profonda sui legami con le tradizioni e sul rapporto con la modernità, un dialogo tra passato e presente che sottolinea quanto sia imprescindibile il richiamo ai simboli delle generazioni passate. L’importanza della natura come simbolo di vita si ritrova anche in Kim Boske (FLAT//LAND Gallery) che focalizza la sua ricerca sul rapporto tra percezione umana, esperienza e mondo naturale. Piuttosto che raffigurare la natura come un’entità esterna, l’artista olandese evidenzia la sua caratteristica dinamica ed in continua evoluzione. Cattura l’essenza di questa trasformazione continua, con un forte richiamo anche all’emergenza climatica, verso una contemplazione sul nostro rapporto con il mondo naturale e sull’urgenza di favorire una convivenza più armoniosa. Di climate change parla anche Helene Schmitz, fotografa svedese (WILLAS Contemporary), che ha appena esposto al National Museum di Stoccolma una serie di fotografie sul cambiamento del paesaggio danese in dialogo con i quadri romantici di Caspar David Friedrich come riflessione sulla nostra epoca dell’antropocene e sul ruolo che l’essere umano riveste nei confronti dell’ambiente circostante.

In che modo il potere “trasformativo” della fotografia, può, a suo parere, alimentare un collezionismo più consapevole? Quali sono i fattori che spingono i collezionisti ad acquistare opere fotografiche?
Il potere trasformativo della fotografia può alimentare un collezionismo più consapevole in diversi modi. Da un lato, c’è chi si avvicina alla fotografia per passione, spinto da un’emozione autentica, dal desiderio di possedere un’immagine che racconta una storia o suscita un sentimento profondo. Dall’altro, ci sono i collezionisti che vedono nella fotografia un investimento strategico: il loro approccio è più razionale e analitico, attento ai valori di mercato, alle tirature e alle caratteristiche tecniche delle opere.
Alcuni elementi fondamentali da considerare per un collezionismo consapevole includono la natura della stampa – ossia sapere se una fotografia è vintage (stampata poco dopo lo scatto, su carta dell’epoca, quindi più preziosa) o una stampa contemporanea in edizione limitata; la tiratura, intesa come numero di esemplari esistenti, poiché minore è la tiratura, maggiore può essere il valore dell’opera; l’autenticità, considerato che ogni opera dovrebbe essere accompagnata da un certificato di autenticità che riporti tutti i dati essenziali; lo studio e l’esperienza, che si costruisce visitando anteprime d’asta, studiando la storia della fotografia, sviluppando un occhio critico per distinguere stampe, tecniche e provenienze.
Sia che si collezioni per passione o per investimento, la curiosità e la conoscenza sono strumenti indispensabili per fare scelte consapevoli e apprezzare pienamente il valore artistico e storico delle opere fotografiche.