Autentico o falso? Come osservare un dipinto

Nei secoli il proliferare di falsi fu combattuto con lo studio e l’analisi stilistica dei singoli autori, in quanto ognuno di essi ha da sempre un proprio modus di usare il colore, di distribuirlo sulla base pittorica, di spalmare la pennellata, di realizzare i tratti fisiognomici e le mani; caratteristiche fondamentali che vengono esaminate con attenzione dagli storici dell’arte. Di estrema importanza è, difatti, l’approfondirne lo stile e i materiali che il pittore utilizzava, e non per ultimo indagare le condizioni in cui versa l’opera. 

Le prime pitture da cavalletto vennero eseguite su tele di lino molto sottili, sostituite successivamente da quelle di canapa, tessute a spina di pesce. Dalle trame piuttosto larghe del XVII secolo, si passò a tessuti di canapa più sottili e fitti, resi ancora più regolari dall’avvento dei telai meccanici. 

Nel XIX secolo, poi, si diffusero le preparazioni industriali e con esse varie tipologie di tele. Le nuove macchine permettevano la produzione di stoffe superiori ai quattro metri, mentre dal XVI al XVIII secolo la misura dei telai, di circa un metro, era un limite per l’altezza del tessuto. Per ottenere tele di grandi dimensioni era necessario dunque cucire insieme diversi lembi. Se quindi il supporto non fosse conforme all’epoca alla quale dovrebbe appartenere il quadro, potrebbero sorgere dubbi sulla sua autenticità. La presenza di cuciture, invece, depone a suo favore in quanto anche se possono sembrare un difetto estetico del dipinto, è difficile che un falsario abbia scelto tale modalità per operare. 

Successivamente, per compensare l’allentamento della tela causato dallo scorrere del tempo, si interveniva con la rimozione dal vecchio telaio per poterla adagiare su un nuovo sostegno. Nel caso in cui l’inchiodatura perimetrale e il telaio siano originali, potranno fornire informazioni utili, come nel caso dei segni lasciati dai chiodi lungo i margini della tela, questi sono infatti difficilmente riproducibili e il legno è, oltretutto databile con estrema certezza.

Cosa sono cretto e craquelure nei quadri. Come prevenirli, come li  realizzano nei falsi - Stile Arte
Il Cretto nella Gioconda

Un’analisi dettagliata della superficie del dipinto può evidenziare anche la presenza dei famigerati cretti, ovvero un reticolo di screpolature e fessurazioni che si forma sulle vernici, in maniera più marcata nelle aree di colore chiaro, caratterizzate da un’inferiore quantità di legante per mantenere il potere riflettente dei pigmenti, meno elastiche e più facili a fessurarsi. Le cause del fenomeno possono essere diverse, ma il fattore principale è proprio la perdita di elasticità della superficie pittorica che, non riuscendo più ad adattarsi alle dilatazioni e contrazioni della tela provocate dalle variazioni dell’umidità dell’aria, finisce per cedere.

Per riprodurla i falsari ricorrono spesso a diversi espedienti, come applicare uno strato di vernice a essiccazione rapida su una pellicola che asciuga lentamente, questo porterà alla creazione di crepe artificiali. Questa crettatura è, però, molto più irregolare e dentellata di quella che si riscontra nei dipinti antichi. Viene anche ricreata con sbalzi termici di caldo/freddo, col passaggio rapido bagnato/asciutto tramite l’inserimento in grandi forni a microonde, ma se a occhio nudo l’opera potrebbe sembrare autentica, un’attenta analisi con lente di ingrandimento o microscopio ottico svelerà subito l’imbroglio. 

Una particolarità dei colori utilizzati nei secoli scorsi è il contenuto di un’elevata percentuale di impurità, questo contribuiva a renderli più “morbidi” e distinguibili da quelli moderni. I pigmenti usati, infatti, non erano puri ma contenevano particelle di altre terre, come ad esempio nel bianco è potremmo trovare granelli marroni, gialli, neri, oppure nel rosso saranno visibili impurità bianche, marroni ecc… I primi bianchi venivano ricavati da terre chiare, poi da ossidi di piombo, zinco e stagno che, mischiati ai leganti, davano origine a tonalità più o meno grigie, perciò un bianco troppo brillante può essere indice di un restauro o di contraffazione. 

Anche l’indagine del giallo può risultare molto utile. I suoi pigmenti sono in gran parte instabili, perciò un giallo vivo in un quadro di quattro secoli è un campanello d’allarme.

Se l’opera presenta la firma non è sufficiente il suo solo studio, in quanto essa può essere facilmente contraffatta. Per verificarne l’autenticità la si confronterà con altre firme vergate dal medesimo artista nello stesso periodo su ugual supporto. Si controllerà poi che sia “omogenea” alla pittura sottostante, che abbia subito un invecchiamento consistente a quello del quadro e che non sia penetrata in eventuali crepe del colore, come se fosse stata aggiunta successivamente. 

Fortunatamente, ad oggi, a uno studio prettamente storico artistico viene affiancata la scienza.  La prima linea di operazioni di diagnostica non invasiva, consiste nell’utilizzo di tecniche di imaging che non danneggiano l’opera né prevedono prelievo di campioni.

Uno dei metodi maggiormente utilizzati sono i raggi UV. La lampada di Wood dà la possibilità, infatti, di sfruttare il fenomeno della fluorescenza ultravioletta, percepibile sia all’occhio umano sia registrabile fotograficamente. Col passare degli anni pitture e vernici sviluppano composti chimici fluorescenti che, quando irradiati con questo tipo di lunghezze d’onda, mostrano aree luminescenti. Eventuali macchie scure indicheranno ritocchi e restauri.

Il microscopio ottico, invece, permetterà di studiare anche i minimi dettagli sulla superficie di un’opera, rendendo le imperfezioni o i tentativi di imitazione ancora più visibili.

I raggi X, poi, consentiranno di scrutare al di sotto della superficie del dipinto, portando alla luce ripensamenti o composizioni abbandonate su una tela successivamente riutilizzata. In radiografia i falsi, come tutte le copie, appaiono spesso piuttosto trasparenti e uniformi, essendovi solo la preoccupazione di imitare la superficie visibile del dipinto, lavorando con cautela, ma senza spontaneità, senza ritocchi o ripensamenti e col pennello poco carico di colore.

Indagine a luce trasmessa

La riflettografia a raggi infrarossi è un altro modo per vedere al di sotto dello strato di pittura. Utilizza radiazioni con una lunghezza d’onda diverse rispetto ai raggi X – più lunghe -, per cercare disegni preparatori o restauri successivi. Permette inoltre di studiare più attentamente la profondità della craquelure e il suo andamento, che – se autentica – deve formare un pattern perpendicolare alle linee radiali di tensione che si formano negli angoli della tela.

A volte i metodi non invasivi basati non bastano per autenticare un’opera, dunque può essere necessario prelevare piccoli campioni dalla superficie del dipinto per analizzare gli elementi in essi contenuti. Nel caso in cui le molecole individuate non facessero parte dei materiali dell’epoca utilizzati in campo artistico, si tratta di contraffazione.

A onor dei falsari va detto che, in ogni epoca, hanno saputo adattarsi ai gusti del pubblico e del mercato, ricreando esattamente quello che i compratori più desideravano, facendo evolvere le proprie tecniche insieme ai mezzi che tentavano di smascherarli.

Si consiglia, quindi, la visione dell’opera a un professionista del settore come un Perito e Storico dell’arte, questo perchè in tale mondo anche ciò che può sembrare originale potrebbe non esserlo e viceversa.

Dott.ssa Maria De Lorenzo
Perito ed Esperto d’arte in ambito civile e penale al tribunale di Matera
https://dottmariadelorenzo.wixsite.com/website

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